Giorno per giorno – 22 Novembre 2009

Carissimi,

“Allora Pilato gli disse: Dunque tu sei re? Rispose Gesù: Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce” (Gv 18, 37). Subito prima, aveva detto anche : “Il mio regno non è di questo mondo” (v.36). Cioè non ha niente a che vedere con il sistema di potere che caratterizza i regni di questo mondo, anche se ha tutto a che vedere con il mondo. Perché è venuto a liberare il mondo dal suo male, non a proporsi come una variante devozionale alle anime belle. Di cui non c’era proprio bisogno, perché, le devozioni, di ogni tipo,  siamo bravi a inventarcele anche da soli.  Noi, questo brano di Vangelo, ce lo siamo letti, giovedì sera, a casa di Maria Rezadeira, che, nel bairro, tutti conoscono, perché, da una vita, quando stava bene, nei suoi momenti liberi, pregava a casa di tutti coloro che la chiamavano. Un tempo, addirittura, in latino (anche se una volta che ce ne ha dato un saggio, sembrava più turco, ma comunque la gente si incantava ad ascoltare quelle formule strane delle sue lodi a Dio e a Nostra Signora). Noi, dunque, si ascoltava questo Vangelo che celebrava la strana regalità di Gesù, mentre dona Maria, che, dopo un’emorragia cerebrale, che le è capitata forse da più di un anno, è un po’ via con la testa,  sgranava un’immaginaria   corona.  E poi sorrideva, e si faceva pensierosa, e ripeteva le frasi di un tempo che insegnavano l’allegria della preghiera,  si alzava  a baciare la Bibbia o a salutare i suoi santi, poi se ne tornava tranquilla seduta. E Gesù davanti a Pilato. E il suo: “Dunque, tu sei re?”, forse venato di sarcasmo, forse no. Dove sono finiti Giacomo e Giovanni, i “figli del tuono”, che gli chiedevano di sedere accanto a lui nel suo regno? Il suo regno è lì, anzi non ancora. Lì, siamo solo nell’anticamera. Sul trono lo metteranno tra poco. Con altri due niente di buono. Condannati per motivi diversi, è vero. Ma sempre condannati, lui e loro. Dal potere civile e da quello religioso. E noi, sua chiesa, invece di esserne sacramento, di Lui, del suo trono, del suo regno, ce ne stiamo distanti anni luce. E, forse, è per questo che non ci crede quasi più nessuno. Nonostante il miliardo e mezzo di nominativi inclusi nelle anagrafi parrocchiali. Che valgono meno ancora degli elenchi telefonici qui, di Goiás. Che, se fai il numero telefonico, quasi nessuno risponde più, perché gli hanno tagliato la linea per inadempienza. In che razza di Dio crediamo, a quale re abbiamo promesso obbedienza, quale regno testimoniamo e ci aspettiamo che venga?  Dona Maria, almeno, lavava tutto il giorno i panni altrui, e si prendeva cura dei nipotini, che erano discoli che la metà bastava, e lei non riusciva più a tenergli dietro, poi, comunque, a sera, non era mai sufficientemente stanca per lasciare di correre a pregare. Forse, la chiesa, dovrebbe essere solo questo: lavare i panni, prendersi cura, correre a pregare.             

 

Oggi, XXXIV Domenica del Tempo Comune, ultima dell’anno liturgico,  è la festa di Gesù Cristo, Amico e Servitore dei poveri, Signore dell’Universo.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflesisone sono tratti da:

Libro di Daniele, cap.7, 13-14; Salmo 93; Libro dell’Apocalisse, cap.1, 5-8; Vangelo di Giovanni, cap.18, 33b-37.

 

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

 

Oggi è anche memoria di Eberhard Arnold, profeta della nonviolenza, fondatore di Bruderhof.

 

22 EBERHARD ARNOLD bis.jpgNato a Königsberg, in Germania, il 26 luglio 1883 da una famiglia di intellettuali borghesi, Arnold fece, ancora bambino, l’opzione dei poveri e degli oppressi, suscitando il disappunto del parentado e la riprovazione della sua chiesa.  Subendo le pressioni della famiglia, si iscrisse alla facoltà di teologia dove si laureò e, nel 1909, sposò Emmy von Hollander che sarebbe stata la sua fedele compagna di vita e di missione. Ai primi anni di matrimonio risale la sua critica ai vincoli della Chiesa con lo Stato e con il sistema di proprietà. Questo lo portò a rifiutare per coerenza la cattedra teologica, preferendo studiarsi di “essere cristiano” che insegnare teologia. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, con il tragico affermarsi delle sirene nazionalista e militarista e i gravi problemi sociali che ne seguirono, spinse i coniugi Arnold, i loro figli e una piccola cerchia di amici a chiedersi cosa significasse concretamente vivere il Discorso della Montagna nelle circostanze attuali. Da questo desiderio nacque Bruderhof (il luogo dove vivono i fratelli), che, ispirandosi alle comunità anabattiste del XVI secolo,  adottò la pratica del battesimo degli adulti, la condivisione dei beni, la dottrina e la pratica della pace e della nonviolenza.  All’inizio degli anni trenta, la comunità contava un centinaio di membri e fu allora che decise di affiliarsi agli Hutteriti nordamericani, cui si sentiva spiritualmente legata.  Totale invece l’incompatibilità con l’ideologia propagandata dal nazismo che era nel frattempo salito al potere. Davanti all’impossibilità di continuare libera e fedele agli insegnamenti di Cristo,  e per la scelta di negarsi a servire in armi lo stato, la maggior parte dei membri della comunità si trasferì in Svizzera e, successivamente in America. Eberhard non potè. Le conseguenze di un rottura alla gamba lo costrinsero a letto. Ricoverato in ospedale a Darmstadt per sottoporsi ad una chirurgia, vi morì per complicazioni post-operatorie, il 22 novembre 1935.

 

Stanotte hanno quasi fatto fuori Serginho, nostro vicino di casa, uscito di prigione solo poche settimane fa. Gli hanno piantato una coltellata in gola nel baretto a fianco del Centro Comunitario. Ora, lotta contro la morte in una unità di terapia intensiva, a Goiânia. Mettetelo nelle vostre preghiere.

 

Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura un testo di Eberhard Arnold, tratto da un’antologia che ne raccoglie gli scritti e i discorsi Writings Selected” (Plough Publishing House). È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Le relazioni umane più profonde sono basate non sul denaro, ma sullo spirito. Nessuno di noi può vivere isolato; noi siamo tutti interdipendenti. Tutti ci relazioniamo gli uni gli altri in gruppi, famiglie, classi, sindacati; in nazioni, stati, chiese ed ogni altro genere di associazioni. E attraverso la nostra umanità ci relazioniamo in una maniera anche più profonda: attraverso l’amore di Dio che scorre da spirito a spirito e da cuore a cuore, portando ad una organica, costruttiva comunione. Ma vi sono mezzi diabolici che cercano di privarci del cuore, dello spirito e di Dio. Questo mezzo è il denaro. Il denaro riduce le relazioni umane a associazioni materialistiche. Distrugge le più alte finalità umane. All’inizio può essere semplicemente un mezzo di scambio, ma poi diventa una merce in sé. Diventa potere. Alla fine distrugge ogni vera comunione. Denaro e amore sono reciprocamente incompatibili.Dove domina il denaro, la volontà di possesso diventa più forte della volontà della comunità. La lotta per la sopravvivenza diventa più forte dello spirito di aiuto mutuo. Dove domina mammona, la materia è più forte dello spirito, e l’autoaffermazione più forte della solidarietà. Mammona non motiva mai le persone lavorare in modo creativo per una vita di comunione. Genera invece la schiavitù dell’anima dalle circostanze. È lo spirito di menzogna, d’impurità e d’omicidio, lo spirito di debolezza e di morte. Gesù, il principe della vita, ha dichiarato guerra a questo spirito, e anche noi dobbiamo dichiarargli guerra. Quando il nostro sguardo più profondo è stato aperto alla sua luce, non può più rispondere a ciò che richiede mammona. Quando i nostri cuori sono impostati sul futuro, quando ci aspettiamo che il regno di Dio, non possiamo più accumulare proprietà. Volteremo le spalle a tutto il presente e vivremo, invece, per la libertà, l’unità e la pace. (Eberhard Arnold, Writings Selected ).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 22 Novembre 2009ultima modifica: 2009-11-22T23:27:00+01:00da fraternidade
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