Giorno per giorno – 13 Aprile 2010

Carissmi,

“Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3, 14-15). Continua il dialogo di Gesù con Nicodemo, che si è recato a lui di notte. Come è notte, qualche volta, anche per noi. Anche se si è religiosi, come appunto il nostro amico Nicodemo, che era un buon fariseo. E può capitare di non capire più nulla, di questo mondo che va a rovescio. Nicodemo, tra l’altro, sarà quello che, in sinedrio, farà ciò che gli riesce per difendere Gesù, obiettando che non si può arrestare qualcuno, senza averlo prima ascoltato, per sapere ciò che pensa e ciò che fa (cf Gv 7, 50-51). Qualche studioso avanza l’ipotesi che, originariamente, questo conversazione notturna tra i due non fosse posta all’inizio del ministero di Gesù, ma, verso la fine, dopo l’intervento di Nicodemo in sua difesa, mostrando così quest’ultimo di agire coerentemente con il suggerimento dato alle gerarchie religiose circa la necessità di ascoltare Gesù. Ma torniamo al nostro brano. “Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo”. Stamattina ricordavamo che “innalzato” evoca in primo luogo la croce. Ma ricorda anche il canto del servo sofferente di Isaia: “Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e molto innalzato” (Is 52, 13). Certo, Gesù, aveva ben presente il seguito del canto: le persecuzioni che il servo avrebbe dovuto sopportare, così come il suo destino finale. Paolo disegnerà questa stessa parabola di abbassamento e innalzamento nell’inno della sua Lettera ai Filippesi: “Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome” (Fil 2, 8-9). Certo, c’è il mistero di quel “bisogna” che sia così, presente anche in altri passi dei Vangeli sinottici. “Bisogna”, per conoscere Dio. Quell’abbassamento-innalzamento di Gesù nella croce, cioè quell’assimilazione di Dio al destino dei dannati della terra è il criterio – l’unico – che ci schiude le porte alla vita eterna, cioè fa entrare la vita di Dio, o anche il regno di Dio, nel mondo. Che noi si sia o meno partecipi di questa vita di Dio, siamo noi in definitiva a deciderlo, a partire non da teoriche professioni di fede, ma da concrete, concretissime, scelte. Chi è il Dio in cui noi crediamo, che fa, con chi s’identifica? E con chi ci identifichiamo noi? Di chi assumiamo la causa? Chi orienta la nostra vita?         

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Atti degli Apostoli, cap.4, 32-37; Salmo 93; Vangelo di Giovanni, cap.3, 7b-15.

 

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

 

“Cerchiamo di essere simili a Cristo, dal momento che Cristo si è fatto simile a noi: diventiamo Dio per mezzo di lui” è l’invito che Gregorio Nazianzeno ci rivolge in questa sua omelia pasquale. Essere simili a Cristo, diventare cioè come Dio, è fare nostra la causa dei popoli crocifissi della Terra. Per risorgere con essi. Noi ci congediamo qui, lasciandovi a questo nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Nessuno può impedirci di celebrare, a gloria del Signore nostro Dio, la festa dell’Esodo, e di celebrarla non con il vecchio lievito della malizia e della malvagità, ma con gli azzimi della sincerità e della verità (1Cor 5,8), perché ormai non portiamo più niente con noi dell’empio lievito dell’Egitto. Ieri ero stato crocifisso con Cristo, oggi con lui sono glorificato. Ieri morivo con lui, oggi con lui torno alla vita. Ieri con lui venivo sepolto, oggi con lui risorgo. A colui che per noi ha sofferto ed è risuscitato offriamo dunque dei doni. Penserete forse che io parli di oro o di argento, di tessuti o di brillanti e pietre preziose: materie effimere di questa terra, destinate a rimanere quaggiù… Offriamo piuttosto noi stessi, perché queste sono le ricchezze più gradite e più degne di Dio. All’immagine di Dio che è in noi, restituiamo tutto lo splendore che le è proprio: riconosciamo la nostra dignità, rendiamo onore al modello originario. Cerchiamo di comprendere la potenza di questo mistero e lo scopo per cui Cristo è morto. Cerchiamo di essere simili a Cristo, dal momento che Cristo si è fatto simile a noi: diventiamo Dio per mezzo di lui, dato che lui si è fatto uomo per noi. Egli ha preso su di sé quello che c’era di più basso, per donarci quello che c’è di migliore. Si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà, ha preso forma di schiavo perché noi ottenessimo la libertà. È disceso perché noi fossimo innalzati ; è stato tentato perché noi superassimo la prova; è stato disprezzato perché noi avessimo la gloria. È morto perché noi fossimo salvati; è salito al cielo per attirare a sé quelli che giacevano a terra, caduti nel peccato. Ciascuno dia senza riserva, offra tutto a colui che sostituendosi a noi, ha dato se stesso come prezzo della nostra redenzione. Penetrando nel mistero, non possiamo dare nulla di meglio che noi stessi, diventando per Cristo tutto quello che lui è divenuto per noi. (Gregorio Nazianzeno, In sanctum pascha).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 13 Aprile 2010ultima modifica: 2010-04-13T23:29:00+02:00da fraternidade
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