Giorno per giorno – 21 Novembre 2009

Carissimi,

“Che i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui” (Lc 20, 34-38). Gesù è arrivato a Gerusalemme e insegna nel tempio. Qui lo attorniano gruppi diversi, ora sacerdoti e scribi, che lo interrogano sull’origine della sua autorità  (Lc 20, 1 ss), ora informatori anonimi, che gli chiedono della liceità del tributo a Cesare (Lc 21, 20), o, come in questo caso, alcuni sadducei, “i quali negano che ci sia la risurrezione” (v.27) e vogliono sapere come la pensi lui. Noi crediamo che il partito dei sadducei ci sia anche oggi e sia in aumento. C’è poca fede nella risurrezione, anche nelle chiese, persino tra molti sommi sacerdoti. A scanso di future sorprese, tutto è finalizzato a garantirsi il meglio, qui, ora e il più a lungo possibile. Per chi ci crede, con la benedizione di Dio. E la teologia della prosperità giustifica convincentemente l’esigenza di costruirsi una sicura e sempre più confortevole nicchia nell’aldiqua (a spese di quanti altri non si sa e non importa), più che una sua non verificata e non verificabile proiezione nell’aldilà. Traducendo l’incerta retribuzione celeste in una ben concreta e mondana corsa ai consumi, al successo, e alle voluttà. Compresa quella di distruggere tutto, con suprema noncuranza e disprezzo per la vita. Ora, la storiella che i sadducei raccontano a Gesù è raccontata male, ha per scopo solo quello di irriderlo. Forse, più semplicemente, avrebbero potuto chiedergli perché mai la legge di Mosè (cioè di Dio) obbligasse, attraverso la norma del levirato (Dt 25, 5),  a dare un figlio a chi moriva senza. Non era questa la maniera di garantirgli sopravvivenza in questo mondo (e, certo, anche la conservazione dell’asse ereditario), attraverso la discendenza così acquisita? A che fine, se c’è l’aldilà, il secolo futuro? Gesù non entra nel gioco dei suoi malevoli interlocutori, ma va ugualmente alla sostanza delle cose. E dice che la risurrezione segna uno stacco netto tra come si vive in questo mondo e come sarà nell’altro. La nuova esistenza non sarà un semplice prolungamento dell’antica, magari solo dello spirito, liberato dell’ingombro del suo corpo, meno che meno come frutto dei nostri sforzi. Sarà l’adempimento di una promessa. La sua. Perché egli è il Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe. Dio dei vivi, non dei morti. Anche di noi, cioè, con i nostri corpi, la storia delle relazioni che li hanno segnati. Ce ne viene dunque solo speranza per un futuro più o meno lontano? No, ne viene anche un radicale mutamento di prospettiva e perciò, se lo vogliamo, di vita. Perché, se Egli è Dio di ciascuno di noi, è anche vero che ognuno di noi è di Lui. Cosa Sua, dunque, da trattare con rispetto, amore, venerazione.  

 

Oggi è memoria di un grande monaco-profeta del vostro paese: Benedetto Calati. 

 

21 Benedetto Calati 2.jpgGigino Calati era nato a Pulsano (Taranto) il 12 marzo 1914 ed entrò come novizio, a soli sedici anni, nell’Eremo di Camaldoli, assumendo il nome di Benedetto. Dopo aver terminato gli studi teologici, negli anni  ’40,  nel monastero di Fonte Avellana, fu maestro dei chierici ed ebbe modo di approfondire la conoscenza spirituale dei Padri della Chiesa e delle fonti camaldolesi. Dal 1951 fu procuratore presso la Santa Sede e superiore del monastero di San Gregorio al Celio in Roma, fino a quando, nel 1969 fu eletto Priore generale della Congregazione Camaldolese.  Per 18 anni ricoprì quella funzione, fornendo un sostanziale contributo a trasformare l’eremo aretino in un importante centro di spiritualità e di cultura, conosciuto anche all’estero, per la sua apertura al dialogo e alla collaborazione tra personalità e forze di ispirazione diversa. Fu “uno dei più appassionati sostenitori del Concilio e tra i più convinti assertori della necessità di una profonda riforma della Chiesa, ispirata alla povertà evangelica e al primato dell’amore”.  Negli ultimi anni della sua vita, P. Benedetto continuò con la lucidità di sempre a riflettere sui temi che gli erano più cari e a richiamare l’esigenza di dare passi più spediti in direzione di un maggior  ecumenismo e dialogo tra fedi diverse, un minor “clericalismo”, maggiore parità tra uomo e donna. Morì il 21 novembre del 2000.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

1° Libro dei Maccabei, cap. 6, 1-13; Salmo 9; Vangelo di Luca, cap. 20, 27-40.

 

La preghiera del sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

 

Oggi ci siamo trovati in quaranta con gli amici e amiche di “Fé e Luz”, su al Centro Comunitário del bairro. Ed è stato un bell’incontro, un’occasione in più per parlare, ascoltarsi reciprocamente. Dove ciò che importa è creare relazioni personali in cui ciascuno possa scoprire i doni, ma anche le sofferenze dell’altro. “Attraverso l’amicizia, fatta di tenerezza e di fedeltà, ciascuno diventa per l’altro segno dell’amore di Dio”.  Martedì scorso, al teatro São Joaquim, una quindicina di componenti della Comunità “Nós… a tenda Dele” hanno inscenato una danza su musica di Toquinho, con coreografia di Ir. Gerusa, nell’ambito del “V Encontro de Integração Acadêmica”, organizzato dalla Università Statale di Goiás. La presentazione del gruppo è stata fatta da Edna. Conoscendo i nostri tipi, inutile dire che il tutto si è rivelato uno straordinario successo.   

 

Anche per stasera è tutto. Noi ci congediamo, lasciandovi alla lettura di un commento di Benedetto Calati al Vangelo della la Festa della Trinità (Gv 3, 16-18). Lo troviamo in rete senza ulteriori specificazioni. E ve lo proponiamo come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Tutte le volte che pronunciamo l’enunciato della nostra fede trinitaria- un Dio in tre persone, Padre, Figlio e Spirito Santo- rischiamo di farlo diventare una formula algebrica, che ci tiene lontano dal mistero. Eppure, la rivelazione biblica del N.T. fa saltare l’idea di un Dio che abita nel suo segreto, che guarda da lontano gli uomini, i quali, a loro volta, pieni di paura, gli dovrebbero prestare l’omaggio della loro sudditanza. Invece, la formula di fede nel Dio uno e trino sta a significare che il Dio della rivelazione biblica è un Dio che non può stare da solo, è insofferente dei sacri recinti, ed allora si pone ad “amoreggiare” con i figli dell’uomo. E questo Dio non è che ad un certo punto si accorga di essere solo e poi si rivolga all’uomo; no, sin dal primo istante, sin dal suo primo momento, Dio nasce con questa carica di essere Dio per noi. Tutta la rivelazione biblica si presenta come lo spasimo di Dio per l’uomo. Gregorio Magno voleva che si leggessero le Sacre Scritture proprio per imparare a conoscere il cuore di Dio. Il cammino della rivelazione è la pedagogia con cui Dio ci educa ad entrare nella sua eredità nonostante il nostro peccato. In questo cammino egli si pone come padre, come amante, come sposo. Ma è il Vangelo che ci fa conoscere il cuore di Dio attraverso il dono di Gesù Cristo, il suo Figlio diventato carne. L’eredità cioè in cui Dio ci fa entrare è la sua stessa vita in cui siamo inseriti per mezzo di Gesù: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perché chiunque creda in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Quando poi affermiamo che Dio è amore che si dona, noi ci riferiamo allo Spirito Santo, con cui Dio si offre per renderci sua stabile dimora. Nasce così la Chiesa, comunità di fede, che vive nella gioia di essere figli. Soffriamo tutti di enorme solitudine. Mai l’uomo è stato così solo come nella società odierna. Questo nostro mondo non sa che farsene di un Dio perfettissimo, così come non gli interessano le prove metafisiche dell’esistenza di Dio. Questo nostro mondo vuole leggere la “lettera” amorosa di Dio, vuole che gli si parli del Dio che “gioca” con l’uomo, del Dio che spasima per i nostri problemi che ci travagliano e che vuole il superamento del nostro egoismo, per diventare suoi figli-fratelli! (Benedetto Calati).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 21 Novembre 2009ultima modifica: 2009-11-21T23:37:00+01:00da fraternidade
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