Giorno per giorno – 16 Dicembre 2009

Carissimi,

“Giovanni chiamati due dei suoi discepoli li mandò a dire al Signore: Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro? Venuti da lui, quegli uomini dissero: Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” (Lc 7, 18-19). Più che il dubbio di Giovanni Battista, o le perplessità dei suoi discepoli, al tempo di Luca, il Vangelo vuol sapere da noi qual è il Dio che aspettiamo o in cui crediamo, e  perciò qual è l’orientamento di fondo che vogliamo dare alle nostra vita. È un Dio che (per carità, sempre a fin di bene!) s’impone, magari minaccioso, agli altri o, piuttosto, un Dio che si offre come impulso alla compassione, energia di cura, forza di liberazione? Perché, il nostro modo di essere cristiani, e chiesa, o semplicemente persone umane, rifletterà l’ immagine che noi ci siamo fatti di Dio, cioè del significato ultimo della nostra vita e, eventualmente,  del nostro stare insieme alla sequela di Gesù. È per essere sicuro che i discepoli di Giovanni non lo fraintendano che Gesù, prima di rispondergli con parole anche belle, gli fa vedere come agisce Dio, attraverso il suo Messia: “I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia” (Lc 7, 22). E aggiunge: “E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!” (v.23). A ragione, perché un Dio così scandalizza, cioè, spiazza, tutti: non aiuta né il potere civile a mantenere ordine, né le gerarchie religiose a garantirsi ascendente e autorevolezza sui loro greggi (e connessi favori dal potere civile), e neppure i profeti da lui inviati, spesso più interessati (se non altro per motivi di audience) a vedere confermate le loro fosche previsioni, che accolti gli appelli (alla conversione) che le avevano motivate. Per tutti costoro Dio, quel Dio (e il suo rappresentante), è quanto meno un ostacolo. Ed un imperdonabile ingenuo, dato che se ne approfitteranno tutti, meno, appunto, loro. Ma, che farci?  Del resto è Lui Dio, e su questo non lo smuove nessuno.  

 

Il nostro calendario, benché la ricorrenza cadesse in realtà ieri, ci porta oggi la memoria di Rabbi Dov Bär di Mètzeritch, mistico ebreo, e di Isaac de Castro Tartas e compagni, martiri ebrei dell’Inquisizione.

 

16 Magghid.jpgDov Bär nacque a Lukatch, in Volinia (Ucraina), nel 1704. All’età di cinque anni, vedendo la madre disperarsi davanti all’incendio della casa, le chiese: “Mamma, è giusto che tu soffra così per la perdita di una casa?”. Lei gli rispose: “Non è per la perdita della casa, ma perché è stato distrutto un documento che provava  la nostra discendenza da Rabbi Yochanan HaSandlar, che era un discendente diretto del re David” . “Se è per questo – replicò il bambino – con l’aiuto di Dio, darò io origine per voi ad una nuova dinastia”. Completati gli studi, Dov Bär si sposò ancor giovane, guadagnandosi da vivere come maestro in un piccolo villaggio e dedicandosi sempre più allo studio della Torah e dei misteri della Kabbalah. Come molti altri maestri dei chassidim, inizialmente combattè il movimento chassidico, ma a partire dal momento in cui, gravemente malato, accettò il suggerimento di recarsi dal famoso Baal Shem Tov, che aveva fama di guaritore, ne divenna il più acceso sostenitore, fino ad assumere, alla morte di quest’ultimo, la successione alla sua guida. Stabilitosi a Metzeritch, fece di questa città il nuovo centro del Chassidismo. Sotto la sua guida, il movimento si diffuse rapidamente, nonostante i numerosi avversari. I suoi discepoli si diedero a percorrere l’intera regione, recando a tutti il messaggio di speranza, consolazione, fede e soprattutto di gioia nel servizio di Dio e nel compimento dei precetti. Rabbi Dov Bär morì ad Hanipol il 19 di Kislev 5532 (15 dicembre 1772).

 

16 Rogo.jpgIsaac de Castro Tartas era nato nel 1626 nel sud della Francia, dove i genitori, portoghesi, si erano rifugiati. Trasferitosi ad Amsterdam, a sedici anni decise di partire con uno zio materno per il Brasile, allo scopo di convincere gli ebrei costretti a battezzarsi a far ritorno alla Legge mosaica. Giunse a Recife con un bagaglio culturale di tutto rispetto, versato in latino, ebraico, portoghese, spagnolo e in medicina. Durante un viaggio in Bahia, allora sotto controllo portoghese, fu accusato di aver rinnegato il battesimo per tornare alla pratica religiosa dei padri. Arrestato, fu trasferito a Lisbona per essere processato dal tribunale dell’Inquisizione. Invitato ad apostatare, si rifiutò. Fu perciò condannato al rogo assieme ad altri cinque ebrei, mentre altri sessanta loro compagni furono condannati alla prigione perpetua.  La condanna venne eseguita il 15 dicembre 1647. Le cronache del tempo raccontano che, mentre bruciava, il ventunenne Isaac gridava a gran voce e con grande devozione le parole dello Shemah Israel… (Ascolta, Israele), che costituisce la professione di fede ebraica. I testimoni che, raccontando il fatto, ne riferivano le parole, preoccuparono non poco l’Inquisizione che, ossessionata, proibì ai cristiani di pronunciare la formula dello Shemah, che riprende testualmente alcuni versetti del libro del Deuteronomio (Dt 6, 4-9).

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Isaia, cap. 45,6-8.18.21-25; Salmo 85; Vangelo di Luca, cap. 7,18b-23.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con i cercatori dell´assoluto, lungo i sentieri non istituzionali della lotta per la giustizia, la pace, la comprensione tra popoli e individui.

 

Si è fatto tardi. Così noi ci si congeda con una citazione piccola piccola del  Rabbi Dov Bär di Mètzeritch, tratta da “I racconti dei Chassidim” (Garzanti) di Martin Buber. È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Il Magghid di Mesritsch diceva: “Ogni serratura ha la chiave adatta che la  apre. Ma ci sono dei ladri forti che sanno aprire senza chiave: sforzano la serratura. Così ogni segreto del mondo si può aprire con la particolare meditazione adatta. Ma Dio ama il ladro che sforza la serratura: costui è l’uomo che si rompe il cuore per Dio”. (Martin Buber, I racconti dei Chassidim).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 16 Dicembre 2009ultima modifica: 2009-12-16T23:58:00+01:00da fraternidade
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