Giorno per giorno – 12 Aprile 2010

Carissimi,

“In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito” (Gv 3, 5-6). Poco prima, a Nicodemo, Gesù aveva detto: “Se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio” (Gv 3, 3). Un’idea che ha forse il suo equivalente nel Vangelo di Matteo nella parola rivolta ai discepoli: “Se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18, 3). Pasqua è accogliere questo invito a nascere di nuovo. Ahinoi, bisogna riconoscere che il tema della rinascita, e, perciò, dei “rinati in Cristo”, negli ultimi decenni ho goduto di una pessima letteratura, per via anche di personaggi famosi che ne rivendicavano l’esperienza e il titolo (George Bush, tra gli altri, che a giudizio di molti era decisamente meglio prima  di rinascere), e tuttavia, a intenderlo bene, è proprio di questo che si tratta. E i problemi sorgono quando noi non lo poniamo all’ordine del giorno. Il discorso di Gesù a Nicodemo, che ci accompagnerà in questi giorni, si propone di insegnarci in che cosa consista questo nascere “di nuovo” e “dall’alto”. O, anche “da acqua e spirito” (v.5), forse un richiamo all’oracolo profetico: “Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo” (Ez 36, 25-26). Che in seguito sarà riletto come allusione al battesimo cristiano. Il regno, cioè il dispiegarsi della sovranità di Dio sulle nostre vite, e le relazioni nuove che lo rivelano, ci chiede il coraggio di una decisione che sappia andare contro la logica del mondo, contro la mentalità corrente. E questo può avvenire solo in obbedienza al soffio potente dello Spirito, che liberamente irrompe nelle nostre vite, le sconvolge, e le spinge in direzioni impensate. Che, poco a poco, ci si disegneranno come passi alla sequela di Gesù, nei cui gesti riconosceremo l’agire stesso di Dio. Cercando di farli nostri.

 

Il calendario ci porta la memoria di don Primo Mazzolari, profeta di pace e di non-violenza, e di Valdes (o Valdo), riformatore della Chiesa.

 

12 Mazzolari.jpgPrimo Mazzolari era nato al Boschetto, frazione di Cremona, il 13 gennaio 1890, da Luigi e Grazia Bolli, una famiglia di piccoli affittuari contadini. Entrato in seminario dodicenne, fu ordinato prete il 24 agosto 1912. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, chiese ed ottenne di essere arruolato e, nel 1918 fu mandato come cappellano militare sul fronte francese, dove restò fino alla fine della guerra. Nel 1920, fu nominato parroco a Bozzolo e, due anni più tardi, a Cicognara, un paese a forte tradizione socialista, dove rimase per dieci anni. Qui iniziò la sua opposizione al fascismo. Ritornato a Bozzolo, nel 1932, prese a pubblicare i suoi scritti, in cui, con coraggio e onestà, segnalava limiti e manchevolezze della Chiesa, nonché l’esigenza per l’Italia di una profonda riforma morale e culturale.  Il che, dati i tempi, si tradusse in grane, a livello ecclesiastico e politico. Durante la drammatica e opprimente esperienza della Repubblica Sociale Italiana, don Primo approfondì i suoi contatti con la Resistenza, al punto di essere arrestato. Rilasciato, passò l’ultimo periodo in clandestinità. A partire dal 1945, sue preoccupazioni maggiori furono l’impegno per l’evangelizzazione, la pacificazione,  la costruzione di una società più giusta, il dialogo con i lontani.  Nel gennaio 1949 fondò e diresse il periodico “Adesso” la cui pubblicazione fu sospesa, per l’intervento del Vaticano, nel febbraio 1951, riprendendo solo nel novembre, con la direzione di  un laico. Nel 1955 apparve anonimo Tu non uccidere, con cui il parroco di Bozzolo si faceva sostenitore dell’obiezione di coscienza, pronunciando un durissimo atto di accusa contro tutte le guerre. Nel novembre del 1957, chiamato da mons. Montini, predicò alla Missione di Milano. Nel febbraio 1959, infine, il nuovo papa, Giovanni XXIII, lo ricevette in udienza in Vaticano. L’accoglienza ricevuta, come ebbe a dire ritornando a Bozzolo, lo ripagava di ogni amarezza sofferta. Morì poco tempo dopo, il 12 aprile 1959.

 

12_PEDRO_VALDO.JPGValdes era nato a Lione nel 1140. Divenuto mercante,  praticando l’usura senza troppi scrupoli, si era ben presto arricchito. Una domenica, udì raccontare da un trovatore le vicende e la morte di sant’Alessio, che era vissuto come mendicante nella casa del proprio padre. Commosso, l’indomani mattina si recò ad una scuola di teologia per chiedere quale fosse la via più sicura che portasse a Dio. Gli risposero con la frase del Vangelo: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto ciò che hai e, il ricavato, dallo ai poveri”.  Fu ciò che egli fece. Attorno a lui si radunarano presto molti seguaci, i “poveri di Lione”, con un programma di vita basato sulla povertà e sulla predicazione dell’evangelo, in uno stile di vita che intendeva seguire da vicino quello degli apostoli di Gesù. Le critiche mosse alle ricchezze del clero e la pratica della predicazione da parte dei laici, gli attirarono però la sconfessione delle autorità ecclesiastiche. Nel Concilio Lateranense (1179), papa Alessandro III, pur approvando le norme di vita dei suoi seguaci, aveva proibito loro la predicazione e la diffusione dei testi biblici. Nel 1184, tuttavia, Lucio III ritenne più sicuro scomunicarli, dando inizio ad un’aperta repressione, che costrinse i poveri di Lione a rifugiarsi nelle ospitali e sicure valli del Piemonte e del Delfinato. La condanna ufficiale e definitiva della Chiesa venne divulgata nel 1215. Due anni dopo, il 12 aprile 1217,  Valdes moriva. Dall’esempio e dalla predicazione sua e dei poveri di Lione nacque la Chiesa Valdese, di cui furono caratteristiche lungo i secoli la rinuncia al potere politico, all’uso della forza e all’alleanza con le potenze del mondo.

 

I testi che la litugia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Atti degli Apostoli, cap.4, 23-31; Salmo 2; Vangelo di Giovanni, cap.3, 1-8.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

 

Noi si accompagna, anche con la preghiera, la vicenda dei tre cooperanti italiani di Emergency, arrestati arbitrariamente in Afganisthan,  sperando in una rapida soluzione Stamattina, poi, abbiamo messo un’intenzione particolare anche per le vittime dell’incidente ferroviario avvenuto in Val Venosta, la cui notizia ci aveva raggiunto all’alba di qui. E, per stasera, è tutto. Noi ci si congeda qui, lasciandovi a un brano di don Primo Mazzolari, tratto dal suo libro “La Pasqua” (La Locusta). Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Fa la Pasqua e aiuta a fare la Pasqua chi porta la propria croce e dà mano alle spalle degli altri. Dove vuoi che prepariamo la Pasqua? (Mt. 26, 17) gli chiedono i discepoli il primo giorno degli azzimi. Non c’è più bisogno di chiederglielo. Ora, sappiamo dove si fa la Pasqua, e ne sappiamo anche la strada, che passa attraverso i segni dei chiodi. Non ce n’è un’altra. Noi cristiani abbiamo fretta di vedere i segni della Pasqua del Signore, e quasi gli muoviamo rimprovero di ogni indugio, che fa parte del mistero della Redenzione. I non-cristiani hanno fretta di vedere i segni della nostra Pasqua, che aiutano a capire i segni della Pasqua del Signore. Un sepolcro imbiancato, che di fuori appare lucente, ma dentro è pieno di marciume, non è un sepolcro glorioso. Chi mette insieme pesanti fardelli per caricarli sulle spalle degli altri, senza smuoverli nemmeno con un dito, è fuori della Pasqua. Chi fa le sue opere per richiamare l’attenzione della gente, invitando stampa e televisione, non vede la Pasqua. Chi chiude il Regno dei Cieli in faccia agli uomini per mancanza di misericordia, non sente la Pasqua. Chi paga le piccole decime e trascura la giustizia, la misericordia e la fedeltà, rinnega la Pasqua. Chi lava il piatto dall’esterno, mentre dentro è pieno di rapina e d’intemperanza, non fa posto alla Pasqua. Oggi è Pasqua, anche se noi non siamo anime pasquali: il sepolcro si spalanca ugualmente, e l’alleluia della vita esulta perfino nell’aria e nei campi; ma chi sulle strade dell’uomo, questa mattina, sa camminargli accanto e, lungo il cammino, risollevargli il cuore? Una cristianità che s’incanta dietro memorie e che ripete, senza spasimo, gesti e parole divine, e a cui l’alleluia è soltanto un rito e non ha trasfigurante irradiazione della fede e della gioia nella vita che vince il male e la morte dell’uomo, come può comunicare i segni della Pasqua? (Primo Mazzolari, La Pasqua).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 12 Aprile 2010ultima modifica: 2010-04-12T23:03:00+02:00da fraternidade
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