Giorno per giorno – 15 Giugno 2010

Carissimi,

“Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5, 43-45). Questo è il vertice della Legge, perché questo è il vertice e la perfezione di Dio. Naturalmente, non è vero che la Bibbia prescrivesse di odiare il nemico, non c’è scritto da nessuna parte. Però è anche vero che era facile dedurlo dall’odio che Dio manifesta  per i suoi nemici, i peccatori, in molte delle sue pagine. Un odio che si riflette spesso nelle preghiere che elevano i giusti perseguitati contro i loro empi persecutori: “Pochi siano i suoi giorni e il suo posto l’occupi un altro. I suoi figli rimangano orfani e vedova sua moglie. Vadano raminghi i suoi figli, mendicando, siano espulsi dalle loro case in rovina.. La sua discendenza sia votata allo sterminio, nella generazione che segue sia cancellato il suo nome…” (Sal 109, 8-10. 13). E dal pregare al pensare di prendere l’iniziativa, accelerandone i tempi, il passo è breve. Gesù non ci sta. Dice che Dio non è questa roba qui. Dio non stermina, né vuole che siano sterminati i suoi (e i nostri) nemici. Ciò che gli riesce di fare è al massimo concedergli ogni giorno il sole o la pioggia, proprio come ai suoi amici. Qualche decennio dopo di Gesù, una donna ebrea, Beruriah, la saggia moglie di Rabbi Meir, avrebbe ugualmente insegnato, rimproverando il marito che invocava la morte dei violenti vicini di casa: “Su quale testo ti appoggi? Forse perché sta scritto: Periscano i peccatori? È scritto forse ‘peccatori’? ‘Peccati’ sta scritto! Inoltre prosegui a leggere nel verso: ‘Gli empi non ci saranno più’ (Sal 104, 35). Ma se sono scomparsi i peccatori, e i malvagi non sono più! Implora invece la misericordia di Dio, perché si convertano” (T.B., Berakhot, 10a) . Eppure c’era scritto per davvero: periscano i peccatori, ma bisogna leggere: periscano i peccati. Alla stessa stregua, non possiamo augurarci che muoiano i nostri nemici, né, tanto meno, fare qualcosa perché questo accada, ma solo pregare e agire perché muoia l’inimicizia. E si riscopra nel nemico il nostro fratello. Allora, e solo allora, Dio regna. E si sente a casa con noi.

 

La data di oggi ci porta le memorie di Evelyn Underhill, mistica e predicatrice anglicana e di  Germaine Cousin, pastorella e contemplativa. 

 

15 EVELYN UNDERHILL.jpgEvelyn Underhill era nata a Wolverhampton il 6 dicembre 1875, figlia unica di  Sir Arthur Underhill e di Alice Lucy Ironmonger. Dopo gli studi in Storia e Botanica al King’s College di Londra, sposò nel 1907 Hubert Stuart Moore, un avvocato suo amico d’infanzia. L’anno del suo matrimonio vide anche la sua conversione alla fede cristiana. Il fascino in lei esercitata dalla Chiesa cattolica fu tuttavia presto soffocato dalla violenta lotta anti-modernista, cui diede il via, quello stesso anno,  la gerarchia romana. Nel 1911, la pubblicazione del suo primo libro, Misticismo, le offrì l’opportunità di conoscere il barone Friedrich von Hugel, padre spirituale di un’intera generazione di anglicani, sotto la cui guida si pose e da cui comprese l’importanza della fedeltà alle proprie radici, nell’apertura tuttavia al dialogo e all’amicizia con le altre denominazioni cristiane. Da allora prese a organizzare la sua giornata, scrivendo  la mattina, e dedicando il pomeriggio alle visite ai poveri e alla direzione spirituale. Fu solo nel 1921 che si integrò pienamente nella comunione Anglicana. Nel 1922 raccolse in un libro le conferenze tenute al Manchester College di Oxford, con il titolo La vita dello Spirito e la vita di oggi. Nel 1924 cominciò a guidare ritiri spirituali, i cui contenuti saranno oggetto di successive pubblicazioni. Nel 1936, mentre si dedicava alla stesura di Adorazione crebbe il suo interesse per la Chiesa greco ortodossa, che la portò a integrarsi nell’Associazione dei Santi Albano e Sergio. Pacifista intransigente, raccolse le sue riflessioni su questo tema nell’opuscolo La Chiesa e la guerra (1940).  Donna di personalità vivace, con uno spiccato senso di humor e grande delicatezza, mostrava una certa timidezza e ritrosia, trattando con la gente e soprattutto con i suoi allievi, per la ripulsa, diceva “di comandare alle anime”. Tuttavia quanti si rivolsero a lei con fiducia trovarono chi seppe farli crescere, non al suo o al loro passo, ma a quello di Dio. Evelyn Underhill morì il 15 giugno 1941.

 

15 GERMAINE COUSIN.jpgGermaine Cousin nacque a Pribrac, non lontano da Tolosa nel 1579. Figlia di Lourent Cousin, un piccolo contadino, che nel 1573-74 era stato sindaco della cittadina,  Germaine rimase orfana di madre ancora bambina. Privata dell’uso della mano destra per una malformazione congenita e malata di scrofolosi, una malattia che le deturpava il volto, quando il padre si risposò, fu considerata dalla matrigna una presenza di cui ci si doveva vergognare e fu perciò mandata a pascolare il gregge, lontano dagli occhi di vicini e conoscenti. Tuttavia la ragazzina seppe superare il dolore del rifiuto e si mise nelle braccia del buon Dio. Apprese a pregare e ogni giorno, affidando alla custodia dei suoi angeli il gregge, se ne andava alla chiesa del paese per partecipare alla messa. Quello che apprendeva, poi, lo ripassava a modo suo, agli altri piccoli compagni di sventura come lei confinati alla guardia delle greggi. A essi, appena poteva, allungava anche qualche pagnotta che riusciva a rimediare di nascosto in casa. Basta, la sua vita fu tutta qui. La trovarono un giorno che era già morta, nel sottoscala della stalla, dove era confinata a dormire. Aveva solo ventidue anni. Quarant’anni dopo, quando la tomba della famiglia Cousin fu aperta, per seppellire un parente, trovarono il suo corpo ancora intatto.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

1° Libro dei Re, cap.21, 17-29; Salmo 51; Vangelo di Matteo, cap.5, 43-48.

 

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali africane.

 

Noi, Brasile-Corea del Nord, ce la siamo vista a casa di dona Almerita. Dove siamo arrivati attraversando strade ormai tutte deserte e con  i negozi già tutti chiusi, chiuse le scuole e le università, chiuso ogni posto di lavoro, come in tutto il Brasile, in simili occasioni. Beh, il primo tempo non ha davvero entusiasmato, con i  nostri, fermi, quasi immobili, disposti a muoversi solo se gli arrivava la palla sul piede. E sì che noi avevamo sperato che il freddo li avrebbe fatti correre come matti e invece erano lì, flemmatici come gentlemen inglesi a fare shopping in Carnaby Street. E Dunga che fremeva e soffiava per comprimere la rabbia. Poi, però, al secondo tempo, c’è stato quel goal di Maicon, che ha cambiato tutto. Beh, non proprio tutto, ma almeno un po’. E poi, quello di Elano. Così, in un sol gioco, ha vinto il Brasile, ma anche l’Italia, dato che Maicon gioca da voi, nell’Inter, e pure l’islamica e/o laicista Turchia, dove Elano gioca in una squadra dal nome impronunciabile. E, dietro quel pallone, ha vinto l’ecumenismo e il multirazzismo e il pluralismo etnico e culturale. E, poi, per non umiliare troppo la squadra dell’ultimo nemico ideologico dell’occidente, l’anacronistica gelida monarchia totalitaria rossa (!!!) di Kim Jong-il, forse commossi dal pianto iniziale di Jong Tae-se, i nostri gli hanno pure lasciato fare un goal. O forse non sono stati loro a lasciarglielo fare, se lo sono fatto.  Mentre noi si mangiava frittelle zuppe d’olio, di quelle che il colesterolo ti sale anche solo a guardarle. Ma dona Almerita le prepara sempre con grande amore, che non si può dire di no. E poi sono proprio buone.  

 

Bene, per stasera è tutto. Noi ci congediamo qui, con un brano di  Evelyn Underhill, tratto dal suo “The Spiritual Life”. Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

La vita di questo pianeta, e soprattutto la sua vita umana, è una vita in cui qualcosa è andato male, e molto male. Ogni volta che vediamo un volto triste, un corpo malato, o ascoltiamo una parola amara o disperata, ci viene ricordato questo. I rari lampi abbaglianti di pura bellezza, di pura bontà, di puro amore che ci mostrano ciò che Dio vuole e ciò che Egli è, mettono in ancor più vivo rilievo l’orrore della crudeltà, dell’avidità, dell’oppressione, dell’odio, della bruttezza; o anche solo la confusione e la stupidità che frustrano e generano sofferenza nella vita. A meno che non ci siamo messi i paraocchi, non possiamo non vedere tutto questo, e se non abbiamo scelto di restare a crogiolarci beatamente nelle nostre idee o assorbiti dai nostri interessi, certamente non possiamo non sentire il senso del dovere, la vergogna della rassegnazione, la chiamata a fare qualcosa rispetto a tutto ciò. Ripetere ogni giorno “Venga il tuo Regno” – sempre che queste tremende parole esprimano una convinzione e un desiderio – non significa “Spero che un qualche giorno il Regno di Dio si instaurerà, e la pace e la bontà prevarranno. Ma, al momento, non mi riesce di vedere come questo possa essere raggiunto e neppure cosa possa fare io”. Significa, invece, o dovrebbe significare “Eccomi! Manda me!” – un’attiva, costosa collaborazione con lo Spirito in cui crediamo. (Evelyn Underhill, The Spiritual Life).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 15 Giugno 2010ultima modifica: 2010-06-15T23:16:00+02:00da fraternidade
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