Giorno per giorno – 09 Febbraio 2010

Carissimi

“Gesù rispose loro: Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: ‘Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini’. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini” (Mc 7, 6-8). Oggi hanno arrestato da voi p. Carlo D’Antoni, parroco di Bosco Minniti, provincia di Siracusa. Che ha scelto di non trascurare il comandamento di Dio e di non piegarsi alle dottrine e alle mode di questo nostro  tempo.

 

Il nostro calendario ci porta la memoria di Marone, eremita, di Padre Dimitri Klepinine, martire ortodosso nei lager nazisti, e di Felipe Balam Tomás, martire al servizio dei più poveri. 

 

09 MARONE.jpgDel monaco Marone, vissuto tra il IV e il V secolo, soppiamo pochissimo. Ammirato da Giovanni Crisostomo, visse come eremita nel deserto siriano, spendendo il suo tempo nella preghiera e nelle pratiche ascetiche. Assai ricercato come maestro spirituale, esercitò un grande influenza sul movimento monastico nella regione di Cirro e di Aleppo.  Morì dopo breve malattia e fu sepolto nel monastero di Beth-Morum, nella regione siriana di Apamea, presso la sorgente del fiume Oronte. Sarà qui che, qualche secolo più tardi, cristiani di fede calcedonese, in seguito all’invasione araba della Siria, daranno vita alla chiesa maronita, che venera Marone come suo fondatore.

 

09 DIMITRI KLEPININE.jpgDimitri Adreïevitch Klépinine era nato il 14 aprile 1904 a Piatigorsk, nel Caucaso, da  Sophia Alexandrevna Stépanova e Andreï Nikolaïevitch Klépinine. Colpito, ancora bambino, da una grave forma di polmonite, ne restò a lungo indebolito nel fisico e segnato nello spirito da questa esperienza di sofferenza. Allo scoppio della Rivoluzione, la famiglia si trasferì dapprima a Odessa, poi a Costantinopoli e, nel 1921, a Belgrado, in Serbia. Nel 1923, la morte della madre contribuì ad avvicinare ancor più il giovane alla Chiesa ortodossa. Nel 1925 Dimitri s’iscrisse all’Istituto di Teologia San Sergio, da poco fondato a Parigi, sotto la direzione di P. Serge Boulgakov. Dopo un periodo trascorso a New York e a Bratislava, nel 1934 fece ritorno a Parigi, dove per guadagnarsi la vita si adattò ad esercitare i mestieri più diversi, manovale, lavamacchine, lucida-pavimenti. Nello stesso tempo prese a frequentare gli ambienti dell’Action Chrétienne des Etudiants Russes (ACER), dove conobbe Tamara Fédorovna Baïmakova, che nel 1937 divenne sua moglie. Insieme avranno due figli, Hélène e Paul. Nello stesso anno  Dimitri fu ordinato diacono e successivamente prete. Nel giugno 1940 i tedeschi giunsero a Parigi. Quando nel 1942, s’intensificarono le persecuzioni contro gli ebrei, sapendo che i certificati di battesimo avrebbero potuto aiutarli, non esitò a rilasciarne ottanta, per sottrarre così almeno alcuni dei suoi sfortunati fratelli alla deportazione. L’8 febbraio 1943, tuttavia, i tedeschi, perquisendo un suo collaboratore, il giovane figlio di Madre Maria Skobtsova, Youri, trovarono un biglietto indirizzato a padre Dimitri, in cui una donna ebrea chiedeva un certificato di battesimo. Presentatosi alla Gestapo, per ottenere il rilascio del giovane, e interrogato sulla sua attività in favore degli ebrei, rispose che ciò che faceva era suo dovere di cristiano. L’ufficiale che lo interrogava, schiaffeggiandolo, gli gridò: Come osi dire che aiutare questi porci è un dovere cristiano?”. Padre Dimitri, ritrovando il suo equilibrio, gli mostrò la croce pettorale egli disse: “E questo ebreo, voi lo conoscete?”. Fu di nuovo colpito violentemente in volto. Inviato nel campo di prigionia di Compiègne, fu, nel dicembre 1943, trasferito a Buchewald. Rifiutando i pochi privilegi che gli potevano derivare dalla nazionalità francese, scucì dalla divisa la F che la designava, sostituendola con il contrassegno dei prigionieri sovietici, per condividere la sorte più dura riservata ai suoi compatrioti. Durante un interminabile appello all’aperto, mentre soffiava un vento glaciale, P. Dimitri contrasse una pleurite, che lo portò alla morte il 9 febbraio 1944.

 

09 Felipe Balam Tomás.jpgFelipe Balam Tomás era un giovanissimo religioso della Congregazione dei Missionari della Carità. Aveva solo 18 anni, quando, il 9 febbraio 1985,  fu sequestrato dalle forze di sicurezza governative nel villaggio Las Escobas, municipio di San Martín Jilotepeque, nel dipartimento di Chimaltenango. Stava animando una celebrazione della Parola, quando tre uomini armati entrarono in chiesa e lo portarono via a forza. Per ottenerne la liberazione si mosse il Nunzio apostolico, e l’arcivescovo di Città del Guatemala, Próspero Penados del Barrio, ma inutilmente. Felipe sparì nel nulla, donando la sua vita di poco più che adolescente, perché anche altri, a partire dalla fede nel Dio della vita, lottassero per la liberazione dei fratelli.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

1° Libro dei Re, cap. 8,22-23.27-30;  Salmo 84; Vangelo di Marco, cap.7,1-13.

 

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

 

È tutto per stasera. Noi ci si congeda qui, lasciandovi al brano di una lettera di P. Dimitri Klepinine all’amica Sophie Chidlovski, tratta dalla biografia scritta dalla figlia Hélène Arjakovsky-Klepinine, apparsa con il titolo Et la vie sera amour. Destin et lettres du père Dimitri Klepinine” (Cerf / Le Sel de la Terre). La troviamo nel sito di Pages orthodoxes ed è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Ricordati: san Paolo dice che l’amore è il fondamento della legge. L’Antico Testamento non esplicita praticamente questo amore nella legge; stabilisce soltanto relazioni giuste tra gli uomini e tra gli uomini e Dio. Tale è anche l’amore umanistico moderno: è un mezzo o una forza che organizza e trasforma la vita. In entrambi i casi, questo dipende dal fatto che gli uomini sono incapaci di fare spazio sufficiente in loro a questo amore. Ma, in realtà, l’atteggiamento di Dio verso gli uomini è sempre lo stesso, perché Dio non cambia. Nel Nuovo Testamento, tuttavia, il senso utilitaristico dell’amore scompare. Così, i comandamenti sulla tunica che si chiede e il mantello che non si chiede, del miglio che si chiede di percorrere e del secondo miglio che non  è richiesto. In questo caso, colui che dà dimentica il motivo del suo dono e si concentra sulla persona del richiedente; allora scompare il confine tra l’io e l’altro. Il vertice, senza dubbio, è raggiunto con la lavanda dei piedi dei discepoli e la passione sulla croce. Questa è anche il caso della parabola del figlio prodigo: l’Antico Testamento si limita al desiderio del figlio di tornare da suo padre come servitore, mentre Dio mostra la pienezza del suo rapporto con l’uomo rivestendolo di una tunica sontuosa, mettendogli l’anello al dito, e sacrificando per lui il vitello grasso. È significativo che, nella vita del secolo avvenire, non vi sarà più né fede, né speranza: resterà solo l’amore liberato da ogni utilitarismo. Questo amore è, innegabilmente, il contenuto stesso della vita, poiché la vita è stata creata dall’amore – Dio è amore – ed essa consiste nel tornare al suo primo fondamento: l’amore. Tutto il resto non è che una verifica che la volontà si muove in questa direzione ed effettua questo ritorno. Tutto il positivo crede a partire dall’amore, tutto il negativo – espressione distorta dell’amore – è un parassita sul corpo dell’amore. Questa è dunque l’origine di tutti i peccati, la cui conseguenza è la sofferenza: l’allontanamento dall’amore. La mia maniera di considerare il peccato può essere eretica, ma trovo che c’è qualcosa di peggiore del peccato: un amore interessato, un amore per Dio e per gli uomini senza un romanzo d’amore. È spaventoso, perché lo scopo della vita è il ritorno alla sorgente dell’amore che è Cristo. Il peccato puo sfociare nella consapevolezza del vuoto, mentre un amore interessato è un’eresia che fa della vita un fine in sé e dell’amore un’armonia. In realtà, la vita è destinata a mettere l’amore alla prova. Nella vita del secolo venturo, la vita sarà amore, l’amore sarà vita. (Hélène Arjakovsky-Klepinine, Et la vie sera amour. Destin et lettres du père Dimitri Klepinine).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 09 Febbraio 2010ultima modifica: 2010-02-09T23:29:00+01:00da fraternidade
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