Giorno per giorno – 10 Marzo 2010

Carissimi,

Il salmo responsoriale di oggi, così come lo cantiamo noi, dice “Ao povo revelou palavras de amor: a sua Lei nos deu e o Mandamento seu; com ninguém fez assim, amou até o fim” (Sal 147, 19-20). E cioè: “Al popolo ha rivelato parole d’amore: ci ha dato la sua Legge e il suo Comandamento; con nessuno ha fatto così, ha amato sino alla fine”. Che non rispecchia rigorosamente il testo originale del salmo, ma, ne siamo convinti, trasmette il suo significato più vero. La Bibbia, quella che nel linguaggio di Gesù è sintetizzata nell’espressione “la Legge e i Profeti” (Mt 5, 17), è un grande romanzo d’amore e può essere letta solo così, anche e soprattutto nelle sue pagine terribili, pena un suo radicale fraintendimento. E finché questo non ci sarà chiaro, sarà il caso di tornarci sempre di nuovo sopra e soffermarvicisi, fino a trovarne la soluzione.  Che per noi cristiani ha un nome: Gesù. Ed è ciò che lui ci dice oggi: “Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento” (Mt 5, 17). Allora, anche i precetti, i seicentotredici fatidici precetti che i Maestri d’Israele ricavarono dalla Torah, 248 positivi (fai questo, quest’altro e quest’altro), quanti le membra del corpo umano e 365 negativi (non fare questo, né questo, né questo), quanto i giorni dell’anno solare, vogliono solo ricordarci che non c’è un gesto, un’azione, un momento della nostra vita che non possa essere per noi l’occasione di manifestare a Lui (il più delle volte attraverso i nostri fratelli) l’amore e la gratitudine che gli portiamo. Per la Parola d’amore che Lui è nelle nostre vite,

 

Oggi la Chiesa fa memoria dei Quaranta Martiri di Sebaste, in Armenia; il martirologio latinoamericano ricorda Elías del Socorro Nieves del Castillo, José Dolores e José de Jesús Sierra, martiri in Messico, e noi ci aggiungiamo Harriet Tubman, che fu Mosè per il suo popolo.

 

10_MÁRTIRES_DE_SEBASTE.JPGMelezio, Aezio e Eutichio sono i primi nomi dei quaranta martiri, che ricordiamo oggi. Erano tutti soldati cristiani, provenienti da diverse regioni. Facevano parte della Legione Fulminante, stanziata nei pressi di Sebaste, in Armenia (oggi Sivas, in Turchia). Nell’anno 320, Licinio, imperatore d’Oriente, temendo che la diffusione del cristianesimo, facilitata dall’Editto di Tolleranza da lui sottoscritto assieme a Costantino, potesse mettere a repentaglio la stabilità dell’Impero, tornò ad imporre ai suoi sudditi la religione imperiale. Questo si tradusse, per militari e funzionari pubblici, nell’obbligo di rendere omaggio all’imperatore, bruciando incenso davanti alla sua effigie. Rifiutarsi significava la morte. I quaranta legionari che erano uomini di fede e di fegato, dissero no. Furono perciò disarmati e imprigionati, come pericolosi sovversivi. In carcere scrissero, insieme, il loro testamento, chiedendo di essere sepolti in una fossa comune per restare uniti in morte come lo erano stati in vita. Furono condannati ad essere immersi, nudi, in uno stagno gelato. Il prefetto Agricola, per incentivarne la defezione, fece preparare accanto allo stagno un bagno caldo, dove chiunque rinnegasse la sua fede potesse trovare ristoro. Il racconto ci dice che uno solo uscì dallo stagno, ma, in compenso, uno dei soldati di guardia, colpito dal coraggio degli altri trentanove, scelse di aggiungersi ad essi, ricevendo con loro la corona del martirio.

 

10 Nieves.jpgMateo Elías Nieves del Castillo nacque il 21 settembre 1882 a Yuriria, nello Stato di Guanajuato, in Messico, dove i suoi genitori, Rita e Ramon, erano agricoltori. Rimasto orfano di padre, ucciso durante una rapina, Mateo Elías dovette abbandonare gli studi per lavorare nella tenuta di famiglia. Il che non gli impedì di impegnarsi nell’azione pastorale della sua parrocchia. Nel 1904, ventiduenne, ottenne di entrare nel seminario agostiniano di Yuriria, dove riprese, con grande fatica e molta buona volontà, gli studi interrotti. Emise la sua professione religiosa nel 1910, assumendo il nome di Elias del Socorro,  e fu ordinato sacerdote il 9 aprile 1916. Nel 1921, fu inviato a La Cañada de Caracheo, una comunità povera e semplice di tremila persone, nel municipio di Cortazar, al cui servizio il giovane frate si spese da subito con passione ed entusiasmo. Quando nel 1926 iniziò in Messico la persecuzione nei confronti della Chiesa cattolica, Elias rifiutò di obbedire all’ordine governativo di recarsi nella capitale, preferendo restare a condividere il destino della sua gente. Protetto dalla complicità dei fedeli, il prete riuscì a restare nascosto 14 mesi in una grotta, dove i fedeli si riunivano per pregare, ascoltare la parola del Vangelo, celebrare l’Eucaristia. Il 7 marzo 1928, il nascondiglio fu scoperto e padre Nieves arrestato. Erano con lui due laici della sua comunità, José Dolores e José de Jesús Sierra. Questi, benché lasciati liberi dalle guardie, rifiutarono di abbandonare il loro pastore. Sulla strada per Cortazar, l’ufficiale che comandava il plotone ordinò di fucilare i due contadini, che morirono gridando: Viva Cristo Re!. Successivamente, giunti in località “El Llano”, il capitano disse al frate: È arrivata la tua ora. Padre Elias, allora, pregò, recitò il Credo, benedisse i soldati e disse loro parole di perdono, poi diede il suo orologio al capitano e stese le braccia in attesa della scarica fatale. Era il 10 marzo 1928.

 

10 H. Tubman.jpgAraminta Harriet Ross era nata nella Contea di Dorchester, nel Maryland, nel 1820 o 1821. Era figlia di Benjamin Ross e di Harriet Greene, che lavoravono come schiavi nelle tenuta della famiglia Brodas. La storia di Mosè,  che Dio aveva inviato a liberare i figli d’Israele dalla schiavitù d’Egitto, segnò profondamente l’immaginazione infantile di Harriet,  costretta ad assistere alle angherie che i bianchi riservavano alla sua gente. Sempre pronta a prodigarsi per gli altri, un giorno che era intervenuta per proteggere un bracciante dalla furia di un sorvegliante, fu raggiunta da un blocco di ferro alla testa. Rimase per alcuni giorni tra la vita e la morte, poi si riprese, ma le conseguenze di quel colpo l’avrebbero accompagnata per il resto della vita. Nel 1844, giovane donna, sposò John Tubman, un uomo libero, che abitava in una baracca vicina alla piantagione, dove anch’essa passò a vivere. Da allora, la donna, cominciò a meditare di fuggire, senza però riuscire a convincere il marito, che temeva i rischi dell’avventura. Contando sulla complicità di una donna quacchera, nel 1849, Harriet decise di fuggire da sola. Viaggiando di notte, avendo come unico riferimento la stella polare, la donna attraversò finalmente il confine della Pennsylvania e raggiunse poi Filadelfia, dove cominciò a lavorare, nella speranza di mettere da parte i soldi necessari, per tornare al sud e liberare i suoi famigliari. A Filadelfia conobbe William Still, un abolizionista, legato alla “Ferrovia sotterranea”, un’organizzazione clandestina che forniva cibo, vestiti,  e trasporto agli schiavi in fuga per il Nord. Harriet entrò così anche lei nella rete, divenendone una delle guide. Tra il 1850 e il 1860, riuscì a mettere da parte le somme necessarie per compiere 19 viaggi e mettere in salvo circa trecento schiavi. Durante la Guerra Civile, la Tubman lavorò nell’esercito dell’Unione come infermiera, guida, spia. Dopo la guerra, si ritirò a vivere nella casa che aveva ad Auburn, nello Stato di New York. Rimasta vedova di John Tubman nel 1867, due anni più tardi sposò un ex-schiavo e soldato dell’Unione, Nelson Davis. Dopo la scomparsa di questi, avvenuta nel 1888, Harriet continuò ad aiutare malati, poveri e neri senzatetto, e ad appoggiare i loro sforzi per conquistare il diritto al voto. Fino alla sua morte, il 10 marzo 1913.

 

I testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro del Deuteronomio, cap.4, 1. 5-9; Salmo 147B; Vangelo di Matteo, cap.5, 17-19.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita nella testimonianza  per la pace, la fraternità e la giustizia.

 

A mezzogiorno abbiamo ricoverato d’urgenza la nostra all’ospedale São Pedro per un principio d’infarto. Verso sera, comunque, i medici ci hanno abbastanza tranquillizzati. Lúcia, invece, benché colpita  da dengue, non ha potuto essere internata, perché l’ospedale è sprovvisto dei medicinali necessari per il suo trattamento. Forse anche a causa del numero elevato di casi che si sta registrando. Dovrà cavarsela con medicine naturali, riposo assoluto e fede in Dio.  Noi mettiamo entrambe le nostre amiche nella vostra preghiera.

 

“Le sembrava di sentire sempre vicina la presenza di Dio e parlava con Dio come un uomo parla con il suo amico. La sua non era una religione da preghiere del mattino e della sera,  a orari stabiliti, ma quando sentiva un bisogno, semplicemente ne parlava a Dio, e confidava che Lui avrebbe sistemato tutto”. Lo scriveva Sarah H. Bradford di Harriet Tubman, nella biografia che le aveva dedicato, apparsa con il titolo “Harriet, the Moses of her people”, disponibile in rete. Da questo stesso libro, nel congedarci, prendiamo un brano con una confessione della stessa Harriet, che ne testimonia la fede semplice e la preghiera ingenua e spontanea. È questo, per oggi, il nostro   

 

PENSIERO DEL GIORNO

Quando sono stata costretta a letto malata, da Natale fino a Marzo, io pregavo sempre per il povero vecchio padrone. Mi sembra di non aver fatto che pregare per il vecchio padrone: “Oh, Signore, converti il vecchio padrone!”, “Oh, caro Signore, cambia il cuore di quell’uomo e fai di lui un cristiano”. E durante tutto questo tempo lui continuava a portare altri uomini che mi guardavano e se ne stavano lì in piedi dicendo quanto avrebbero dato e cosa avrebbero preso, e tutto ciò che io potevo dire era: “Oh, Signore, converti il vecchio padrone”. Poi, un giorno ho sentito dire che appena fossi stata in grado di muovermi dovevo essere mandata con i miei fratelli, giù al Sud, con le squadre di schiavi che lavoravano in catene. Allora ho cambiato la mia preghiera e dicevo: “Signore, se non ti riesce di cambiare il cuore di quell’uomo, fallo morire, Signore, e portatelo via, perché non possa più fare del male a nessuno”. Dopo di che ho saputo che il vechio padrone era morto. Ed è morto proprio come era vissuto, da uomo malvagio, cattivo. Oh, allora mi è sembrato che avrei dato un mondo pieno di oro e di argento, se l’avessi avuto, per riportare indietro quella povera anima; avrei dato me stessa; avrei dato ogni cosa! Ma lui se n’era andato, io non potevo più pregare per lui. (Sarah H. Bradford, Harriet, the Moses of her people).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 10 Marzo 2010ultima modifica: 2010-03-10T23:36:00+01:00da fraternidade
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