Giorno per giorno – 03 Giugno 2010

Carissimi,

“Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me” (1Cor 11, 23-25). Questo è il più antico resoconto scritto che abbiamo della Cena e lo dobbiamo a Paolo, le cui lettere precedono la redazione dei Vangeli. Qui da noi, oggi, è Corpus Christi, la solennità che voi celebrerete invece domenica. La liturgia, assieme alla lettera di Paolo, ci propone il racconto della moltiplicazione dei pani che, dell’ultima cena, è una sorta di anticipazione, dato che ne ricalca quasi le parole: “Prese i pani… e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli”. Certo, qui, in più c’è “perché li distribuissero alla folla”, che fa da riscontro all’invito rivolto loro poco prima: “Dategli voi stessi da mangiare” (Lc 9, 13), e là, nel racconto della Cena, c’è in più: “Questo è il mio corpo per voi”.  Stamattina noi abbiamo ricordato ancora una volta le vite di quanti sono stati uccisi mentre portavano il pane ai fratelli palestinesi. Erano, sembra, turchi, neppure cristiani, eppure ciascuno di essi potrebbe davvero ripetere: Questo è il mio corpo dato per voi. Ed anche: questo è il mio sangue sparso per voi. C’è comunque, a monte, un numero infinitamente maggiore di corpi dati e un flusso incalcolabile di sangue versato, con cui Gesù fa comunione, e sono le vite espropriate di immense moltitudini di poveri, sacrificate sull’altare del benessere del mondo opulento. Nei confronti delle quali, vale sempre il comando di Gesù: Date loro voi stessi da mangiare (pena, rifiutare di esserne discepoli), e da parte delle quali è drammaticamente vera la parola di Gesù: Ecco il mio corpo dato per voi. Ora, la Solennità del Corpo e del Sangue del Signore, se non vuol trasformarsi in festa idolatrica e paganeggiante, deve fare i conti con questa realtà, metterci in ginocchio davanti ad essa. E, soprattutto, indurci a cooperare per porre fine a questa inutile e criminale ecatombe, a questo inarrestabile spargimento di sangue, che concerne il corpo di Cristo nella storia. Oggi, poi, durante il giorno, ci ha raggiunto la notizia di due morti, quella di mons. Padovese, in Turchia, e quella di Floribert Chebeya, difensore dei diritti umani in Congo. Due vite al servizio della pace, del dialogo, della difesa dei più deboli. Che il sangue versato sia sangue di una nuova alleanza, tra individui, popoli, nazioni. Perché non se ne versi più. In nome di niente e di nessuno.

 

 

Corpus Domini.jpg

 

I testi che la litugia della solennitá odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro di Genesi, cap.14, 18-20; Salmo 110; 1ª Lettere ai Corinzi, cap.11, 23-26; Vangelo di Luca, cap.9, 11b-17.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

Il nostro calendario ci porta oggi la memoria di Carlo Lwanga e compagni, martiri in Uganda, Giovanni XXIII, il papa del Concilio,  e  Otto Neururer, martire sotto il regime nazista.

 

02_CARLOS_LWANGUA.GIFCarlo Lwanga e i suoi 31 compagni, cattolici e anglicani, soffrirono il martirio nel 1886, durante la persecuzione del re Mwanga, che fece numerose vittime. I martiri che ricordiamo servivano alla corte del re. Il più giovane, Kizito, aveva tredici anni. Alla fine del maggio 1886,  quando Mwanga venne a sapere che molti dei suoi funzionari erano diventati cristiani, li convocò e, minaccioso, chiese loro se intendessero ostinarsi nella nuova fede. Essi risposero: Fino alla morte. La loro età era compresa tra i tredici e i venticinque anni.  Carlo, responsabile dei paggi, fu il primo ad essere assassinato. Fu bruciato lentamente, a cominciare dai piedi. A Kalemba Morumba furono amputate mani e piedi: abbandonato su una collina, morì dissanguato. Andrea Kagua fu decapitato. Gian Maria fu affogato in un pantano. E così via.

 

03 João XXIII.jpgAngelo Giuseppe Roncalli era nato il 25  novembre 1881 in una povera famiglia contadina a Sotto il Monte (Bergamo). Entrato in seminario a 11 anni, venne ordinato prete nel 1904 e consacrato vescovo nel 1925. In quello stesso anno venne inviato in Bulgaria come  Visitatore e Delegato Apostolico. Dal 1934 al 1944 fu Delegato Apostolico in Turchia e Grecia, poi, dal 1944 al 1952, Nunzio Apostolico a Parigi.  La nomina a patriarca di Venezia, nel 1953, lo sottrasse alla carriera diplomatica e lo riportò alla dimensione che più gli era consona di Pastore. Presentandosi ai veneziani disse: “Voglio essere per voi semplicemente un fratello, amabile, accostevole, comprensivo”. Ed, ogni giorno, aprì le porte della sua casa per tre ore, dalle 10 alle 13, a quanti desideravano parlargli.  Durante il concistoro che seguì alla morte di Pio XII, il 28 ottobre 1958, alla vigilia dei suoi 76 anni, venne eletto papa e prese il nome di Giovanni XXIII.  Quello che molti consideravano un “papato di transizione”, si rivelerà invece decisivo per il rinnovamento della Chiesa. Sua la decisione di indire un nuovo Concilio ecumenico, che lui stesso aprì l’11 ottobre 1962 , e che rappresenterà una nuova Pentecoste nella vita interna della chiesa cattolica e nelle relazioni di questa con le altre chiese e con il mondo. Rilevante, coraggioso e innovatore, nel suo magistero, fu il tema della pace, a cui dedicò l’Enciclica Pacem in Terris e che seppe testimoniare con gesti profetici. Il 10 maggio 1963 ricevette il Premio Balzan, un prestigioso riconoscimento internazionale per la sua opera a favore della pace. Subito dopo, il peggiorare del male, di cui soffriva, lo costrinse a letto. Morì il lunedì dopo Pentecoste, 3 giugno, proprio nel momento in cui in piazza san Pietro terminava la celebrazione dell’Eucaristia.

 

03 OTTO NEURURER.jpgOtto Neururer era nato il 25 marzo 1882 a Pillet, un piccolo villaggio del Tirolo (Austria), dodicesimo figlio di una famiglia di mugnai e contadini. Dopo gli studi in seminario, fu ordinato prete nel 1907, dedicandosi negli anni successivi all’attività pastorale in diverse parrocchie e all’insegnamento della religione. Nel 1932 fu nominato parroco a Götzene, nei pressi di Innsbruk e seppe farsi amare come pochi dai fedeli, che gli riconoscevano uno zelo e una dedicazione non comuni. Quando nel 1938, la Germania nazista realizzò l’annessione dell’Austria, accadde l’incidente che avrebbe mutato il corso della sua vita. Una ragazza, che era stata chiesta in sposa da un uomo  di trent’anni più vecchio di lei, membro del partito nazista e fanatico sostenitore delle teorie razziste di quel partito, si era rivolta al prete per chiedere consiglio e lui l’aveva portata a riflettere sull’incongruenza per una giovane cristiana di dire sì a una tale unione. La ragazza seguì il consiglio, ma l’uomo per vendetta denunciò il parroco alla Gestapo, “per aver impedito un matrimonio tedesco”. Padre Neururer venne arrestato il 15 dicembre 1938 e rinchiuso in carcere ad Innsbruck, poi, l’anno successivo, fu trasferito nel campo di concentramento di Dachau e successivamente a quello di Buchenwald, in Germania. In tutto questo tempo, egli non cessò di sostenere e confortare i suoi compagni di sventura. Quando i suoi carcerieri scoprirono che aveva segretamente istruito nella fede e battezzato un altro prigioniero, lo segregarono nel bunker del campo, poi lo appesero a testa in giù, lasciandolo morire lentamente, il 3 giugno 1940.

 

È tutto per stasera. Noi ci congediamo qui, lasciandovi ad una preghiera di Giovanni XXIII, pronunciata alla fine del suo ultimo radiomessaggio, la Vigilia di Pasqua, sabato 13 aprile 1963. Crediamo sia sempre terribilmente attuale ed è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

O Principe della Pace, Gesù Risorto, guarda benigno all’umanità intera. Essa da Te solo aspetta l’aiuto e il conforto alle sue ferite. Come nei giorni del Tuo passaggio terreno, Tu sempre prediligi i piccoli, gli umili, i doloranti; sempre vai a cercare i peccatori. Fa’ che tutti Ti invochino e Ti trovino, per avere in Te la via, la verità, la vita. Conservaci la Tua pace, o Agnello immolato per la nostra salvezza: Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, dona nobis pacem! Ecco, Gesù, la nostra preghiera. Allontana dal cuore degli uomini ciò che può mettere in pericolo la pace, e confermali nella verità, nella giustizia, nell’amore dei fratelli. Illumina i reggitori dei popoli, affinché, accanto alle giuste sollecitudini per il benessere dei loro fratelli, garantiscano e difendano il grande tesoro della pace; accendi le volontà di tutti a superare le barriere che dividono, a rinsaldare i vincoli della mutua carità, a essere pronti a comprendere, a compatire, a perdonare, affinché nel Tuo nome le genti si uniscano, e trionfi nei cuori, nelle famiglie, nel mondo, la pace, la Tua pace. (Giovanni XXIII, Radiomessaggio in occasione della Solennità della Risurrezione del Signore, 13 aprile 1963).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 03 Giugno 2010ultima modifica: 2010-06-03T23:33:00+02:00da fraternidade
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