Giorno per giorno – 01 Dicembre 2009

Carissimi,

“In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza” (Lc 10, 21). Le letture di questo tempo di Avvento ci vogliono mostrare come, dove, quando è possibile incontrare questo Dio che si fa incontro a noi, accogliere Gesù che viene, far accadere il Regno. Oggi, come prima cosa, ci è chiesto di starcene lì con gli occhi sgranati ad assistere allo svelamento di una sorpresa. Gesù aveva appena finito di dire ai suoi discepoli di non perdere tempo a rallegrarsi (e magari anche vantarsi) dei prodigi che potevano compiere (o, per converso, a piangere e rattristarsi, per i loro fallimenti), ma di gioire solo per questo: che i loro nomi fossero “scritti nei cieli” (Lc 10, 20). Che è come dire nel cuore di Dio.  È questo del resto che ci mantiene in vita: la fiduciosa certezza che Qualcuno [almeno lassù] ci ami. Per quello che siamo, con il nostro nome e cognome, con qualità e difetti, virtù e peccati. Sì, dice Gesù, i vostri nomi sono scritti per sempre nel presente di Dio. Che è Padre. Questa è il tutto della sua rivelazione. Gesù, il Regno, è, allora, oggi, questo nostro chiamare Dio con il nome di padre, anzi “abba”, babbo. E, a forza di chiamarlo, riconoscerlo come tale, e scoprirci, alla fine (ma quanto tempo ci sarà voluto!),  tutti fratelli e sorelle. Questa è la “stoltezza di Dio” che “distrugge la sapienza dei sapienti e annulla l’intelligenza degli intelligenti” (1Cor 1, 19). Ma noi, costruttori di confini, di muri, di barriere,  fomentatori di antagonismi, di odi e inimicizie, riusciremo ancora a sillabare quel Nome, giungendo così a riscoprire la verità del nostro essere? Questa è la sfida di ogni Avvento.     

 

La nostra comunità fa oggi memoria di Charles de Foucauld,  fratello universale.

 

01_IR_CARLOS_DE_FOUCAULD.GIFCharles de Foucauld de Pontbriand nacque il 15 settembre 1858, a Strasburgo. Rimasto orfano all’età di sei anni, venne affidato con la sorella Marie alle cure del nonno materno. Dopo la prima comunione all’età di quindici anni, Charles, praticamente agnostico, si diede a una vita gaudente e dissipata. Abbracciata la carriera militare, nel 1880 fu inviato con il suo reggimento a Sétif, in Algeria, dove nonostante i divieti, si fece raggiungere dalla donna con cui ha avviato una relazione. Dopo una serie di punizioni,  nel marzo del 1881, venne congedato per “indisciplina, aggravata da cattiva condotta notoria”. Nel maggio seguente ottenne tuttavia di essere reintegrato, partecipando per otto mesi alla campagna contro la rivolta di Bou-Amama, nel sud oranese. Profondamente impressionato dalla civiltà araba, volle conoscerla più da vicino. Lasciato definitivamente l’esercito, a partire dal 1883, prese a studiare l’arabo e l’ebraico, preparando minuziosamente il viaggio che lo porterà ad esplorare Marocco, Tunisia e Algeria. Il 1886 vide l’inizio della sua conversione, quando, nella chiesa di S. Agostino, a Parigi, si confessò da padre Huvelin. Nel 1890, entrò in una trappa, che lasciò tuttavia nel 1897, avendo maturato la convinzione che Dio gli stesse chiedendo altro. Emessi i voti di castità e povertà assoluta, in forma privata, davanti al suo confessore, Charles si recò in Palestina, dove per qualche anno fece il giardiniere nel monastero delle Clarisse di Nazareth. Nell’agosto del 1900 si recò in Francia per prepararsi al sacerdozio. Dopo l’ordinazione, avvenuta nel giugno del 1901, si recò in Algeria, scegliendo di abitare a Tamanrasset, nel Sahara, dove visse per quindici anni una vita nascosta, come quella del falegname Gesù di Nazareth, dedicandosi alla preghiera, al lavoro e allo studio. Lì apprese a scorgere nei suoi vicini musulmani i suoi propri fratelli e i figli dell’unico Dio. Alcune prese di posizione degli ultimi tempi parvero indicare una reviviscenza dell’antico spirito bellicoso e nazionalista che gli era stato inculcato in gioventù. Si trattò tuttavia di umane debolezze che non attenuarono il significato complessivo di una vita che resta tra le testimonianze  più alte della spiritualità del nostro tempo.  Il 1° dicembre 1916, un gruppo di tuareg ribelli invase la roccaforte, per saccheggiarla e impadronirsi delle armi che vi erano custodite; fratel Charles, immobilizzato e legato, fu tenuto sotto tiro da un ragazzino di quindici anni. Forse un falso movimento impaurì la guardia, che sparò e uccise così, quasi per caso, l’eremita del Sahara. Negli anni successivi alla sua morte, sorgeranno numerose famiglie religiose che si ispirano agli ideali di Charles de Foucauld. Tra queste, le più conosciute, quelle dei Piccoli Fratelli e le Piccole Sorelle di Gesù e i Piccoli Fratelli del Vangelo, che vivono del loro lavoro  in fraternità povere e nascoste, condividendo con semplicità la vita dei loro vicini.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Isaia, cap.11, 1-10; Salmo 96; Vangelo di Luca, cap.10, 21-24.

 

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali africane.

 

Oggi è la Giornata mondiale di lotta contro l’Aids e di solidarietà con i portatori di Hiv. Nella preghiera di stamattina abbiamo ricordato amici, amiche e conoscenti che vivono questa esperienza. Li mettiamo anche nella vostra. Che l’amicizia che non viene meno e la  presenza solidale in ogni situazione che la renda concretamente possibile siano la testimonianza di una paternità che ci accoglie tutti in un unico abbraccio.  

 

Beh, in questa memoria di fratel Carlo di Gesù, abbiamo naturalmente un pensiero particolare per i nostri nuovi vicini, Márcio e Gabriel, che fanno parte della sua famiglia spirituale; e poi per Yvo e i suoi fratelli, della Comunità di Spello, che sono di casa nel cuore della nostra gente e noi nel loro. E, per stasera, è tutto. Noi ci congediamo, lasciandovi a una citazione che troviamo nel libretto della Piccola sorella Annie di Gesù, “Charles de Foucauld” (Qiqajon). È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Il giusto vive veramente di questa fede, poiché essa prende il posto, per lui, della maggior parte dei sensi naturali… Per mezzo loro egli percepisce solo apparenze ingannevoli: la fede gli mostra la realtà. L’occhio gli fa vedere un povero, la fede gli mostra Gesù. L’orecchio gli fa udire ingiurie e persecuzioni, la fede gli canta: “Rallegrati e giubila di gioia”. Il tatto ci fa sentire colpi di pietra ricevuti, la fede ci dice: “Siate in grande gioia perché siete stati giudicati degni di soffrire qualche cosa per il nome di Cristo”. Il gusto ci fa sentire un po’ di pane senza lievito, la fede ci mostra il “salvatore Gesù”… I sensi amano le ricchezze e l’onore; la fede li ha in orrore: “ogni esaltazione è abominazione davanti a Dio”. “Beati i poveri” e la fede adora la povertà e l’abiezione  di cui Gesù si coprì come di un vestito che fu inseparabile da lui… I sensi hanno orrore della sofferenza; la fede la benedice come un dono della mano di Gesù, una parte della sua croce che egli si degna di darci da portare… Così colui che vive di fede ha l’anima colma di pensieri nuovi, di gusti nuovi, di giudizi nuovi: sono orizzonti nuovi che si aprono davanti a lui, orizzonti meravigliosi che sono illuminati da una luce celeste e sono belli della bellezza divina… Avvolto da queste verità tutte nuove che il mondo non sospetta, egli comincia necessariamente una vita tutta nuova… Che colui che vede la luce, l’apprezzi nel suo valore, le dia un’importanza infinita, si attacchi ad essa in modo inviolabile, la segua in ogni circostanza, non se ne lasci distogliere da nulla. (Charles de Foucauld, Opere Spirituali. Antologia).

  

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Dicembre 2009ultima modifica: 2009-12-01T23:46:00+01:00da fraternidade
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