Giorno per giorno, 22 Marzo 2010

Carissimi,

“Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8, 12). Dicono che le luci che venivano accese nel tempio di Gerusalemme, durante la festa di Sukkot, o delle Capanne, illuminavano di notte tutta la città. Ed è nel contesto di questa festa che Gesù rivendica per sé questo titolo. Come un’attualizzazione e un applicazione a sé della parola della Sapienza, che suonava: “Invece delle tenebre desti loro una colonna di fuoco, come guida in un viaggio sconosciuto e come un sole innocuo per il glorioso emigrare” (Sap 18,3). Dove, se la colonna di fuoco era stata, allora, la luce della Legge che guidava gli ebrei nel loro cammino dalla schiavitù alla libertà, ora Gesù, col il suo agire, ne dischiudeva il più intimo e vero significato. Forse si spiega così l’inserimento dell’episodio dell’adultera (Gv 8, 1-11), arrivato da chissà dove, come sua illustrazione. La Legge non ci è data per condannare, né per giudicare gli altri, ci è offerta per ricevere e dare Vita. Questo ininterrotto flusso di vita, che è la “luce degli uomini” (Gv 1, 4) è la Parola di Dio che, certo, ha preso corpo in Gesù, ma che illumina anche, da sempre,  misteriosamente,  ogni uomo (Gv 1, 9). E che, perciò, ogni uomo, qualunque sia la sua religione o non religione, la sua cultura, la sua visione di vita, il suo sguardo sulla realtà, in qualche modo rifrange. Per questo è importante rispettare tutti, farsi attenti a tutti, ascoltare tutti. Tutti sono Parola di Dio che ci interpella. Persino quell’adultera che noi avevamo pensato di poter liquidare così facilmente. Persino, perciò, la storia di peccato che vediamo talvolta (?) emergere nella società, nella chiesa, nel nostro stesso vissuto. E la tristezza che ne deriva. E la nostalgia di altro. Come ci scriveva proprio ieri un’amica di lì, anche in riferimento alle bassezze che conosce la vostra attuale stagione politica.

 

Oggi, il calendario ci porta la memoria del gesuita Luis Espinal Camps, martire in Bolivia.

 

22 Luis Espinal.jpgLuis Espinal Camps era nato nel villaggio catalano di St. Fruitós de Bages, nei pressi di Manresa, nel 1932, in una famiglia cristiana di semplici lavoratori. Una sua sorella entrò nel Carmelo, e suo fratello maggiore tra i gesuiti. Luis lo seguì qualche anno più tardi, nel 1949, quando varcò le porte del noviziato della Compagnia di Gesù, a Veruela (Saragozza). Terminata la formazione teologica e ordinato sacerdote, Espinal studiò per due anni nella Scuola di giornalismo e di audiovisivi dell’Università Cattolica, a Bergamo. Nell’agosto del 1968, rispondendo all’invito di un vescovo boliviano, partì per la Bolivia, dove visse, senza mai più tornare in patria, un’epoca di terribili dittature, repressione, carceri, fucilazioni, sparizioni, esili, violazioni dei diritti umani, prepotenza militare, censura.  La chiesa, sulla scia del Vaticano II e di Medellin, cominciava sia pur timidamente a far udire la sua voce di denuncia sulle violazioni dei diritti umani e Luis prese con insistenza a ricordare che in un sistema di ingiustizia, non è possibile la neutralità. Ogni opzione è politica. Perciò la Chiesa fa politica (lo voglia o no), sia quando parla che quando tace. Per fedeltà a Cristo, la Chiesa non può tacere. Una religione che non abbia il coraggio di parlare in favore dell’uomo,  non ha il diritto di parlare a favore di Dio.  La denuncia di Espinal contro il sistema di ingiustizia, si caratterizzò positivamente come opzione per la vita. La vita, ogni vita è sacra. La vita di ogni essere umano è qualcosa di assoluto che non si può vendere a nessun prezzo. Le sue parole sulla necessità di dare la vita per il popolo, le realizzò esistenzialmente. Tutta la sua vita fu al servizio della gente: degli universitari cui insegnava, dei giovani che accompagnava, dei suoi lettori, della gente semplice del barrio Vila San Antonio, dei suoi compagni di comunità  e di lavoro, dei suoi amici. La sera del 21 marzo 1980, Espinal era andato al cinema per via del suo lavoro di critico cinematografico. Aveva visto un film dal titolo “Gli spietati”. Uscendo dal cinema, alcuni sconosciuti lo caricarono a forza su una jeep, che partì sgommando. Gli assassini, guidati dal paranoico Arce Gómez, portarono Luis Espinal al mattatoio del barrio di Achachicala, dove fu torturato per almeno quattro ore e poi ucciso con 17  proiettili. Il suo corpo, gettato in un deposito di rifiuti sulla strada per Chacaltaya, fu trovato all’alba da un contadino. Sulla sua tomba si legge: Assassinato per aver aiutato il popolo. Quattro mesi più tardi, con un colpo di stato, García Meza e Arce Gómez prendevano il potere in Bolivia.

 

I testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Daniele, cap.13,1-9.15-17.19-30.33-62; Salmo 23; Vangelo di Giovanni, cap.8, 12-20.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni  dell’India: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

 

Oggi, a mezzogiorno, se n’è andata dona Geralda, che da qualche giorno era ricoverata nel reparto di terapia intensiva di un ospedale di Goiânia. Abitava una casina piccola piccola, a fianco di seu Ciato e dona Fia, una di quelle case che pensi esistano solo nelle fiabe.  Da cui  sorrideva sempre, anche con gli occhi, salutando festosamente quando le si passava davanti. Ora se ne starà là a far festa con i suoi santi re, san Giovanni e il divino Spirito Santo, di cui non sapeva bene le precedenze (che non importano, a dire il vero neanche a loro, abituati come sono a cedere il passo), ma che sono stati comunque l’allegria della sua vita, povera e sofferta. Oggi è anche il compleanno del piccolo Vitor, figlio di Aparecida e nipote di dona Dominga. Da settimana scorsa ce lo viene ricordando e merita davvero il vostro ricordo nella preghiera.

 

Delle “preghiere a bruciapelo  di Luís Espinal, qualcuno ha scritto che ci portano “a riavvivare in noi il desiderio di lottare per queste utopie sempre più screditate, a credere che un altro mondo è possibile. La nostra società ha bisogno di profeti come Luis Espinal, profeti della denuncia di ogni forma di ingiustizia e di sfruttamento, ma anche dell’annuncio della vittoria finale della giustizia e della vita”. Una di queste “Oraciones a quemarropa” vi proponiamo, nel congedarci, come nostra

 

PENSIERO DEL GIORNO

Passano gli anni, e se guardiamo indietro vediamo che la nostra vita è stata sterile. Non siamo passati facendo del bene; non abbiamo migliorato il mondo che ci avevano consegnato. Non lasceremo tracce. Siamo stati prudenti, e ci siamo presi cura di noi; ma, perché? Il nostro unico ideale non può essere: arrivare alla vecchiaia… / Signore, ci fa paura passare per la vita senza  lasciare tracce. Passare, lasciando solo una scia di fumo, come un reattore. / Stiamo risparmiando la vita, per egoismo, per viltà.  Sarebbe terribile sprecare questo tesoro di amore che Tu ci hai dato. / Signore rafforza il nostro amore. Dacci un amore esplosivo, che non si consumi in sentimentalismo, ma in azione. Ci fanno paura i piani, le frasi. Perché finiscono in parole. E, intorno a noi, continua il freddo e la notte. Sbriciolaci in amore. / Noi vogliamo un amore terribile, divino e onnipotente, che ci espropri di noi stessi. Noi amiamo Te, Gesù Cristo rivoluzionario, più violento con Te che con gli altri. / Siamo pieni di egoismo,  brucia il nostro essere. Vorremmo adempiere il tuo Testamento, il tuo comandamento unico: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati”. Vorremmo essere cristiani per davvero, forgiatori di un mondo nuovo; preparando già, da adesso, il cielo nuovo e la nuova terra che Tu hai annunciato. / Passano gli anni, e viene ormai meno la frenesia giovanile. Ci siamo abituati a vedere il mondo ingiusto come una cosa normale. Gesù Cristo, non ci vogliamo spendere solo in parole, inutilmente. (Luis Espinal, No ahorrarnos).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno, 22 Marzo 2010ultima modifica: 2010-03-22T23:09:00+01:00da fraternidade
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