Giorno per giorno – 16 Giugno 2010

Carissimi,

“State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 6, 1-2). Stamattina si era proprio pochini alla preghiera, forse per il freddo che non dà a tutti coraggio sufficiente per uscire di casa quando è ancora presto.  E, comunque, anche chi c’era non se l’è sentita di commentare il Vangelo di oggi, quello in cui Gesù istruisce i suoi su come fare elemosina, pregare, digiunare. Che andrebbero viste, almeno così ci sembra, non come azioni delimitate, chiuse in se stesse, ma come espressioni di una dimensione che si riferisce all’insieme della nostra esistenza, nella relazione con l’altro, con Dio, con noi stessi. È un invito alla semplificazione interiore, cioè alla verità dell’essere. Noi, quando diamo, in realtà restituiamo ciò che, nella migliore delle ipotesi, abbiamo comunque ricevuto, o ciò che, più probabilmente, certo non come individui, ma come sistema, abbiamo “accettato” che fosse rapinato o saccheggiato, attraverso un’ingiusta divisione dei beni, frutto dell’egoismo e della prepotenza dei più forti o dei più furbi. Non c’è quindi di che suonare le trombe, o farci pubblicità; è meglio restituire di nascosto la refurtiva. Chiedendo, se ci riesce, scusa. Anche la preghiera, l’incontro con Lui, non può essere ridotta a teatro, come spesso facciamo con le nostre liturgie, talora tanto splendide quanto lontane da Lui. Dio ci chiede di smettere ogni maschera, per scendere ad incontrarlo nel profondo di noi stessi. Incontrare Lui, perché da soli, nel nostro io profondo, ci si potrebbe anche perdere o spaventare. Se Lui, infatti conosce la nostra povertà, che noi cerchiamo in qualche modo di travestire, conosce, però, anche di più (ed è perciò in grado di scoprirla anche a noi) la nostra bellezza, di cui vuole informata la nostra vita. Infine, il digiuno, non quello esibito e propagandato, ma quello coerentemente sobrio, silenzioso, sereno, ci porta a rinunciare alle troppe inutili cose di cui compulsivamente si “ciba” il nostro Io, per farci concentrare sull’essenziale, che, poi, è la contemplazione dell’altro, che ci è e di cui siamo semplicemente “dono”.        

 

Oggi è memoria di Johannes Tauler, uno dei più grandi mistici del Medioevo.

 

16 JOHANNES TAULER.jpgJohannes Tauler era nato a Strasburgo all’inizio del 1300 da una famiglia facoltosa. Quindicenne entrò nell’Ordine domenicano dove, durante gli studi di teologia, ebbe modo di conoscere due tra i maggiori esponenti delle correnti mistiche di quel tempo, Enrico Suso e Meister Eckart. Era un’epoca di decadenza spirituale che interessava tanto la società come la Chiesa e perfino i  movimenti sorti pochi decenni prima dal desiderio di una riforma che facesse rivivere i valori e la pratica del Vangelo di Gesù. Tauler volle fare la sua parte per porvi in qualche modo rimedio. A Basilea, dove visse dal 1339 al 1348, diede vita ai gruppi degli “amici di Dio”, un movimento che intendeva porre al centro dell’esperienza di fede, nella vita quotidiana, l’ascolto della Parola di Dio, accompagnata dalla preghiera personale.  Tornato nel 1348 a Strasburgo, dove visse fino alla morte, salvo un breve periodo trascorso a Colonia, si fece apprezzare per le sue doti di predicatore. Non lasciò nulla di scritto, ma ci sono tuttavia pervenute le trascrizioni fedeli di 84 suoi sermoni, in cui addita l’umiltà e l’abbandono alla volontà di Dio come cammino per sperimentare la vita e l’unione con Dio. Tauler morì il 16 giugno 1361.

 

16_SOWETO.JPGIn questa stessa data ricordiamo anche i Martiri di Soweto (Africa del Sud). Soweto sembra un nome, ma era solo la sigla di una borgata destinata a ghetto nero dal regime dell’apartheid: South-west Township. Che oggi conta oltre due milioni di abitanti.  Lì, durante una serie di manifestazioni contro l’obbligatorietà dell’uso della lingua afrikaneer nelle scuole, che presero il via il 16 giugno del 1976, circa 600 studenti furono massacrati dall’esercito del regime razzista. Altri 1500 furono feriti. Il primo a cadere fu il dodicenne Hector Petersen, che divenne così uno dei simboli della lotta che avrebbe portato, diciotto anni dopo, alla fine del regime segregazionista introdotto nel 1948.  Nel 1991 l’Organizzazione dell’Unità africana decise di ricordare l’accaduto proclamando il 16 giugno ‘Giornata internazionale del bambino africano’.

 

I testi che la liturgia odierna propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:

2° Libro dei Re, cap.2, 1.6-14; Salmo 31; Vangelo di Matteo, cap.6, 1-6.16-18.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita, nella testimonianza  per la pace, la fraternità e la giustizia.

 

Non abbiamo visto Sudafrica-Uruguay, però, oggi, per i “Bafana Bafana” noi si sarebbe desiderato qualcosa (anzi tutto) di più. Anche per via della memoria dei martiri di Soweto. Ma, pazienza. La grandezza di un popolo non coincide necessariamente con quella della sua nazionale di calcio. Le sfide che il Sudafrica si trova a fronteggiare sono ben altre e la Coppa che vincerà superandole vale tutte le coppe del mondo. Auguri, dunque, Sudafrica!

 

Qui da noi, da ieri notte, brucia il Cantagalo, chiamato anche Índio Deitado, la collina che domina la città. Una volta di più, succede quasi tutti gli anni, in questa stagione (ma, ogni volta, si spera di no), le fiamme distruggono le molte specie vegetali e animali che trovano sul loro cammino. Resteranno a testimoniarlo a lungo i tronchi spogli e anneriti degli alberi. Finché la natura l’avrà vinta di nuovo.

 

Noi ci si congeda qui, con un testo tratto di Johannes Tauler, tratto dalle sue “Istituzioni”. È per oggi il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Gli amici di Dio dimorano sempre in una specie di “adesso”, cioè nell’istante presente, senza preoccuparsi o essere sconvolti in modo disordinato dal passato o dal futuro. Essi vedono Dio in tutto, nelle cose più piccole come in quelle più grandi. Non vivono più sotto la legge, in un timore servile. Quel che gli altri fanno per costrizione, quasi piegandosi malvolentieri ai precetti della Chiesa, essi lo compiono per puro amore di Dio, in un abbandono spontaneo con un’umiltà infinitamente più vera e in spirito di obbedienza. Il loro sforzo sta tutto qui: rimanere sempre interiormente liberi e sciolti da tutto, per sottomettersi meglio al volere divino. Vivono in mezzo agli altri, ma non si lasciano impressionare da alcuna immagine; amano il prossimo, ma senza affettazione o attaccamento disordinato. Sono pieni di compassione per le miserie altrui, ma non se ne inquietano turbandosene oltre misura. Esteriormente sembrano vivere come tutti quanti, eppure compiono ogni cosa unicamente per la gloria di Dio. Dio infatti cercano in tutto. Non parlano molto e le parole che dicono sono sempre semplici e vere. Eppure tutti questi amici di Dio non hanno un identico modo di vivere; c’è chi segue un cammino e chi un altro, secondo le circostanze e gli eventi. Quel che rimane uguale in tutto, è il centro essenziale, il fondo interiore. Quando si vive da sé e per sé, emergono esitazioni e dubbi; quando siamo usciti da noi per entrare in Dio, la Verità stessa ci conduce. (Johannes Tauler, Istituzioni).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 16 Giugno 2010ultima modifica: 2010-06-16T23:50:00+02:00da fraternidade
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