Giorno per giorno – 23 Novembre 2009

Carissimi,

“Alzàti gli occhi, Gesù vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio. Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere” (Lc 21, 1-4). È Gesù che si lascia incantare dai poveri.  Sì, c’è una maniera diversa di stare al mondo, che non sia quella degli epuloni, e di quanti decidono di somigliargli. Che hanno occhi solo per sé. E per le altre cose e persone, ma solo e sempre in funzione di sé. Se la chiesa sapesse essere come il suo Maestro! Se alzasse, cioè, gli occhi sui poveri, per apprenderne la lezione, prima ancora che decidere di allearsi con loro. E invece. Le cattive compagnie rovinano anche le chiese. Se le chiese si riempiono (si fa per dire!) di ricchi, o di non-poveri o di ex-poveri, finisce che al massimo, si comincerà a guardare ai poveri, sì, ma dall’alto in basso. Come a dei poveri, appunto. Come li guardano gli uomini. A cui si dispensa qualche sacramento, un insegnamento, e magari un’elemosina, un’ora che avanza. Non come li guarda Dio: sua passione, sua croce e delizia come si diceva un tempo. Loro, sì, suo Sacramento. Per i quali vale la pena di investire, nel loro sogno, che è il sogno di Dio – il Regno, la prassi di Gesù, le relazioni nuove  – tutto ciò che siamo e abbiamo.  Già, ma il Regno, i poveri, l’annuncio di Gesù, a chi interessano più? Le chiese hanno altro da fare: c’è da far belle le liturgie, discutere di dogmi, nominare i quadri dirigenti, neanche si fosse una multinazionale con tante piccole filiali in tutto il mondo,  inventarsi nuove leggi, corteggiare e farsi corteggiare dai potenti, “mettere ordine”, punire i turbolenti, e soprattutto, litigare, dirsene dietro, spettegolare. Mentre Dio, è Lui la povera vedova del racconto evangelico (vedova della sua chiesa, di gran parte dell’umanità), getta ciò che gli resta di sé, nel suo tesoro, i poveri. Scommettendo una volta di più in un mondo nuovo. Per loro. Ma, forse, perderà ancora.    

 

Oggi il calendario latino-americano porta la memoria di Miguel Agustin Pro, martire in Messico. 

 

23 MIGUEL PRO.gifJosé Ramón Miguel Agustín era nato a Guadalupe, vicino a Zacatecas, in Messico, il 13 gennaio 1891, terzo figlio di Miguel Pro e di Josefa Juárez.. Ragazzo estroverso e allegro, entrò nella Compagnia di Gesù a vent’anni, continuando a dar prova di spirito di sacrificio, nonché di allegria costante nel dono di sé. Dopo la formazione, avvenuta in California, Spagna, Belgio (dove fu ordinato prete nel 1925) e in Nicaragua, rientrò nel 1926 in Messico, che conosceva in quegli anni una situazione drammatica a livello sociale, politico e religioso. Quelli che seguirono furono mesi vissuti pericolosamente, di ministero pastorale clandestino, con celebrazioni in segreto dell’Eucaristia, esercizi spirituali per il popolo perseguitato,  visite frequenti a quanti avevano più bisogno di una parola amica e di un aiuto concreto: i poveri, i malati, i moribondi. Il tutto eludendo astutamente la sorveglianza e i controlli di una polizia sempre più disorientata. Anche se si trattava di un’attività strettamente sacerdotale e caritativa,  la legge in vigore la considerava illegale. E il governo massone dell’epoca non gliela perdonò. Nel clima di repressione generalizzata che seguì l’attentato al generale Alvaro Obregon, il giovane gesuita venne arrestato e, senza che si tenessero in alcun conto le deposizioni dei testimoni che provavano la sua innocenza, e che si istituisse un  regolare processo, fu condannato e fucilato a Città del Messico, il 23 novembre 1927, con il solo fine di incutere paura a quanti non intendevano piegarsi ad un regime anticattolico e inumano. Le sue ultime parole, prima della scarica dei fucili, furono la sua professione di fede nel Re povero al cui servizio si era liberamente messo: “Viva Cristo Re!”. Uno degli autori dell’esecuzione dirà in seguito: “È così che muoiono i giusti”. In occasione dei funerali, nonostante le misure repressive in atto contre le manifestazioni religiose, accorsero più di ventimila persone, per  ringraziare colui che aveva fatto loro dono della sua vita.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Daniele, cap. 1,1-6.8-21; Salmo (da Dn 3,52-56); Vangelo di Luca, cap.21, 1-4.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista

 

È giunta l’ora di congedarci. Noi vi si lascia, perciò, con il brano di una lettera inviata alla Compagnia di Gesù da P. Peter-Hans Kolvenbach, Preposito generale dell’Ordine,  in occasione della beatificazione di P. Miguel Augustin Pro. È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Certamente, al P. Pro non si può rimproverare di aver ignorato le sofferenze, di aver chiuso gli occhi sull’ingiustizia o di aver evitato i problemi concreti del suo popolo, mentre, sostenuto da uno spirito di profonda preghiera e senza risparmiarsi, viveva tutte le angosce e le situazioni di miseria con una vera gioia pasquale, irradiazione semplice e vera del dono di sé alla Chiesa del Signore risorto. Egli esprime con parole piene di sincerità il suo desiderio di compiere fino in fondo la Pasqua del Signore, ed è sufficiente guardare le fotografie della sua esecuzione per costatare la naturalezza con cui compie i gesti che lo uniscono per sempre alla croce del Signore in una gioia che nessuno gli può togliere. “È così che muoiono i giusti”, dirà uno degli autori della sua esecuzione. Che la figura e l’intercessione del P. Pro, in cui la Chiesa riconosce il compimento autentico della grande Pasqua del Signore, ci rendano capaci di portare al mondo la Vita nuova, per illuminarlo e trasfigurarlo. La vita e il martirio del P. Michele A. Pro costituiscono un esempio luminoso del modo di vivere il mistero pasquale e sono, allo stesso tempo, una conferma delle parole di Cristo: “Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia” (Gv 16, 20), (Peter-Hans Kolvenbach S.I., Lettera ai Gesuiti, 29 giugno 1988).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 23 Novembre 2009ultima modifica: 2009-11-23T23:41:00+01:00da fraternidade
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