Giorno per giorno – 03 Dicembre 2009

Carissimi,

“Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna, perché egli ha abbattuto coloro che abitavano in alto, ha rovesciato la città eccelsa, l’ha rovesciata fino a terra, l’ha rasa al suolo. I piedi la calpestano: sono i piedi degli oppressi,  i passi dei poveri” (Is 26, 4-6). È il canto che “quel giorno” si canterà (Is 26,1). Se noi non lo possiamo ancora intonare, è perché Lui non è ancora venuto a regnare nel mondo. O, meglio, è venuto di straforo, duemila anni fa, in Palestina, ma i potenti del suo tempo – politici, preti e intellettuali – hanno pensato bene di eliminarlo, perché insinuava nella mente e nel vissuto della gente una maniera di regnare che non rientrava nei canoni e minacciava di compromettere la loro, fino a scardinarla.  Da allora, da quando, morendo, Gesù ha esalato il suo Spirito sul mondo, il sogno e la pratica del Regno prende piede ora qua ora là, e noi lo riconosciamo quando vediamo i poveri passare allegramente cantando sulle rovine dei sistemi disumani. Sino a quando questo non accade, è giustificato l’Avvento, il tempo del sospiro segreto, della nostra impaziente speranza, degli occhi sgranati nel buio, per cogliere ogni minimo segnale che ce ne dica l’imminenza. Contando solo su Dio, aggrappati all’ascolto e alla pratica della sua Parola, nostra unica roccia: “Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia” (Mt 7, 24-25).

 

Due sono le memorie che celebriamo oggi: quella di Francesco Saverio, gesuita, missionario in Asia e quella di Anatolij Žurakovskij, martire in Russia.

 

03 S. FRANCESCO SAVERIO.jpgNato nel castello di Xavier, in Navarra (Spagna), il 7 aprile 1506,  da Juan de Jassu e Maria de Azpilcueta, il giovane Francesco si recò nel 1525  a Parigi per compiere i suoi studi universitari e, più tardi, insegnarvi filosofia. Lì conobbe  e diventò amico di un certo Pietro Favre e, più tardi di uno studente basco, diciamo così, fuori corso, che si chiamava Ignazio di Loyola. Fu per lui l´inizio della fine. Nel senso buono, naturalmente. Perché i tre, con altri quattro, risolsero che la vita valesse la pena solo giocandola alla grande. E così il 15 agosto 1534, in una piccola cappella di Montmartre, i sette si consacrarono a Dio, dando origine alla Compagnia di Gesù. Dopo essere stato ordinato sacerdote a Roma, nel 1537, Francesco partì da solo per l’Oriente nel 1541. Secondo la mentalità dell’epoca, vi si recò per salvare l’Asia dalla dannazione sicura. La sua preoccupazione maggiore fu, coerentemente, quella di battezzare quanti più pagani possibile (arriverà a contare trentamila battesimi). E tuttavia questo presupposto, evidentemente errato, non gli impedì di mettersi anima e corpo al servizio dei poveri e degli oppressi che incontrò. I dieci anni trascorsi colà si dividono tra periodi di attività organizzativa e spedizioni missionarie, ciascuna della durata di circa due anni: in India (1542-44), alle Molucche (1545-47), in Giappone (1548-51). Morì solitario, il 3 dicembre 1552, sull’ isola di Sancian, da dove sognava di raggiungere l’immenso territorio della Cina, fino ad allora interdetto agli stranieri.

 

03 Anatolij Žurakovskij.jpgAnatolij Žurakovskij era nato a Mosca il 16 marzo 1897, da una famiglia di intellettuali agnostici. Nel 1915,  terminato il ginnasio, si iscrisse alla facoltà di lettere e storia dell’Università di Kiev, dove conobbe padre Aleksandr Glagolev e padre Michail Edlinskij, la cui testimonianza lo convinse dell’importanza che i piccoli gruppi cristiani di base avevano in vista della rinascita della Chiesa. Decisiva fu, nello stesso tempo, la lettura di Giovanni Climaco, la cui  Scala spirituale gli si offrì come sussidio concreto per giungere a quell’integrità interiore che da tempo lo attraeva. Negli anni successivi maturò la sua scelta radicale per Cristo, abbracciando un progetto di vita che, a partire dalla fede, coniugava il suo desiderio di vivere per Cristo e il suo amore per Nina Bogojavlenskaia, che sposò nel 1917.  Il 18 agosto 1920, venne ordinato sacerdote nella Lavra delle Grotte di Kiev e, da subito, svolse il suo ministero con coraggio e libertà profetica. Nel 1923 fu arrestato, imprigionato e in seguito deportato nella lontana città di Krasnokokšajsk, dove la moglie lo seguì. Rilasciato nel dicembre del 1924,  riprese la sua attività di pastore. A partire dal 1925, dopo la morte del patriarca Tichon,  padre Žurakovskij prese a denunciare il quietismo e l’opportunismo della nuova gerarchia della Chiesa nei confronti degli abusi del potere sovietico. Il 14 ottobre 1930 venne arrestato. Il 20 settembre 1931 fu condannato alla fucilazione, ma la pena fu commutata in 10 anni di lager. Fu inviato a scontare la pena, dapprima, a Svir’lag, poi alle Isole Solovki  e, infine, nei campi di concentramento cui era demandata la costruzione del canale mar Bianco-mar Baltico. Anche la moglie fu internata e condannata a tre anni di lager. Nel luglio del 1940 i parenti furono informati di un’ulteriore condanna a dieci anni di isolamento a regime duro, senza diritto di corrispondenza. In realtà padre Anatolij era già morto. Accusato, nell’agosto del 1937, di svolgere propaganda controrivoluzionaria nel lager, fu condannato, il 20 novembre, alla fucilazione. La condanna venne eseguita il 3 dicembre. Non si conobbe mai il luogo della sua sepoltura.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Isaia, cap.26, 1-6; Vangelo di Matteo, cap. 7,21.24-27.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

Stasera, nella preghiera, Valdecí ha detto: Prego il Signore di concedermi di continuare a camminare nella fede in Lui, sapendo distinguere chi è e come  agisce Lui, da chi è e come agisce chi pretende di rappresentarlo. E spesso fa il contrario. Il che capita anche a noi, a diversi livelli di rappresentanza, dato che ce n’è uno che li unifica tutti: il battesimo. E, se non fosse per la Grazia, dovremmo correre a sbattezzarci tutti. Dai gradi più alti a quelli infimi. Per un minimo di coerenza. Per stasera è tutto. Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura il brano di un autore ortodosso, Pavel Evdokimov, tratto dal suo libro “L’ortodossia” (EDB).  Che ci sembra utile per interpretare anche la storia dei nostri giorni ed è comunque, per oggi, il nostro   

 

PENSIERO DEL GIORNO

Spesso si confonde, identificandole, la Pace-shalom, annunziata dalla Bibbia, con una vita pacifica; il Consolatore, il Confortatore, con la vita confortevole. Per l’Evangelo i fedeli saranno perseguitati e la Chiesa sarà stabilita sul sangue dei martiri. “Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra, non sono venuto a portare la pace, ma la spada” (Mt 10,34). “Io sono venuto a mettere il fuoco sulla terra” (Lc 12, 49), annunzia il Principe della pace. “Io vi do la mia pace, io non ve la do come il mondo dà” (Gv 14, 27). La pace messianica fa esplodere i limiti della storia e la conduce fuori dai suoi schemi. È come il punto di prospettiva dei quadri del Greco: è lui che dirige la composizione, ma sta fuori del quadro. La pace messianica pone imperiosamente la domanda, fondamentale per tutta la Chiesa: la Chiesa si incarna nella storia, o essa incarna la pace messianica che sconvolge gli assetti storici e mette fine al mondo? Da questo criterio derivano due modi di definire la Chiesa e la sua funzione nella storia: in funzione di se stessa, dei suoi membri soltanto, e sarà la concezione statica e storica, la Chiesa “seduta a tavola” che gode di tutte le gioie del banchetto mistico, ma perde allora il suo carattere di fermento e la presa sul destino del mondo; oppure la Chiesa, tentata dalla concupiscenza del potere secolare, penetra nel mondo, ma non possiede più il “fuoco che sala”. L’escatologia senza storia (tentazione orientale) oppure la storia senza escatologia (tentazione occidentale) producono per disperazione la iperescatologia (tentazione protestante) che salta al di sopra della storia nel momento finale. In tutti questi casi la storia e e il mondo perdono il loro proprio valore: il loro essere oggetto dell’amore divino, luogo dell’incarnazione del Regno . L’altro modo è in funzione del Cristo e della sua preghiera sacerdotale: il Signore è venuto in questo mondo per la sua missione di apostolato, “affinché il mondo creda” (Gv17, 21). Soltanto la Chiesa che vive alla luce della parusia (e questa non è tanto la fine del mondo quanto la sua salvezza) sta veramente nella storia, perché il Giorno del Signore non è l’ultimo giorno ma il Pleroma. (Pavel Evdokimov, L’ortodossia).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.     

Giorno per giorno – 03 Dicembre 2009ultima modifica: 2009-12-03T23:56:00+01:00da fraternidade
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