Giorno per giorno – 02 Giugno 2010

Carissimi,

“Riguardo al fatto che i morti risorgono, non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe? Non è Dio dei morti, ma dei viventi!” ( Mc 12, 26-27). I sadducei, il partito che rappresentava l’aristocrazia sacerdotale, ma anche i ricchi proprietari terrieri e i commercianti più facoltosi, non credevano nella risurrezione dei morti, che, invece, era dottrina accettata dai farisei ed anche da Gesù e dai suoi seguaci. Sicché, un gruppetto di quelli arriva, un giorno, da Gesù, per polemizzare con lui su questa tematica, ma ancor più con l’intento, neanche troppo velato, di mettere alla prova la sua capacità dialettica e di coprirlo, così,  di ridicolo. Il caso che gli presentano è volutamente paradossale, ma serve a dimostrare l’importanza che la Legge attribuisce all’esistenza terrena come “luogo” in cui la promessa deve trovare il suo compimento e perciò anche l’illusorietà del suo riscatto in un improbabile aldilà. Se Mosè ha imposto che una donna, rimasta vedova senza aver avuto figli, debba sposare il cognato, perché questi possa generare un figlio, e quindi garantire una discendenza, anche al fratelo defunto, non può che significare che tutto si gioca qui sulla terra. Ma, se come insegnano i farisei, c’è un aldilà, una donna che sia rimasta vedova, oltre che del marito, anche dei sei cognati che, uno dopo l’altro, l’abbiano sposata, di chi sarà sposa, nella risurrezione? Gesù, senza scomporsi troppo, si limita a rispondere ai suoi interlocutori di studiare un po’ di più le Scritture, e forse arriveranno a capire. Comunque, nella risurrezione, non si prende moglie, né marito. “Grazie a Dio!”, ha commentato ad alta voce dona Marlene, stasera nella chiesetta dell’Aparecida, e ha aggiunto subito: un marito, in questa vita, basta e avanza, e non si sente proprio bisogno di incontarlo di nuovo nell’eternità. Il che non è probabilmente proprio ciò che voleva suggerire Gesù, ma va bene comunque. Ercí, quando gli abbiamo chiesto di dire la sua, ci fa: Io credo che si debba vivere come risorti qui, cioè volendosi bene, rispettandosi, facendo del bene. Poi, dopo la morte, la cosa non mi preoccupa. Forse, almeno in parte Ercí ha ragione: noi ci si potrebbe anche accontentare. D’altra parte, l’apostolo Paolo insiste anche lui sul fatto che noi si debba vivere come risorti. Eppure, anche se questo bastasse a noi, non basta a Lui. Sembra che Lui non possa fare a meno dei suoi figli. Dire Dio è dire la vita. E se cinquecento anni dopo la loro morte, Dio si può presentare a Mosè come il Dio d’Abramo, d’Isacco e di Giacobbe, vuol dire che loro sono vivi, se no, Lui sarebbe morto. Sì, noi, alla fine, potremmo anche morire, ma chi è vissuto senza vivere, senza vivere la vita piena e abbondante che gli è stata promessa, Lui non se la sentirà di lasciarlo morire definitivamente, senza fargli vedere il compimento della sua promessa. Questa è la risurrezione. Che è anche, perciò, il significato di Dio. Noi, di questa lotta per la vita, per la risurrezione, sappiamo fare il significato della nostra vita? Siamo per gli altri agenti di vita e di risurrezione, o agenti di morte?                

 

Bene, il calendario ci porta oggi le memorie di Blandina e compagni, martiri in Gallia, di Jacques de Jesus, carmelitano, martire sotto la dittatura nazista, e di Giulio Facibeni, prete per gli altri.

 

02 BLANDINA.jpgIl documento conosciuto come  Atti dei Martiri di Lione  è una lettera che le Chiese di Lione e di Vienne inviarono a quelle d’Asia e Frigia, con il resoconto delle persecuzioni scatenate contro i cristiani negli anni 177 e 178.  Il tutto era stato originato da un pogroom anticristiano, a cui il magistrato rispose con un’azione giudiziaria generalizzata. Contro le vittime, naturalmente, non contro gli aggressori. Blandina era una schiava che faceva parte del gruppo capeggiato dal vescovo Potino ed era stata arrestata assieme alla sua padrona. Condotta inizialmente nell’anfiteatro e appesa ad una croce, aveva pregato ad alta voce e le fiere l’aveva risparmiata. Successivamente, fu costretta ad assistere alla morte atroce dei suoi compagni, mentre lei superava il tormento della graticola ardente. Infine, rimasta sola, fu lasciata in balia della  furia di un toro, che colpendola con le corna, la lanciò più volte in aria. Fu finita con la spada.

 

02 Jacques de Jesus, O.C..jpgLucien Louis Bunol nacque a Barentin (Francia), quarto di otto figli della famiglia di Zoé Pauline Pontif  e Alfred Joseph Bunol. Seguendo la chiamata al sacerdozio, entrò a dodici anni entrò nel  seminario minore di Rouen. L’11 luglio 1925 fu ordinato prete. Dopo aver insegnato per alcuni anni, sentendosi attratto dalla vita contemplativa, prese contatto, nel 1927, con il Carmelo di Havre e cominciò ad insistere con il suo vescovo perché gli permettesse di lasciare la diocesi per entrare nel Carmelo. Il che avvenne il 28 agosto 1931. Un anno più tardi emise i suoi primi voti, assumendo il nome di Jacques de Jesus. Nel 1934 il Consiglio Provinciale dell’Ordine gli affidò la direzione di un collegio fondato a Avon e il frate ci si dedicò anima e corpo. Il 3 settembre 1939 la Francia entrò in guerra e anche padre Jacques fu inviato al fronte. Fatto prigioniero il 18 giugno 1940, fu liberato a novembre. Nel gennaio del 41 la scuola riaprì. Nel 1943, d’accordo con i suoi superiori, accolse e nascose in collegio tre ragazzini ebrei per salvarli dalla deportazione ed entrò in contatto con la Resistenza per offrire una via di scampo a quanti fuggivano dalla deportazione dei civili decisa da Hitler per fornire mano d’opera schiava all’industria di guerra tedesca. Il 15 gennaio, in seguito ad una spiata, padre Jacques fu arrestato assieme ai tre ragazzi ebrei dalla Gestapo. (Le circostanze saranno narrate nel film di Louis Malle, Au revoir, les enfants). Rinchiuso nella prigione di Fontainebleau, fu trasferito qualche mese più tardi a Compiègne, poi nel campo di rappresaglia  di Sarrebrück, infine a Mauthausen et a Gusen, ovunque esercitando nascostamente il suo apostolato. Il 5 maggio 1945, il campo di Gusen fu liberato dagli americani. Trasferito all’ospedale di Linz, in Austria, padre Jacques si spense dolcemente. Le sue ultime parole furono: “Negli ultimi momenti, lasciatemi solo”. Era il 2 giugno 1945. Nel memoriale di Yad Vashem, a Gerusalemme, Jacques Bunol è onorato dagli ebrei come “Giusto tra le nazioni”.

 

02 GIULIO FACIBENI BIS.jpgGiulio Facibeni era nato a Galeata, in provincia di Forlì, il 29 luglio 1884,  in una famiglia poverissima di risorse, ma ricca di figli, ed era cresciuto, per dirla con le sue parole “con l’ansia degli studi e dell’impossibilità di compierli”. Dopo il liceo, nel 1904, si spostò a Firenze, dove s’iscrisse alla Facoltà di Lettere, lavorando nel contempo come assistente nel semiconvitto delle Scuole Pie fiorentine, per mantenersi agli studi. Fu qui che maturò la sua vocazione a prete. Ordinato nel 1907, per cinque anni si dedicò all’azione pastorale tra le figlie dei carcerati, nelle scuole parrocchiali serali e fra gli studenti medi. Nel 1912 fu mandato nella popolosa parrocchia di S. Stefano in Pane, nella zona industriale di Rifredi. Lasciò così l’insegnamento, decidendo anche di rinunciare alla laurea, ormai prossima, per dedicarsi anima e corpo al nuovo campo di apostolato. A Rifredi, nel primo dopoguerra creò l’Opera della divina Provvidenza Madonnina del Grappa: “una famiglia per chi non ha famiglia”, come diceva lui. Si trattava degli orfani che la guerra, l’inutile strage, aveva lasciato dietro di sé. Seppe amare quei ragazzi come un vero padre. Altre opere sarebbero seguite negli anni successivi. Durante la Seconda Guerra Mondiale profuse il suo impegno per salvare gli ebrei, vittime delle leggi razziste emanate dal regime fascista.  Nel 1948, fu colpito dal morbo di Parkinson, che lo rese, per gli ultimi dieci anni di vita, sempre più dipendente dagli altri. Morì a Rifredi il 2 giugno 1958. Aperto, sulla sua scrivania, aveva il libro Esperienze Pastorali di don Lorenzo Milani, a cui aveva promesso una recensione ampiamente favorevole.  Ma potè presentarla solamente lassù.

 

I testi che la liturgia del giorno propone alla nostra riflessione sono tratti da:

2ª Lettera a Timoteo, cap.1, 1-3.6-12; Salmo 123; Vangelo di Marco, cap.12, 18-27.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita, nella testimonianza  per la pace, la fraternità e la giustizia.

 

Per iniziativa di Gerson, gli alunni e alunne dell’APAI, la scuola per persone con handicap, che continua a funzionare qui in città, si sono trasferiti con armi, bagagli e insegnanti, nello spazio dell’antico Monastero dell’Annunciazione, dove hanno trascorso una mattinata all’insegna del contatto con la natura, del convivio allegro, di momenti di preghiera e di musica, e che si è conclusa con una gustosa refezione preparata da dona Almerita e dona Maria Rita. Mai, come in occasioni del genere, diventa vero che Gesù è passato a visitare la sua casa.

 

Noi ci congediamo qui, lasciandovi ad una breve citazione di Jacques de Jesus, tratta da una sua riflessione dettata in un ritiro tenuto al Carmelo di Pontoise, nel settembre del 1943. La troviamo nel sito di Le Carmel en France ed è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Ci sono due maniere di comunicarsi. C’è la maniera sacramentale: ricevendo l’ostia, che ci consente di portare con noi il Cristo presente in noi. E  c’è un’altra maniera che non viene mai meno; è Dio che si presenta a noi attraverso ogni secondo che noi viviamo; è Dio che viene a noi sotto le sembianze di un lavoro, o di una persona, del dolore, della gioia, […] è Dio che viene a noi, ma noi non sappiamo, non vogliamo vedere che è Dio che viene a noi così; e che, quale che sia il volto sotto cui si nasconde, quale sia la veste che indossa per presentarsi a noi, è il Dio sapiente, onnipotente, il Dio pieno d’amore” (Jacques de Jesus, Retraite au Carmel de Pontoise, septembre 1943).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 02 Giugno 2010ultima modifica: 2010-06-02T23:44:00+02:00da fraternidade
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