Giorno per giorno – 26 Marzo 2010

 

Carissimi,

“Disse loro Gesù: Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?” (Gv 10, 34-36).  Dopo i discorsi che abbiamo ascoltato nei giorni scorsi, pronunciati da Gesù durante la festa autunnale di Sukkot, o delle Capanne, il brano che la liturgia ci propone oggi ha il suo contesto nella festa invernale di Hanukkah, o della Dedicazione del Tempio. In entrambi i casi Gesù applica  a sé la ricca simbologia delle due feste. Nella prima, quella della fonte d’acqua viva e della luce del mondo, nella seconda, quella della consacrazione. Inutilmente egli cerca di convincere i suoi interlocutori del fondamento della sua pretesa: le opere che egli compie. Sono esse che lo definiscono “figlio di Dio”. Quando Giovanni Battista dalla sua prigionia aveva mandato i suoi a chiedergli: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?”, Gesù aveva risposto: “Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella” (Mt 11, 3-5). Ora, in quest’altra occasione, Gesù, nella risposta ai farisei, richiama il Salmo 82. In esso i giudici o i príncipi (in ebraico elohim, che significa anche dèi), dimentichi del loro dovere di avere un occhio di riguardo per i poveri e di non usare preferenze verso i potenti (cf Lv 19, 15), in pratica, di non fare leggi ad personam per costoro, sono comunque chiamati “dèi e figli dell’Altissimo”, anche se il Salmista si preoccupa di aggiungere: “Eppure morirete come ogni uomo, cadrete come tutti i potenti” (Sal 82, 6-7). Dunque, dice Gesù, se sono chiamati “figli di Dio” questi, a cui è rivolta la Parola di Dio, anche se poi non la compiono, quanto più potrà esserlo colui le cui azioni rivelano essere stato inviato e consacrato da Dio. Quale Dio rivelano le nostre azioni? Il Dio di Gesù? Siamo noi “buona notizia” per i poveri? O siamo, immancabilmente, dalla parte di ricchi e potenti?  “Cercavano allora di prenderlo di nuovo” (v.39), come, prima, “avevano portato delle pietre per lapidarlo” (v.31). Scomodo, troppo scomodo questo Gesù, eh? Ci siamo anche noi tra coloro che vogliono prenderlo, soffocarlo, eliminarlo?

 

Oggi il nostro calendario ecumenico ci porta le memorie di Al Husayn Ibn Mansur al-Hallaj, mistico e martire dell’Islam, e di Richard Allen, primo vescovo nero negli Usa, leader della lotta abolizionista .

 

26 Al-Hallaj.jpgAl-Hallaj era nato a el Baidá, in Persia, nel 858 (309 dall’egira). Affascinato dalla vita ascetica, sedicenne aveva lasciato la famiglia, per mettersi al seguito dei grandi mistici dell’epoca, Sahl al-Tustari di Basra, Amr al-Makki e, per ultimo, Junayd di Baghdad, presso il quale si tratterrà ventanni. Sposatosi, andò in pellegrinaggio alla Mecca, dove restò a lungo in meditazione. Lì, sperimentò come non mai la verità dell’amore di Dio nella sua vita e, a partire da questo, il senso nuovo e profondo che le Scritture gli disvelavano. Inebriato da tale scoperta, si mise in viaggio, percorrendo Iraq e Persia, per annunciare  la via di una più intima relazione con Dio. Tornato nuovamente alla Mecca e dopo un breve soggiorno in famiglia, partì alla volta dell’India e del Turkestan cinese per una missione tra i  pagani. Dopo dodici anni di attività missionaria e un ulteriore pellegrinaggio alla Mecca, si trasferì a Baghdad, dove si diede a diffondere in tutti gli ambienti le sue dottrine mistiche dell’unione con Dio e dell’inabitazione di Dio nell’uomo.  Trovò un notevole successo, ma anche una violenta opposizione negli ambienti del potere e dei custodi dell’ortodossia, nonché l’ostilità di molti degli altri sufi che gli rimproveravano di aver rivelato “i segreti del Re”. Tradito da uno dei suoi discepoli, al-Hallaj venne arrestato e gettato in prigione, dove resterà dodici anni, continuando ad ammaestrare i suoi compagni di prigionia e i suoi visitatori. Dopo un processo farsa, venne condannato per aver affermato l’inutilità dei pellegrinaggi alla Mecca, essendo sempre possibile incontrare Dio nel proprio cuore, che ne è il vero tempio. Condotto sul luogo dell’esecuzione, fu spogliato, flagellato con 99 colpi, mutilato delle mani e dei piedi, ed attaccato a un patibolo in forma di croce, sul quale agonizzò per un giorno e una notte.  Morì perdonando i suoi carnefici. Era il 26 marzo del 922 (24 Dhul-Qa’da del 309, nel calendario egiriano). Il suo corpo fu bruciato e le ceneri disperse nel vento per evitare che divenisse oggetto di culto.

 

26 Richard_Allen.jpgRichard Allen nacque il 14 febbraio 1760 a Germantown (che attualmente fa parte di Filadeldia), in Pennsylvania, da genitori neri schiavi di un avvocato e giurista quacchero, Benjamin Chew. In seguito al fallimento finanziario di questi, la famiglia fu venduta a Stokely Sturgis, la cui piantagione sorgeva nei pressi di Dover, nel Delawere. Ancora ragazzo, cominciò a frequentare i culti della locale Società Metodista e a 17 anni chiese di essere battezzato. La predicazione di Freeborn Garrettson, che aveva liberato i suoi propri schiavi nel 1775, e che ora denunciava la peccaminosità del sistema schiavista, convinsero il proprietario di Allen a concedere ai suoi schiavi l’opportunità di comprare la loro libertà. Sicché, nel 1785, Richard potè comprare la libertà sua e del fratello. L’anno successivo divenne predicatore della St. George’s Methodist Episcopal Church di Filadelfia, dove cominciò ad attirare un numero crescente di fedeli neri. L’ostilità della componente bianca, convinse Richard  Allen e un altro predicatore afro-americano,  Absalon Jones, a lasciare quella chiesa  e a fondare la Free African Society, una società di mutuo soccorso, per l’assistenza agli schiavi fuggitivi e ai nuovi immigrati.  Nel 1794 venne eretta la prima Chiesa, la “Bethel Church che più tardi sarebbe divenuta la prima congregazione Episcopale Metodista Africana (AME). Nel 1800 Allen incontrò Sarah Bass (anch’essa nata in schiavitù nel 1764), che l’anno successivo divenne sua moglie, dandogli in seguito sei figli, e che fu sua collaboratrice preziosa lungo tutto l’arco della vita. Nel 1816, ormai organizzata su base nazionale, l’AME nominò Allen suo vescovo, che divenne così il primo vescovo nero in America. Questa Chiesa rappresenta oggi la più antica e maggiore istituzione formale dell’America Nera. Dopo una vita dedicata alla lotta per l’abolizione della schiavitù e alla creazione di strutture per l’istruzione e il miglioramento delle condizioni di vita della sua gente, Allen si spense a Filadelfia il 26 Marzo 1831.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Geremia, cap.20, 10-13; Salmo 18; Vangelo di Giovanni, cap.10, 31-42.

 

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso. 

 

Si è fatto tardi e noi, perciò, ci congediamo. Lasciandovi ad una preghiera di Richard Allen, tratta dalla sua autobiografia apparsa con il titolo “The Life, Experience, and Gospel Labours of the Rev. Richard Allen” (Martin & Boden Printers), che è rinvenibile in rete in edizione elettronica e che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

O infinita amabilità! Quando ti potrò amare senza quei limiti, quell’indifferenza, quelle interruzioni che, ahimé, così spesso mi dominano quaggiù? Non permettere mai che  io abbia qualche creatura come tua rivale, o che condivida il mio cuore con te; fa che non abbia altro Dio, altro amore, all’infuori di Te. Chiunque ama, desidera compiacere l’oggetto del suo amore; e la grandezza del desiderio è a misura dell’intensità dell’amore. Rendimi, o Dio, costante nel desiderio di compiacerti; fammi adempiere con gioia i doveri più sofferti e costosi; fammi abbandonare  amici, ricchezze, comodi e la stessa vita, piuttosto che disobbedire a te. Chiunque ama desidera il benessere e la felicità dell’oggetto amato; ma Tu, amato Gesù, non puoi ricevere nulla in aggiunta dai miei imperfetti servizi; cosa potrò fare allora per esprimere il mio amore verso di te? Allevierò le necessità dei miei fratelli più poveri, che sono le membra del tuo corpo; poiché chi non ama il fratello che vede, come può amare Dio che non vede? O Gesù crocifisso, in cui io vivo, e senza il quale io muoio; mortifica in me ogni desiderio sensuale, infiamma il mio cuore con il tuo santo amore, affinché io non stimi più le vanità di questo mondo, ma riponga tutto il mio amore in te. Che il mio ultimo respiro, quando l’anima lascerà il mio corpo, esali amore per te, mio Dio. Io sono entrato nella vita senza conoscerti, fa che io la concluda  amandoti. Lascia che l’ultimo atto della mia vita sia l’amore, ricordando che Dio è amore.   (Richard Allen, The Life, Experience, and Gospel Labours of the Rev. Richard Allen).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 26 Marzo 2010ultima modifica: 2010-03-26T23:18:00+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo