Giorno per giorno – 01 Giugno 2010

Carissimi

“Mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. Vennero e gli dissero: Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?” (Mc 12, 13-14). Strana questa connivenza che si instaura tra il partito dei religiosi (o, più probabilmente, alcuni di essi) e i sostenitori di Erode, il corrotto e dissoluto premier della Galilea di quel tempo. Del resto capita anche oggi, qua e là nel mondo. Persino lì da voi, a quanto ci dicono. Anche se il problema dei tributi, allora e in quelle province dell’Impero, aveva un rilievo e un significato ben differente rispetto ai nostri giorni. Dire Cesare era come dire Faraone, il simbolo dell’oppressione liberticida di sempre, così che il pagamento dell’imposta rappresentava il segno tangibile della perdita della propria indipendenza e sovranità, che contribuiva a rimpinguare le casse dell’imperatore e a finanziare le spese militari e burocratiche dell’occupazione. Dando per scontato che i sostenitori del governo in carica, alleato della potenza imperiale, ne appoggiassero la politica tributaria, e fossero perciò pregiudizilamente ostili a Gesù, ciò che è strano è che ci fossero (come ancora ci sono) dei religiosi interessati a sconfessarlo, a renderlo inviso alle folle di potenziali seguaci. Azzardiamo che, tutto sommato, una situazione del genere faceva loro comodo, perché ne giustificava – o ne facilitava – l’esistenza. Da un lato, infatti, si ingraziavano i detentori del potere, rendendo inoffensivo il messaggio “sovversivo” del Dio che “vede la sofferenza del popolo, ascolta il grido degli oppressi, e sceglie di liberarli”, dall’altro offrivano uno sbocco al malessere delle moltitudini, dirottandone l’attenzione verso problematiche astratte, pratiche devozionistiche e opere supererogatorie. Campando, ovviamente, di questo atteggiamento, che faceva la  loro fortuna. E Gesù? A prima vista, sembra togliersi d’impaccio, dicendo: date un po’ a Cesare e un po’ a Dio. E sarebbe una risposta che, tutto sommato, ci farebbe comodo. Perché è ciò che siamo abituati a fare. Una messa alla domenica, o anche meno, un pellegrinaggio al santuario più vicino, una volta all’anno, e siamo bell’e a posto con Dio, poi, per far piacere al Cesare di turno, gli diamo il nostro sostegno, il nostro voto, gli cantiamo “per fortuna che c’è lui”, e lui, poi,  faccia pure quello che gli pare, si arricchisca e arricchisca i suoi alle spalle dei più poveri, uccida la cultura, la salute, il lavoro. E noi, avremo dato, come insegna Gesù, a Cesare ciò che gli dobbiamo. No, Gesù, intende altro. Quindi dice: date a Dio, intende tutto, il tutto di noi stessi. Ci rimanda al primo e al maggiore dei comandamenti: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze” (Dt 6, 5). E ci ricorda la prima delle parole del Decalogo: “Io sono il Signore Dio tuo, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altre dèi  di fronte a me” (Es 20, 2-3). Non c’è spazio per nessun tipo di ambiguità. Ogni giudizio su ciò che dobbiamo ai Cesari di turno (anche i nostri Cesari interiori, che ci asserviscono), deve partire necessariamente dall’assunzione di questo progetto di Dio, di questo progetto che è Dio. Se no, siamo erodiani, o farisei.

 

Oggi il calendario ci porta le memorie di Giustino e Compagni, martiri a Roma,  Margherita Porete, mistica e martire dell’Inquisizione, e Anthony de Mello, maestro spirituale.

   

01 San Giustino bis.jpgGiustino nacque sul finire del 1° secolo in una famiglia pagana a Flavia Neapolis (Nablus), in Samaria. In gioventù studiò a fondo la filosofia del tempo e venne, più tardi, in contatto con i testi sacri ebraici e cristiani, che lo portarono, verso l’anno 130, a farsi cristiano, ad Efeso, in Asia Minore. Lì scrisse il suo Dialogo con Trifone, con cui intese dimostrare che Gesù rappresenta il compimento in vita e in morte della Legge e dei Profeti. Trasferitosi a Roma, vi aprì una scuola di filosofia cristiana e scrisse un’Apologia in difesa della fede cristiana, che rappresentò nello stesso tempo l’avvio di un dialogo con la cultura pagana del suo tempo. Tornato a Roma, dopo alcuni viaggi in altre città dell’Impero, Giustino fu denunciato dal filosofo Crescente come “ateo”, nemico, cioè, dello Stato e dei suoi culti. Con una seconda Apologia tentò inutilmente di dimostrare la sua innocenza. Nell’anno 165 circa, il prefetto di Roma, Rustico, lo condannò alla decapitazione assieme ad altri sei compagni di fede: Caritone, Carito, Evelpisto, Ierace, Peone e Liberiano.

 

01_MARGARIDA_PORETE.JPGMargherita era nata a Valenciennes (Francia) intorno al 1250. Della sua vita sappiamo solo che scrisse un libro, Lo Specchio delle anime semplici, che la rivela tuttavia come grandissima mistica, “innamorata dello Sposo della sua anima, quel Dio-tutto-amore che a noi chiede una cosa sola: essere riamato come Lui ci ama e ci ha amato”. Il libro, sfortunatamente, non piacque al Grande Inquisitore di Francia, il domenicano Guglielmo Humbert, davanti a cui Margherita dovette comparire, accusata di eresia, nel 1308. Nel 1309, una commissione di 21 teologi, dopo aver analizzato e giudicato dell’ortodossia del libro, ordinò che fosse distrutto. La donna, arrestata, passò in carcere l’anno che la legge concedeva agli accusati affinché potessero pentirsi. Guiard de Cressonessart, un chierico che ebbe il coraggio di difenderla, fu condannato alla prigione perpetua. Il 31 maggio 1310, festa di Pentecoste, Margherita, giudicata recidiva, fu consegnata al braccio secolare. Il 1° giugno, davanti alle maggiori autorità religiose e civili, venne bruciata sulla pubblica piazza di Parigi assieme al suo libro. Il libro che si concludeva con le parole: “Solo Lui mi ama (..) Né più d’altro ho bisogno se non di quanto vuole e di quanto vale.Egli è è la pienezza. Di lui sono colma”.

 

01 anthony-de-mello.jpgAnthony De Mello  era nato il 4 settembre del 1931 a Santa Cruz, un sobborgo di Bombay, in India, da Franck e Louisa Castelino, una coppia cattolica originaria di Goa, colonia portoghese  sulla costa sud-occidentale dell’India. Dopo aver compiuto gli studi in una scuola retta dai gesuiti,  ottenne, nel 1947, di entrare nel noviziato della Compagnia di Gesù. Dal 1952 al 1955 completò, in Spagnia, i suoi  studi di filosofia, e, il 23 marzo 1961, a Bombay,  fu ordinato sacerdote. Ripartito, per gli Stati Uniti, studiò psicologia a Chicago e, sulla via del ritorno in patria, fece a Roma, nel 1965, la sua professione solenne. Per tre anni fu direttore del noviziato del suo Ordine. Poi, lasciato l’incarico, fondò l’Istituto di Spiritualità e Terapia pastorale, nell’università di Nobili, a Poona, più tardi ribattezzato Istituto di Sadhana e trasferito a Lonavia.  Nel maggio 1987, si recò a New York, negli Stati Uniti, per una serie di seminari sulla spiritualitá. Colpito da infarto, morì il 1° Giugno.  Suo fratello Bill lo ricorderà con queste parole: “Il poeta indiano Rabindranath Tagore ha scritto un giorno: Dio vuole un tempio fatto d’amore, / ma gli uomini portano pietre. Penso che Tony abbia capito che la fede e il dogma sono semplici pietre, se non c’è amore verso i propri simili.  Fino alla fine della sua vita, Tony è rimasto fedele alla Chiesa e alla sua cara Compagnia di Gesù. Lui aveva avuto l’ispirazione di fare della Chiesa cattolica una vera Chiesa cattolica, che riunisse tutti le persone, cristiane, non cristiane e perfino agnostiche come me. Tony mi ha fatto capire che nei grandi pascoli di Dio, c’è un recinto col cartello “Per gli agnostici”, dove io sono benvenuto e amato. E ci sono recinti per persone di ogni fede, dove ciascuno è benvenuto e amato. Tony adorava di trovarsi in mezzo a cristiani, induisti, buddisti, musulmani, agnostici e atei. Tony de Mello era davvero il fratello di tutti e di ciascuno e il mio in particolare”.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

2ª Lettera di Pietro, cap.3, 12-15a. 17-18; Salmo 90; Vangelo di Marco, cap.12, 13-17.

 

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

 

Per stasera è tutto. Noi ci congediamo qui, lasciandovi  una citazione di Anthony de Mello, tratta dal suo libro “Ti voglio libero come il vento” (Gribaudi). Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Spesso la religione si è identificata con il potere, indurendosi ed abbruttendosi invece di acquistare sensibilità nei confronti della verità. I poveri, invece, vedono la realtà e soffrono delle conseguenze causate da chi usurpa i loro diritti calpestando le leggi della vita che considera tutti fratelli. Guardare i poveri non significa fare un programma di aiuto basato sul potere: non puoi avvicinarti a un povero per aiutarlo, se lo fai dalla posizione dell’oppressore; prima devi conoscere il suo mondo e capire che cosa significhi avere fame e vivere di stenti. Non si tratta di renderti povero  per scelta, perché questa è un’ipocrisia e un’offesa, dato che il tuo mondo e il suo sono opposti. È meglio che tu apra gli occhi per vedere la realtà e questo non sarà possibile se non sviluppi una sensibilità che ti induca ad opporti all’ingiustizia che causa la povertà. Non puoi realizzare un programma di affetto e di aiuti senza abbassarti al livello dei poveri e senza vivere la loro esistenza come ha fatto Gesù. Dall’alto non puoi vedere i bisognosi quali sono veramente. L’affetto non consiste in sorrisi e neppure in buone parole mentre fai un’elemosina. Dare affetto significa fare ciò che più conviene all’altra persona, a seconda delle sue esigenze in quel momento. […] La tua azione deve nascere dalla tua sensibilità, non dalla tua ideologia. Le stragi, le ingiustizie e le guerre sono causate dall’ideologia, la quale nega sempre la realtà e indurisce l’uomo. La teoria può servirti in determinati momenti, purché non assuma una dimensione eccessiva e non nasconda la realtà. Gesù era un mistico – un uomo di vita – e per questo agiva guidato dalla sensibilità che aveva sviluppato nei confronti dell’esistenza. Secondo le persone programmate, Gesù è inconsistente, imprevedibile, inafferrabile; e questo le spaventa perché preferiscono mettere a punto un’ideologia che si possa programmare e usare, qualcosa che non sfugga ad ogni categoria e schema. (Anthony De Mello, Ti voglio libero come il vento).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Giugno 2010ultima modifica: 2010-06-01T23:25:00+02:00da fraternidade
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