Giorno per giorno – 06 Aprile 2010

Carissimi,

“Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: Donna, perché piangi? Rispose loro: Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto. Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: Donna, perché piangi? Chi cerchi?” (Gv 20,11-15). Il pianto della Maddalena è forse la preghiera di chi non si rassegna alla scomparsa di Gesù dal mondo. La tomba con il corpo è pur sempre un punto di riferimento, permette di continuare a coltivare gli affetti, se non altro come nostalgia di una presenza. Ma una tomba vuota ci precipita nella più nera solitudine. Così, anche la terra senza più il significato di Dio, quello della cura, dell’amore vicendevole, del perdono. È difficile, ci dicevamo stamattina, risalire a ciò che i Vangeli intendevano comunicare alle comunità cui si rivolgevano con i racconti delle apparizioni del Risorto. Certo non volevano semplicemente offrire conferme ad una scelta di fede, che era invece tutta affidata ad una decisione della libertà. Che una donna o un uomo o cento abbiano visto un Ufo non ci convincerà necessariamente della loro esistenza. Gesù non è un Ufo. La sua pretesa è di essere un significato che interessa la verità della nostra vita, perché è niente meno che la verità di Dio, cioè la verità di tutte le cose. Nella sua assenza, piange Maria, ogni Maria, come geme anche tutta la creazione. Già, chi ha trafugato Dio? O dove si è nascosto? Dove possiamo cercarlo? Il nostro pianto dice l’ostinazione della nostra attesa, finché egli stesso venga a cercarci. E ci chiami per nome. E ci invii dai fratelli ed essi possano leggerci in volto – nella nostra vita, nelle nostre azioni – che noi, davvero, abbiamo visto il Signore. Ed è una nuova creazione. Quella cui allude Pietro nel suo discorso di Pentecoste, quando, dopo averci detto: “Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso” (At 2, 36), noi, mica gli ebrei, aggiunge: “Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo” (v. 38). Convertirsi è cambiare modo di pensare. Essere battezzati è immergere la nostra vita nel significato della morte di Gesù, la solidarietà totale con gli ultimi, e perciò con il mondo intero, testimoniando così che Egli è vivo e scrive con noi, nello Spirito, una nuova storia.   

 

Oggi è il Terzo Giorno dell’Ottava pasquale. I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Atti degli Apostoli, cap.2, 36-41; Salmo 33; Vangelo di Giovanni, cap.20, 11-18.

 

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

 

Oggi, il martirologio latinoamericano ricorda Alfredo Kelly, Pedro Duffau, Alfredo Leaden, Salvador Barbeito e José Barletti, martiri per la giustizia  sotto la dittatura argentina.

 

06 PEDRO DUFFAU.jpg06 JOSÉ BARLETTI.jpg06 ALFREDO KELLY.jpg06 ALFREDO LEADEN.jpgAlfredo Kelly, Pedro Duffau, Alfredo Leaden  erano preti, mentre Salvador Barbeito e José Barletti erano seminaristi.  Furono assassinati il 6 aprile 1976, nella loro casa parrocchiale. Dopo che una bomba aveva distrutto la Superintendenza della Sicurezza Federale, a Buenos Ayres, le Forze Armate decisero di dar libero sfogo alla loro vendetta. Militari della Marina giunsero in forze nel quartiere, dichiarandolo “zona liberata”. Si preoccuparono di avvisare il commissario: “Se ti capita di ascoltare degli spari, non preoccuparti. Stanotte andiamo a far fuori dei preti sinistrorsi”. La gente del barrio scoprì il delitto, quando vide che la chiesa non aveva aperto all’ora di sempre. Entrati in canonica scoprirono i cinque corpi crivellati di colpi e le scritte con sangue sulle pareti.

 

Le notizie che ci raggiungono da Rio de Janeiro, a un migliaio di chilometri da qui, parlano già di decine e decine di morti, vittime delle piogge torrenziali di questi giorni, mentre la morsa del cattivo tempo non sembra allentarsi. Segno, anche questo, per chi lo sappia leggere, dell’assenza di Dio (di ciò che Egli significa) nella costruzione della città terrena e nella mancata salvaguardia della natura. E sarà giusto piangere, sarà giusto, per chi è credente, pregare, ma ci dovrà anche essere una nuova coscienza, che permetta di maturare scelte diverse, perché ogni vita sia protetta, non solo quella di alcuni, e la terra, nostra madre, sia oggetto delle nostre attenzioni e del nostro amore. Anche questo è risurrezione.

 

Noi ci congediamo qui, lasciandovi al brano di un’omelia di Gregorio Magno, a commento dell’episodio evangelico di Maria Maddalena alla tomba. È, per oggi, il nostro    

 

PENSIERO DEL GIORNO

Maria, in lacrime, si chinò e guardò dentro la tomba. Ma aveva già constatato che era vuota, già le era stato annunciato che il Signore era stato portato via. Allora, perché si china di nuovo, perché desidera vedere ancora? Il fatto è che a chi ama non basta guardare una volta: l’intensità dell’amore lo spinge a moltiplicare le sue ricerche. Cerca una prima volta e non trova nulla; ma persevera nella ricerca e finisce per trovare. Bisogna che la lunga attesa aumenti il desiderio; e questo, dilatandosi, permetta di afferrare Colui che aveva già trovato. […] È di questo amore che bruciano tutti coloro che hanno potuto raggiungere la Verità. È per questo che Davide esclama: “La mia anima ha sete del Dio vivente! Quando verrò e vedrò il volto di Dio?”. E ci invita: “Cercate sempre il volto di Dio”, e la Chiesa, nel Cantico dei Cantici, esclama: “Io sono ferita d’amore”. È normale, non è vero?, che la vista del medico ridonì salute a colei che portava in cuore la ferita d’amore causata dall’ardente desiderio che essa ha di lui. Perciò, più avanti, essa dice: “La mia anima si strugge quando il mio Diletto mi parla”.  Chi non cerca il volto del suo Creatore, resta purtroppo insensibile, perché si chiude in se stesso, freddo. Ma se la sua anima, a causa del suo desiderio, comincia a seguire Colui che essa ama, sciolta dal fuoco del suo amore, essa corre. Questo desiderio la rende inquieta: tutto ciò che prima le piaceva in questo mondo, perde il suo valore; più nulla l’attrae, eccetto il suo Creatore, e ciò che una volta l’affascinava, le diventa ora insopportabile. Nulla consola la sua tristezza, finché non vede nuovamente colui che desidera. Ora, però, in un tale fuoco, la ruggine dei suoi peccati scompare e l’anima infiammata ritrova il suo splendore dorato; essa ne aveva perduto l’aspetto per l’abitudine; ora risplende per l’ardore del suo amore. (Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli, XXV ).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 06 Aprile 2010ultima modifica: 2010-04-06T22:33:00+02:00da fraternidade
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