Giorno per giorno – 13 Dicembre 2009

Carissimi,

“Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore. Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per  te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia, come nei giorni di festa”(Sof 3, 14-18a). È tutta all’insegna dell’allegria questa domenica, la nostra e la sua. Come ci si ritrovasse dopo tanto tempo che si è stati lontani. Come quella che ci raccontava Dulcy (abbiamo scoperto solo oggi che si chiama così, e non Durce), quando, per strada,  le hanno detto: c’è una ragazza a casa tua che ha bisogno urgente di parlarti. E lei si affretta e pensa: chi sarà mai? E arriva là, entra e c’è lei, la sua bimba (i figli e le figlie continuano ad essere tali anche quando già grandi), che non vedeva da mesi, da quando si è trasferita, e si guardano, e ridono un po’, poi piangono (perché la gioia, in queste occasioni, si esprime meglio così) e si abbracciano (come ci si abbraccia qui) e non si staccano più. E i vezzeggiativi non si contano: ah, mãezinha, filha, filhinha. Beh, questa domenica è un po’ come immaginare un analogo incontro con Lui. Dove se c’è qualcosa da dimenticare – e ce n’è sempre – è dimenticata. E l’amore è fatto nuovo. E Lui è con noi come un padre a far capriole coi figli sui prati in giorno di festa. Anche la lettera di Paolo, stamattina, insiste sulla gioia di questo giorno. Ma non c’è proprio niente di cui essere lieti, ci viene da dire. Non importa, non angustiatevi, siate lieti. Ci viene in mente che qualche anno fa, in una predica, qualcuno aveva detto che “lieto” ha la stessa etimologia di “letame”. E che entrambi significano “fertile”, “fecondo”. Fertilità della gioia e gioia della fertilità. Ma anche, umiltà dell’una e dell’altra. Siamo dei piccoli nulla, è vero, ma così belli, preziosi, importanti, ai suoi occhi! Ora, che noi ci si rallegri nella prospettiva di incontrarlo, è comprensibile, ma che Lui si metta a “gridare di gioia” nell’incontrare noi, può solo esprimere la misteriosa pazzia di Dio. Sì, tutto bene, bello, bellissimo, ma poi? Concretamente, per dirla con le folle a Giovanni Battista, che cosa ci resta da fare? (cf Lc 3,10). Essere un po’ matti come Lui. Fare, nel nostro piccolo, ciò che Lui fa alla grande: comunione, condivisione. E seminare così allegria. È una parola! Che Lui bruci presto (no, un po’ alla volta)  la paglia che ci impedisce di farlo. Amen.

 

Bene, i testi di questa III Domenica di Avvento sono tratti da:

Profezia di Sofonia, cap.3, 14-18a; Salmo (Is 12, 2-6); Lettera ai Filippesi, cap.4, 4-7; Vangelo di Luca, cap.3, 10-18.

 

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

 

Due sono le memorie che il calendario ci porta oggi: quella di Lucia, martire a Siracusa, e quella di Mosè Maimonide (Rambam), sapiente d’Israele.

 

13 LUCIA.jpgSi sa poco di certo sulla vita della giovane cristiana, Lucia, morta martire a Siracusa, per ordine del governatore Pascasio, in questo giorno nell’anno 304. Ma sappiamo quanto basta. Ed è il fatto che una semplice donna come lei abbia saputo dire il suo “no” all’impero, alla sua idolatria del potere, alla sua religione alienante, ed abbia scelto, come norma di vita, la buona notizia di Gesù e la verità che essa ci trasmette: la fede in un Dio che è padre universale, l’amore solidale per il prossimo, che da questa fede deriva, il rifiuto di ogni sistema oppressivo.

 

13 Maimonide.gifMosè ben Maimon era nato a Cordova, all’epoca sotto dominazione islamica,  il 30 marzo 1135. Giovanissimo, studiò la Bibbia e il Talmud, ma anche matematica,  logica,  metafisica, filologia, scienze naturali e medicina. Quando, nel 1148, Cordova cadde nelle mani degli Almohadi, cristiani e ebrei furono costretti a scegliere tra convertirsi all’Islam o emigrare. Dopo alcuni anni di spostamenti nella penisola iberica, la famiglia di Mosè, nel 1160, si trasferì a Fez, in Marocco. Da lì, nel 1165, nuove insorgenti difficoltà sul piano religioso, portarono alla decisione di partire per la Terra Santa e a spostarsi,  qualche mese dopo, in Egitto. Qui, dopo la morte del padre e del fratello minore, David, Mosè si diede alla professione medica ed ebbe tanto successo che fu nominato medico alla corte del Sultano Saladino. Nello stesso tempo crebbe la fama della sua sapienza, competenza e capacità di discernimento sia all’interno della locale comunità ebraica che tra le altre della diaspora. In Egitto Maimonide portò a compimento le sue tre opere maggiori: il Commento alla Mishnà, iniziato in gioventù; il Mishneh Torah, il primo vero codice di leggi dall’epoca della Mishnà; e infine l’opera filosofica Moreh nevukhim (Guida dei perplessi). Presto ricopiate da centinaia di amanuensi, le tre opere conobbero una rapida diffusione in tutto il mondo ebraico. Sovraccaricato di lavoro, minato nella salute, Maimonide morì il 13 dicembre 1204 (13 Tevet 4965), a 69 anni. A Fostat (il Cairo), la sua morte fu pianta per tre giorni da ebrei e musulmani e gli ebrei di ogni altro paese decretarono il lutto. Fu seppellito a Tiberiade, in Eretz Israel, dove la sua tomba attira ancor oggi un continuo flusso di pellegrini.

 

Di Jonathan Rosen, scrittore statunitense,  e di  Mosè Maimonide l’unica cosa che sappiamo aver ein comune è la fede giudaica e l’interesse per il Talmudin comune è forse  

 

Stasera non si sapeva bene cosa proporvi come citazione conclusiva che vi propiziasse il sonno dei giusti. Dato che non abbiamo sottomano nulla di Mosè Maimonide. Però ci è capitato sotto mano un testo di Jonathan Rosen, scrittore statunitense che, in comune con il nostro, ha almeno la fede e l’interesse per il Talmud. Così, nel congedarci,  scegliamo di proporvi un suo brano, tratto dal libro “Il Talmud e Internet. Un viaggio tra mondi” (Einaudi). Ha a che vedere con una perdita, la diaspora che ne è seguita e il dove abitare nel frattempo. Una tematica in qualche modo propria dell’Avvento. In attesa di tempi migliori. È il nostro  

 

PENSIERO DEL GIORNO

Forse i libri hanno uno spirito che permette loro di vivere anche al di là dei loro corpi rilegati. Ma questo non significa che io non tema la scomparsa del libro in quanto oggetto, in quanto corpo. John Donne immagina che le persone, quando muoiono, diventino come dei libri, ma cosa succede quando sono i libri a morire? Rinascono forse in una forma più eterea? È forse dal corpo devastato del libro che ha origine Internet? Se questo fosse vero, mi confermerebbe un’altra somiglianza che vedo tra Internet e il Talmud, il fatto cioè che anche il Talmud è nato in parte da una perdita. Talmud ha offerto ospitalità virtuale a una cultura sradicata, e ha avuto origine dal bisogno tipicamente ebraico di riporre la cultura nelle parole come se si trattasse di bagagli ed errare in lungo e in largo per il mondo. Il Talmud divenne essenziale per la sopravvivenza degli ebrei dopo la distruzione del Tempio – la casa di Dio pre-talmudica – da quando cioè le pratiche legate al Tempio, quei rituali fatti di sangue, fuoco ed espiazione fisica smisero di esistere. Dopo che gli ebrei perdettero la loro casa (la terra di Israele) e Dio perdette la sua (il Tempio), la condizione degli ebrei cambiò: divennero il popolo del libro e non più il popolo del Tempio o della terra. E divennero il popolo del libro poiché non avevano nessun altro luogo in cui vivere. Questa perdita fisica spesso non è tenuta in considerazione ma per me si trova al cuore del Talmud e in un certo senso ne spiega la vastità. Ma anche Internet, per quanto ci ripetano in continuazione che dovrebbe servire a unire le persone, produce dentro di me un senso di diaspora, una sensazione di essere ovunque e in nessun luogo al tempo stesso. (Jonathan Rosen, Il Talmud e Internet).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità nel bairro.  

Giorno per giorno – 13 Dicembre 2009ultima modifica: 2009-12-13T23:00:00+01:00da fraternidade
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