Giorno per giorno – 12 Dicembre 2009

Carissimi,

“In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda” (Lc 1,39). Cosa vuol dire per noi oggi questo correre di Maria presso la cugina Elisabetta? Perché poi ciò che importa non è l’episodio in sé, ma l’intenzione che muove l’evangelista a proporcene il racconto. Chi è allora Maria, e gravida di chi? Chi Elisabetta e perché è lei stessa in attesa, pur così avanti negli anni? E chi è che fa sobbalzare di gioia Giovanni, nel ventre della madre, e a causa di chi? Forse Elisabetta rappresenta oggi le attese del  mondo (o anche le nostre personali), così come, allora, era figura delle speranze messianiche di Israele, e Giovanni è  ciò (e chi) ci fa presentire, dentro e fuori di noi, l’avvicinarsi della promessa. Maria è chi la custodisce in grembo o in cuore e che si lascia da essa trasportare e che già la lascia trapelare nel suo stesso accorrere. Gesù poi è lui stesso la promessa che si compie, il Dio finalmente tra noi. Che, se e quando lo si incontra per davvero, non si può non sobbalzare di gioia. Il Vangelo che noi si è letto stamattina è dovuto a una festa tutta latinoamericana, che racconta di una “ragazza gravida” che, sul colle       Tepeyac, nei pressi dell’attuale Città del Messico, quasi cinquecento anni fa, si fece incontro a un indio e gli rivelò il senso della sua gravidanza. Che era più di una semplice gravidanza.

 

Oggi, da noi è la festa della Vergine di Guadalupe, la Madre India. O anche, come la chiamano confidenzialmente, la Morenita, patrona delle Americhe.

 

12_VIRGEM_DE_GUADALUPE III.jpgIl racconto delle apparizioni avute dall’indio Juan Diego, a partire dal 9 dicembre 1531, dieci anni dopo la distruzione  della capitale del regno atzeco, Tenochtitlan, ci è stato trasmesso in lingua náhuatl. In esso la Vergine si rivolge a Juan Diego, chiamandolo con i vezzeggiativi di Juanito, Juan Dieguito. Lui a sua volta si rivolge alla sconosciuta con i nomi di mia piccola dolce Padrona, Signora, Regina, Figlia mia la più piccola, Fanciulla mia. Lei poi gli promette: “Rivelerò Dio, lo darò alle genti mediante tutto il mio amore personale, il mio sguardo misericordioso, il mio aiuto, la mia salvezza:  poiché io sono in verità la vostra madre misericordiosa,  la tua e quella di tutti gli uomini che su questa terra sono uno solo […]  ascolterò il loro pianto, la loro tristezza, per guarire, per curare tutte le loro pene, le loro miserie, i loro dolori”. Che è come dovrebbe essere la Chiesa (cioè, noi stessi). E come, spesso, non è (cioè, non siamo): simbolo e sacramento della cura materna di Dio.

 

I testi che la liturgia dell’odierna festività ci propone sono tratti da:

Lettera ai Galati, cap. 4, 4-7; Salmo, 96; Vangelo di Luca, cap. 1,39-47.

 

La preghiera del sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

 

HANUKKAH CANDLES.jpgIeri sera (quando era già oggi, 25 del mese di Kislev), i nostri fratelli ebrei hanno acceso la prima delle otto candele di Hanukkah, la Festa della Dedicazione del Tempio. Avvenuta nell’anno 165 a.C., in questo stesso giorno, tre anni dopo che Antioco IV Epifane aveva preso a sacrificare ai suoi dèi su un altare del Tempio di Gerusalemme. Come a dire: qui comando io, voi vi dovete adeguare. Ma Giuda Maccabeo e i suoi avevano replicato: no, grazie! E, appunto, in pochi anni, avevano mandato a spasso i potenti vicini. Il Talmud (Shabbat 21b) racconta che, durante la purificazione del Santuario, si trovò un flacone di olio, quanto bastava per mantenere accesa la menorah un giorno solo. Tuttavia, miracolosamente, l’olio bruciò per otto giorni. Il tempo necessario per prepararne di nuovo, puro. Per questo, ancor oggi, gli ebrei espongono per otto giorni la loro Hanukkià.

 

Quanti di voi ci hanno visitato negli anni scorsi ricorderanno certo irmã Veronica che era responsabile dell’accoglienza in diocesi ai tempi di dom Tomás e nei primi anni di dom Eugenio. In seguito, dopo aver trascorso qualche anno al Colegio Santana e all’Asilo São Vicente, si è trasferita a Goiânia, all’Externato São José. Beh, da anni, la salute di questa nostra preziosa sorella non era delle migliori, ma nelle ultime settimane la situazione si è fatta davvero piuttosto pesante. Vorremmo che ci aiutaste a portarla nella preghiera.  E, per stasera, chiudiamo qui. Lasciandovi a un brano dell’omelia dedicata da mons. Oscar A. Romero alla festa odierna, il 12 dicembre 1977. È, per oggi, il nostro  

 

PENSIERO DEL GIORNO

Ciò che caratterizza Maria e la Chiesa, qui in America Latina, è la povertà. Maria, dice il Concilio Vaticano risalta tra i poveri che attendono da Dio la redenzione. Essa appare nella Bibbia come l’espressione della povertà, dell’umiltà, di colei che tutto ha bisogno da Dio e, quando viene in America, il suo dialogo di intimo senso materno verso un figlio, lo ha con un piccolo indio, con un emarginato, con un povero. Così comincia il dialogo di Maria in America, con un gesto di povertà. Povertà che è fame di Dio, povertà che è gioia del dono di sé. La povertà è libertà, è il bisogno del fratello e l’appoggio e il soccorso reciproco che ne derivano. Questo è Maria e questo è la Chiesa nel Continente. Se qualche volta la Chiesa ha tradito il suo spirito di povertà, è perché non è stata fedele al Vangelo, che la voleva staccata dai poteri della terra, non appoggiata al denaro che rende felici gli uomini. Appoggiata al potere di Cristo, appoggiata al potere di Dio: questa è la sua grandezza. Per questo Maria insegna alla Chiesa, soprattutto in America Latina, tra le popolazioni povere, tra la gente a piedi nudi, emarginata, la necessità di questa virtù per salvarsi. Non è che quanti posseggono siano di per sé condannati, ma essi devono diventare umili, poveri, bisognosi di Dio, se vogliono trovare il perdono e la grazia della salvezza. Non c’è altra via e in America Latina Maria e la Chiesa segnalano questo grido di redenzione. “Beati i poveri di spirito, perché di essi è il egno dei cieli”. Diamo grazie a Maria per avere contrassegnato, sin dall’inizio, la nostra civiltà cristiana nel Continente con questa marca benedetta della povertà evangelica, a cui ci invita anche questa notte per essere felici con la felicà del vangelo. (Mons. Oscar Arnulfo Romero, Homilia en la fiesta de la Virgen de Guadalupe, 12 de diciembre de 1977).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 12 Dicembre 2009ultima modifica: 2009-12-12T23:33:00+01:00da fraternidade
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