Giorno per giorno – 08 Novembre 2009

Carissimi,

“Diceva loro mentre insegnava: Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa. Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo” (Mc 12, 38-42). I capitolo 11 e 12 di Marco sono caratterizzati da un continuo andirivieni di Gesù nel Tempio. Gesù vi andava spesso, come del resto vi sarebbero andati a lungo, dopo la sua dipartita, i discepoli. Addirittura ogni giorno (At 2, 46). Finche sarà possibile. Il Tempio era il luogo della Shekinah, della Presenza di Dio. E sarà nel Tempio che anche Paolo, rapito in estasi durante la preghiera, riceverà dal Risorto l’incarico della missione tra i pagani (At 22, 17-21). Il Tempio è però anche, paradossalmente, il luogo dove, spesso, si danno appuntamento figuri abbastanza loschi. Quanti della religione fanno mercato (Mc 11, 15-17), o spettacolo, o occasione di rapina (vv38-40). Carlos ci diceva tempo fa: non mi piace andare in chiesa, quando ci sono gli altri. Quando mi va, chiedo la chiave a dona Nady, e me ne vado là, solo a solo con Lui, e gli dico: sono qui, con tutti i miei peccati. E, se sono venuto, è perché ti voglio bene. Anche se non te lo dimostro. E so che tu, almeno tu, ne vuoi a me. Anche se non me lo dimostri. È triste che quello che dovrebbe essere considerato l’ambiente dell’incontro gioioso e gratuito con l’Altro (e con gli altri), sia, proprio nel suo aspetto comunitario, vissuto talvolta come un peso e, nei suoi riti e celebranti,  guardato con sospetto e diffidenza. Come si trattasse solo di uno spettacolo e di teatranti, che se la fanno e se la dicono sulle spalle dei poveri cristi (e del povero Cristo). C’era però una vedova. Che, per chi monetarizza tutto, è niente più che una sciocca. Per chi invece ne condivide la situazione, di povertà e di fede, è l’espressione dell’unica scelta possibile. Quella, appunto, del dono, senza riserve. Lei, dice Gesù, ha dato tutto quello che aveva. La sua stessa vita. Quanto della nostra vita noi gettiamo nel tesoro del Tempio, dedichiamo alla causa del Regno, al servizio dei fratelli? Solo ritagli?            

 

I testi che la liturgia di questa XXXII Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:

1° Libro dei Re, cap.17, 10-16; Salmo 146; Lettera agli Ebrei, cap.9, 24-28; Vangelo di Marco, cap.12, 38-44.

 

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e Chiese cristiane.

 

Oggi il nostro calendario ecumenico ci porta la memoria di Mohammed ibn ‘Ali Ibn al-‘Arabi, mistico islamico.

 

08 Ibn Arabi.jpgMohammed ibn ‘Ali Ibn al-‘Arabi, detto Muhyi ed-Din (Vivificatore della Religione) era nato a Murcia, in Spagna, il 27 luglio 1165 (17 Ramamdan del 560, secondo il calendario egiriano), quando l’Andalusia era ancora sotto dominio islamico (lo era ormai da  450 anni). A otto anni, con la famiglia si trasferì a Siviglia, dove visse per i successivi ventisette anni. A 16 anni, secondo quanto lui stesso racconterà,  la visione di Mosè, Gesù e Mohammed lo portò a decidere di intrapprendere il cammino di una vita tutta rivolta a Dio. Dopo un incontro con il filosofo Ibn Rushd  (Averroè) a Cordova, cominciò a studiare seriamente il Corano e gli Hadith (i Detti e Fatti del Profeta), frequentando nel contempo molti maestri spirituali, uomini e donne. Ebbe, durante tutta la vita, numerose esperienze mistiche, visioni e rivelazioni. Nel 1193, un soggiorno a Tunisi segnò una tappa ulteriore della sua esperienza spirituale. Tornato a Siviglia, la descrisse nel suo primo libro  Mashahid al-asrar (Contemplazione dei Santi Misteri). Nel 1204 al-‘Arabi  si trasferì a Malatya, in Turchia, dove si sposò, ed ebbe almeno due figli e una figlia. Poi, a partire dal 1223, si stabilì a Damasco, dove continuò a scrivere e a insegnare a un gran numero di discepoli, molti dei quali sarebbero divenuti a loro volta sufi famosi. Tra loro ci fu Shams-i-Tabrizi, il maestro di Jalaluddin Rumi.  Nel 1229 una visione gli mostrò il profeta Mohammed che gli porgeva il Fusus al-Hikam (il Castone della Saggezza), il libro in cui il nostro raccoglierà la quintessenza dei suoi insegnamenti. Negli anni successivi si dedicò a stendere la monumentale Futuhat al-Makkiyya (Rivelazioni Meccane): 560 capitoli dedicati ad ogni aspetto della vita spirituale. Compilò anche una vasta collezione di poesie, raccolte nel volume Diwan. Morì il 9 novembre 1240 (il 22 del mese di Rabi’ II del 638 anno dell’Egira) all’età di 75 anni, lasciando ai discepoli un’enorme quantità di scritti e di insegnamenti spirituali.

 

Con oggi si chiude un pezzo di storia del Monastero dell’Annunciazione. Che non sarà più benedettino, ma sarà uno spazio di contemplazione povero, aperto ai poveri, che parla e prega nella lingua dei poveri, inserito a pieno titolo nella vocazione e nella missione della nostra Diocesi  (come fu nella sua intuizione originaria), animato da una piccola comunità della Fraternità secolare di Charles de Foucauld. È una sfida grande, quella assunta oggi da Márcio e Gabriel, cui si aggiungeranno nelle prossime settimane altri due fratelli, che ha bisogno di tutta la loro umiltà, di tutto il sostegno della vostra e nostra preghiera e, soprattutto, di tutta la grazia del Signore.  

 

Da un libriccino che ci è capitato di citarvi spesso, “Salmi sufi. Canti della spiritualità musulmana” (Icone), prendiamo questa  poesia dal titolo, “Amarmi perché Tu mi ami” di Ibn al-‘Arabi, che vi proponiamo, nel congedarci, come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Signore, / le delizie del cielo / per me sono  uguali / ai tormenti dell’inferno, / perché non dipende da essi / che io cambi o aumenti / il Tuo amore in me. // Ciò che Tu preferisci di me: / sarà questa l’unica cosa che amo. / Perché l’amore che Tu, / Signore, / hai per me, / è la forza creatrice / con la quale dai vita. / Un atto d’Amore, / Signore, / eternamente nuovo. // (Ibn al-‘Arabi, Amarmi perché Tu mi ami).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 08 Novembre 2009ultima modifica: 2009-11-08T23:26:00+01:00da fraternidade
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