Giorno per giorno – 11 Marzo 2010

Carissimi,

“Si può forse strappare la preda al forte? Oppure può un prigioniero sfuggire al tiranno? Eppure dice il Signore: Anche il prigioniero sarà strappato al forte, la preda sfuggirà al tiranno. Io avverserò i tuoi avversari; io salverò i tuoi figli” (Is 49, 24-25). Era scritto nella profezia di Isaia e la replica di Gesù ai suoi interlocutori (che Marco, nel racconto parallelo a questo di Luca, dice essere scribi), ha gli stessi accenti: “Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino” (Lc 11, 21-22). La buona notizia è questa: nonostante gli sguardi di sufficienza, i sospetti malevoli, la radicale incomprensione nei confronti di chi lo pone in essere, l’inatteso e l’insperato comincia ad accadere: i  muti, liberati dai demoni che li costringevano a tacere, ritrovano coraggio, riscoprono la loro dignità, rialzano la testa,  e iniziano a parlare, a profetizzare; se vogliamo dirlo con linguaggio di oggi, a denunciare, rivendicare e agire a nome e a favore di tutti. Quando questo avviene, sappiamo per certo che colui che noi chiamiamo Gesù, “il più forte” (v.22), la Parola viva capace di trasformare ogni realtà malata,  è presente, e noi possiamo allora disporci a scrivere con le nostre scelte e le nostre vite non una storia qualsiasi, ma la storia di Dio nella storia degli uomini.  “Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde” (v.23). È una parola di una straordinaria severità, che condanna senza mezzi termini i tentennamenti, la ricerca del quieto vivere, l’appoggiarsi alle ragioni di chi ci pare sufficientemente forte per proteggere e favorire noi e i nostri e gli altri si arrangino; i demoni del mutismo, insomma, della connivenza, della convenienza e dell’omertà. Mentre Lui era venuto (e  viene ogni volta) a liberarcene per sempre.  Noi, suoi discepoli, sua Chiesa.  Solo a patto che. Se no, saremo contro di Lui. Inequivocabilmente.    

 

Oggi noi facciamo memoria di James Reeb, pastore e martire per la giustizia negli Stati Uniti.

 

11 JAMES REEB.jpgJames Reeb era nato a Wichita, nello Stato del Kansas (USA), il 1° gennaio 1927. Pastore unitariano, Reeb era militante nel movimento per i diritti civili. Chi lo conobbe lo descrive come una persona sensibile e benevolo con tutti, e uno spirito costantemente in ricerca. Era stato cappellano presbiteriano in un Ospedale di Filadelfia, poi pastore ausiliare della Chiesa Universalista Unitariana a Washington, dove aveva profuso le sue energie soprattutto nell’impegno sociale.  Fu lì che scoprì la sua vocazione, maturando la decisione di trasferirsi a Boston, per lavorare in un progetto della Società degli Amici (Quaccheri) a favore della popolazione afro-americana. Nel marzo 1965, Martin Luther King indisse una marcia di protesta per affermare il diritto al voto della popolazione negra dell’Alabama. La manifestazione, proibita dal governatore George Wallace, doveva partire da Selma per raggiungere la capitale, Montgomery. Il primo tentativo fu selvaggiamente respinto dalla polizia il 7 marzo. Le immagini del brutale intervento furono trasmesse dalle televisioni di mezzo mondo ed anche James Reeb le vide. Ne fu scosso a tal punto che decise di prendere il primo volo per essere anche lui presente e dare il suo  sostegno a quella mobilitazione. La sera del 9 marzo, lui e altri due pastori, si stavano recando alla chiesa dove era previsto un discorso di King, quando furono affiancati da quattro uomini bianchi: “Negri, ehi, negri, un momento….”. Fu inutile affrettare il passo. Una raffica di bastonate si abbattá sui tre malcapitati. Per Reeb non ci fu nulla da fare. Perse immediatamente conoscenza. Sarebbe morto, l’11 marzo, all’ospedale di Birmingham, lasciando la moglie, Mary, e quattro figli, John, Karen, Anne e Steven. Il processo che portò alle sbarre tre dei responsabili dell’aggressione, si concluse, dopo una riunione in camera di consiglio durata un’ora e mezza, con la sentenza di assoluzione.  In una Autobiografia di Gandhi che teneva con sé, Reeb aveva a suo tempo sottolineato queste parole: “Tutti i piaceri e i possessi impallidiscono e diventano nulla a confronto con il servizio reso in spirito di gioia”.

 

I testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Geremia, cap.7, 23-28; Salmo 95; Vangelo di Luca, cap.11, 14-23.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

Our lives begin to end the day we become silent about things that matter”, ovvero “Le nostre vite cominciano a finire il giorno in cui risolviamo di tacere sulle cose che importano”. È una citazione di Martin Luther King Jr. Che forse vi potrà aiutare in queste giornate così cruciali per il vostro Paese, in ordine alla salvaguardia del tessuto democratico e della residua dignità delle istituzioni. Poi, dato che non abbiamo a disposizione testi di James Reeb, ve ne offriamo uno del Pastore battista Premio Nobel per la Pace, che ne ispirò comunque la testimonianza. Ci pare anche questo assai attuale ed è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Molte persone temono, più di ogni altra cosa, il fatto di assumere una posizione che si distingua decisamente e chiaramente dall’opinione prevalente. La tendenza dei più è quella di adottare un punto di vista così ambiguo da includere tutto e così popolare da includere tutti. Insieme a questo si è sviluppato un culto spropositato per la grandezza. Viviamo in un’epoca di “gigantismo”, dove gli uomini trovano la loro sicurezza in ciò che è grande ed esteso – grandi città, grandi edifici, grandi aziende. Questo culto delle dimensioni ha indotto molti a temere di essere identificati con un idea di minoranza. Non pochi uomini, che hanno a cuore nobili e alti ideali, li nascondono sotto il moggio, per paura di essere chiamato diversi. Molti sinceri bianchi del Sud che si oppongono in privato alla segregazione e alla discriminazione, cedono però al timore di essere biasimati in pubblico… Molti giovani fondamentalmente buoni e integri accettano di lasciarsi coinvolgere in imprese  disoneste che essi personalmente non giustificano e neppure ne godono, solo perché si vergognano di dire no quando il gruppo dice sì. Quante persone hanno il coraggio di esprimere pubblicamente le loro convinzioni, e quante invece si lasciano “astronomicamente intimidire”! (Martin Luther King, Jr., Strength to Love).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 11 Marzo 2010ultima modifica: 2010-03-11T23:33:00+01:00da fraternidade
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