Giorno per giorno – 07 Giugno 2010

Carissimi,

“Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5, 1-3). Ancora una volta, tutto nasce dallo sguardo. Gesù comincia così il suo ministero pubblico: guardando le folle. Così inizia anche il Regno di Dio, cioè, così sappiamo che Dio regna in noi e tra di noi. Da quello sguardo, che è il suo, derivano poi le note che caratterizzano quanti accettano di abitarlo. La scelta dei poveri, in primo luogo. Sono loro, in effetti, la sua priorità assoluta. E dovrebbero esserlo delle nostre comunità, delle nostre chiese, se siamo davvero suoi sacramenti. Felici, dunque, i poveri, perché sono al centro delle preoccupazioni di Dio e dei suoi. E felici i miti, i nonviolenti, perché è a loro che sarà affidata la terra, mentre i prepotenti saranno mandati a spasso. E felici gli afflitti, non perché soffrono, non perché stanno in fila dalle tre del mattino davanti ai posti di salute, non perché sono disprezzati, umiliati, esclusi, ma perché c’è chi (lo Spirito e gli agenti del Regno) sceglie di lottare con loro, perché questo, e molte altre brutte cose, non accadano più. E felici quanti hanno deciso che la fame e la sete di giustizia sono più importanti di ogni altra egoistica fame e sete, perché sono capaci di saziare le molte fami e seti del mondo, restituendo il sorriso e la gioia di vivere a grandi porzioni di umanità. E così via. Felici quanti sono capaci di prendersi a cuore, senza giudicarla, la miseria materiale, morale e spirituale degli altri, e coloro che sanno scorgere Dio in tutto e in tutti, e chi consacra la sua vita alla causa della pace, e quelli che, per la loro lotta in favore della giustizia, accettano di essere perseguitati e messi al bando. Felici, perché così facendo, sono come Gesù e, perciò, come Dio, del cui regnare sul mondo sono segno, anticipo e rivelazione. Questo, e solo questo, è il manifesto “politico” del Regno. Questa è la sola possibile politica della Chiesa. Questa, con queste caratteristiche,  è la sola società che possa vantare radici cristiane.

 

Il nostro calendario ci porta oggi la memoria di Matt Talbot, il santo [ex]-bevitore.

 

07 M TALBOT.jpgNato il 2 maggio 1856, a Dublino (Irlanda), secondo dei dodici figli di Charles e Elisabeth Talbot, Matt aveva trascorso la sua infanzia nella totale mancanza di sicurezza e di stabilità. Mai aveva frequentato regolarmente una scuola. A dodici anni trovò lavoro in un deposito di imbottigliamento di vino e fu qui che cominciò a bere smodatamente. Una sera, all’età di vent’otto anni, per strada s’imbatté in un prete, pensò tra sé: forse è il momento di smettere, almeno per un po’. Si confessò e promise di non bere per tre mesi. Molte volte sentì che non sarebbe riuscito a mantenere quella promessa, eppure dopo un anno rinnovò l’impegno di non bere mai più neppure una goccia di alcool. E furono 41 anni. Con l´aiuto del suo amico prete, modellò la sua vita su quella dei monaci irlandesi del VI e VII secolo: un rigoroso programma di lavoro manuale, preghiera (con al centro l’eucaristia), digiuno e carità. Distribuiva la maggior parte del suo salario ai poveri e, nello stesso tempo, era profondamente consapevole delle giuste lotte e rivendicazioni dei suoi compagni di lavoro. A questi e ai suoi vicini presentò sempre l’immagine amichevole di un uomo sorridente, realizzato e felice. Matt Talbot morì d’infarto il 7 giugno 1925. Dopo la morte, la sua fama di santità si diffuse rapidamente. Paolo VI lo dichiarò venerabile nel 1975.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

1° Libro dei Re, cap.17, 1-6; Salmo 121; Vangelo di Matteo, cap.5, 1-12.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

 

Stamattina, alla preghiera con noi, c’era anche Mauro, compagno di Dominga e padre di Daniela, che è ormai agli ultimi mesi di permanenza nella chácara di recupero, e che è qui in città per la sua settimana di reinserimento. Ed è stato bello che la sua presenza coincidesse con la memoria di Matt Talbot. Le preghiere spontanee che fa sono sempre molto profonde e parlano al cuore di tutti. Oggi, prendendo spunto dal Vangelo delle beatitudini e dalla nostra memoria, ha chiesto che Dio accompagni il suo cammino di trasformazione e lo aiuti a scoprire ogni giorno di più il suo sguardo amoroso nella bellezza delle cose che ci circondano e a crescere in mitezza e capacità di comprensione e di dialogo. È una preghiera che facciamo nostra, per lui e per noi. E visto che si parla di trasformazione, congedandoci, scegliamo di offrirvi un brano che ci sembra pertinente del monaco benedettino Anselm Grun, tratto dal suo libro “Il coraggio di trasformarsi. Alla scoperta del dinamismo della vita interiore” (San Paolo), che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

La via della trasformazione del cristiano non è diritta, sempre in salita ma essa conosce molti tornanti, salite e strapiombi, conosce progressi e contraccolpi. Anche il peccato ha una funzione particolare in questo processo di cambiamento, può divenire l’impulso affinché l’uomo si incammini verso Dio, può spingere l’uomo fuori da una falsa sicurezza e portarlo alla conoscenza della verità su se stesso, può distruggere in lui le illusioni che si è fatto di se stesso e risvegliare la fame del vero bene. La via del cambiamento della vita spirituale passa soprattutto attraverso la preghiera e la meditazione. Nella meditazione si tratta di lasciarci sempre più trasformare dalla Parola di Dio. Mentre mi ripeto continuamente una parola della Scrittura, Dio stesso mi trasforma per mezzo della Sua Parola, nella quale è presente e attivo. Le parole che io medito sempre più mi trasformano, affinché lo Spirito di Dio formi il mio pensiero. La trasformazione ha bisogno anche dello spazio del silenzio. “Ciò che cresce non fa tanto chiasso”. Il silenzio è lo spazio materno nel quale l’uomo vuole sempre nuovamente rinascere. L’antifona d’ingresso della domenica dell’ottava di Natale parla del silenzio che avvolge ogni cosa. In mezzo a questo silenzio veniva al mondo la Parola di Dio. Noi possiamo accoglierla solo se accettiamo il silenzio. Dio può nascere in noi, solo se dentro di noi facciamo silenzio. Se Dio nasce in noi, allora tutto diventa nuovo: le spine incominciano a portare rose, la roccia diviene sorgente di acqua che scorre, il deserto fiorirà e la nostra oscurità diverrà luminosa. (Anselm Grun, Il coraggio di trasformarsi. Alla scoperta del dinamismo della vita interiore).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 07 Giugno 2010ultima modifica: 2010-06-07T23:21:00+02:00da fraternidade
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