Giorno per giorno – 21 Marzo 2010

Carissimi,

“Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?” (Gv 8, 3-5). A dire il vero, la Legge prescriveva che sia l’uomo che la donna sorpresi in adulterio dovevano essere messi a morte (cf Lv 20, 10). Ma, come sempre, la solidarietà maschile avrà dato tempo all’uomo di scappare o avrà suggerito comunque ai denuncianti di non fare in tempo a riconoscerlo. Ma, torniamo all’adultera – che si tratti di un racconto di Giovanni o, più probabilmente, originariamente, di Luca, approdato chissà come nel Quarto Vangelo, importa, a questo punto, poco. Chi è l’adultera? Forse, più che una semplice donna, rappresenta una figura collettiva, come è dato riscontrare altre volte nella Bibbia, soprattutto nella letteratura profetica: il popolo di Dio, Israele o, volendo farne un’attualizzazione, la stessa Chiesa. Stamattina, con Frei Mingas, nella chiesetta dell’Aparecida, si ricordava il profeta Osea, a cui Dio chiede di fare della sua storia il simbolo della relazione che l’Eterno ha con Israele: “Il Signore mi disse: Va’ ancora, ama la tua donna, anche se è adultera, come il Signore ama i figli d’Israele ed essi si rivolgono ad altri dèi” (Os 3, 1). A rigore, avrebbe dovuto dire: uccidila. E invece gli impone: amala. Dio dunque lascia inapplicata la sua stessa Legge. Anzi, ne promulga una nuova, che sancisce l’amore ad oltranza: “Continua ad amarla, nonostante tutto”. Come, appunto, Dio con noi. Ma, perché, allora, la Legge ordina di ucciderli, lei e lui, gli adùlteri? Forse ordina solo di uccidere gli adùlteri che ci portiamo dentro, gli adùlteri che siamo noi. Come gli scribi e i farisei del racconto che “adulteravano” l’immagine di Dio, negandone la sua più vera natura, la misericordia. Di essi, allora, quella povera donna è nient’altro che specchio. Specchio, dunque, anche della Chiesa? Certo, se è vero, com’è vero, che il Vangelo è parola diretta in primo luogo alla comunità dei discepoli. Il perdono dato alla donna è il perdono dato anche a noi che, arrossendo di vergogna, ci saremo nel frattempo allontanati dal luogo del troppo facile giudizio trinciato sui poveri cristi. In tempo, tuttavia, per sentire, le Sue parole: “Va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8, 11). Basta prostituirsi ad altri dèi, scendere a compromessi coi potenti, lasciarsi corrompere da interessati amanti, opprimere i poveri, tralasciare la giustizia, mentire, moltiplicare le violenze, calpestare gli innocenti, dimenticando Dio. Come succedeva ai tempi di Osea. O ai tempi di Gesù e in ogni tempo.   

 

I testi che la liturgia di questa V Domenica di Quaresima propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Isaia, cap.43, 16-21; Salmo 126; Lettera ai Filippesi, cap.3, 8-14; Vangelo di Giovanni, cap.8, 1-11.

 

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le Comunità e chiese cristiane, per impetrare il dono del rispetto reciproco, la valorizzazione di tutti i carismi, il riconoscimento dell’impegno che ogni componente del popolo di Dio pone nel testimoniare la Buona Notizia di Gesù.

 

21 BENTO.JPGIl 21 marzo, che segna per voi l’entrata nella primavera, e per noi l’inizio dell’autunno, ci porta la memoria del Transito di Benedetto da Norcia, padre del monachesimo occidentale. Noi, seguendo la maggior parte delle Chiese,  ne ricorderemo, tuttavia, la figura,  l’11 di Luglio.

 

 

Oggi ricordiamo, con la Chiesa anglicana, Thomas Cranmer, martire della Riforma

 

21 THOMAS CRANMER BIS.jpgThomas Cranmer era nato il 2 luglio 1489 a Aslockton, nella contea inglese del Nottinghamshire. Dopo gli studi a Cambridge, nel Jesus College, il giovane ottenne, nel 1510, il titolo di Maestro d’arti liberali, divenendo professore dello stesso collegio. Eletto nel 1533 arcivescovo di Canterbury, nell’annosa diatriba che opponeva in quegli anni la casa reale inglese alla Chiesa di Roma, circa la legittimità dello scioglimento del  matrimonio di Enrico VIII  e di Caterina d’Aragona, Cranmer si schierò a favore del re, sulla scia delle opinioni espresse dalla maggioranza delle principali università europee. Il papa reagì con la scomunica del re, di Anna Bolena, la sua nuova sposa, e dello stesso primate inglese. Negli anni successivi, Cranmer  continuò  a mostrare una forse eccessiva arrendevolezza nei confronti dei desideri di Enrico VIII: fu favorevole alla condanna di Anna Bolena, al divorzio da Anna di Cleves (che comportò la condanna al patibolo del Lord Cancelliere Thomas Cromwell), e al processo ed esecuzione della quarta moglie, Caterina Howard.  Dopo la morte di Enrico VIII, durante il regno di Edoardo VI, Cranmer curò la pubblicazione  del Book of Common Prayer (il Libro della Preghiera Comune), compilato per semplificare i libri di preghiere e di funzioni religiose in latino e risalenti al periodo medioevale. Coinvolto nella lotta per la successione al re Eduardo VI, Cranmer appoggiò, sia pur controvoglia, le pretese della cugina del re, Lady Jane Grey. Ma, sfortunatamente per lui, salì al trono la figlia di Enrico VIII e Caterina d’Aragona, la cattolica Maria Tudor. La cui vendetta fu pronta e dura. Accusato di tradimento, l’arcivescovo fu condannato a morte. Se la sentenza non venne eseguita subito, fu solo perché, nel frattempo, Cranmer fu raggiunto anche  dall’accusa di eresia.  Durante il processo, nella speranza di salvarsi la vita, arrivò a firmare un’abiura scritta, ma fu ugualmente condannato. Il 21 marzo 1556, dopo aver ritrattato la sua precedente abiura, Cranmer si diresse al rogo preparato per lui, ad Oxford, con calma e coraggio e, prima che le fiamme lo investissero, stese la mano destra, dicendo: “Giacché la mia mano ha recato offesa, scrivendo il contrario di quello che sentiva il mio cuore, sarà la mia mano la prima ad essere punita”. La Chiesa d’Inghilterra lo ricorda come martire.

 

21 sharpeville.jpgOggi ricorre la Giornata internazionale contro il razzismo (promossa dall’Onu nel ricordo del massacro avvenuto a Sharpeville, in Sudafrica, il 21 marzo 1960). Siamo sollecitati a chiederci quanto il linguaggio, i discorsi, gli atteggiamenti e le categorie mentali che ci caratterizzano in casa, a scuola, sul posto di lavoro, o altrove, diano fiato a luoghi comuni, pregiudizi, diffidenza e disprezzo, contribuendo ad erigere nuovi muri di separazione, di intolleranza e di violenza. E per chiederci cosa potremmo fare per cambiare noi stessi e il brutto mondo che ci costruiamo intorno.

 

Noi ci si congeda qui, con il brano di un sermone, pronunciato il 22 gennaio 2oo9, nella cattedrale di Westminster, da Rowan Williams,  successore di Thomas Cranmer sulla cattedra di Canterbury, in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. A commento dei versetti del Vangelo di Giovanni: “Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore” (Gv 10, 16). È questo, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Se vogliamo imparare  e trasmettere la voce di Gesù, dobbiamo passare del tempo in sua compagnia perché il suo accento e il tono della sua voce diventino nostri. Noi ascoltiamo il Vangelo e qual è l’accento che udiamo, qual è il tono che apprendiamo? È una voce terribilmente critica dell’autoinganno costituito da tante forme di religiosità, terribilmente critica di ogni autogiustificazione e autosoddisfazione. È una voce che può anche suonare adirata davanti alla sofferenza dei figli di Dio. È una voce che penetra attraverso infinite barriere ed ostacoli, per parlare una parola d’amore a chi è colpevole o perduto. È una voce che sulla croce, in una sofferenza inimmaginabile, grida a Dio Padre e tace dopo un grande grido. Ed è la voce immediatamente riconoscibile ai discepoli il Giorno di Pasqua, quando pronuncia la parola “Pace”. “La pace sia con voi”, il primo saluto del Cristo risorto. E così, se cerchiamo di ascoltare davvero, saranno quelli i  toni e  gli accenti che apprenderemo, e ad echeggiare i quali addestreremo le nostre voci. O, meglio, se avremo ascoltato abbastanza intensamente – abbastanza silenziosamente, abbastanza pazientemente e abbastanza amorosamente –  questo sarà ciò che echeggerà nei nostri cuori e sarà così udito nelle nostre voci. Senza questo non c’è riconciliazione. Perché se è vero che solo la Parola di Dio può portare la pace finale nei nostri terrori, nelle nostre guerre e nelle nostre rivalità, è solo quando noi restiamo silenziosi in attesa di quella Parola, che Dio può penetrare e mutare le cose. Possa Dio darci tutto il silenzio e la pazienza necessari per ascoltare. Possa il Padre insegnarci a parlare con gli accenti di suo Figlio, e a pronunciare nel nome di suo Figlio quelle parole che abbatteranno ogni barriera. Possiamo noi imparare sempre di nuovo ad ascoltare insieme, ad ascoltarci reciprocamente; e allora per grazia e dono di Dio ci sarà un solo gregge e un solo pastore. (Rowan Williams, Sermon at Vespers in Westminster Cathedral during the Week of Prayer for Christian Unity).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 21 Marzo 2010ultima modifica: 2010-03-21T23:54:00+01:00da fraternidade
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