Giorno per giorno – 07 Novembre 2009

Carissimi,

“Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?” (Lc 16, 9-11). E qui cominciano le dolenti note. Che Luca fa risuonare per la sua problematica comunità, dove continuano ad esserci alcuni ricchi accanto ai poveri. E dove, perciò l’insegnamento di Gesù è andato a farsi benedire. La ricchezza è sempre disonesta finché vi saranno poveri: è questo che il mondo e molte delle “sue” chiese non intendono. O fingono. Ciò che aveva teorizzato Ron Hubbard prima di fondare la sua chiesa di Scientology (“fondare una chiesa è la maniera più rapida per arricchirsi”) è, tristemente, pratica comune di molte altre. Luca, richiamando la parola di Gesù, si limita ad allertare i suoi circa la pericolosa deriva cui si espongono quanti assumono con disinvoltura una “teologia” (e relativa pratica) della “prosperità”, come senso e orientamento della propria esistenza. No, non c’è proprio nulla in comune tra il mio (personale, comunitario, ecclesiastico, addirittura monastico) rincorrere e accumulare ricchezze, e quell’uomo che nudo, spogliato di ogni misero bene, privo di ogni appariscenza, reso canaglia, pende dalla croce. E quell’uomo è Dio. Cioè il senso assoluto della nostra vita, se ci si crede. “Fatevi amici con la disonesta ricchezza”. Non è disonesta, me la sono sudata! Disonesta è la destinazione che, per i cristiani almeno, ha nome “comunione”. Ma questo è assistenzialismo! Di’ un po’: fa assistenzialismo una mamma coi suoi figli? O un fratello coi fratelli? O un figlio con i vecchi genitori? Se sei cristiano (per davvero, non solo per l’anagrafe parrocchiale), tutti gli altri ti sono fratelli e sorelle, come figli e figlie dell’unico Padre. Ma questa è retorica. Forse hai ragione, ma è la retorica di Gesù, di Dio. Se non ti va, puoi sempre scegliere altro. Mammona, per esempio, (in tutte le sue declinazioni sociali, politiche e persino religiose), ti andrebbe? È la prossima fermata. Uscita a destra.       

 

Oggi è memoria di Pietro Wu Gousheng, catechista e martire in Cina.

 

07 PIETRO WU GUOSHENG.gifNato nel 1768 a Longping, nella provincia cinese del Guizhou, in una famiglia povera, non-cristiana, Wu Gousheng  era cresciuto con una forte passione per la giustizia, che lo portava in ogni occasione a prendere le difese dei più poveri e oppressi. Lavorando duro, riuscì a risparmiare il sufficiente per aprire una locanda. Un giorno ricevette due ospiti cristiani,  Xu e Leng, mandati ad aprire la strada alla presenza missionaria a Longping. I due notarono che Gousheng era schietto, generoso ed estroverso, oltre che conosciuto e rispettato nella regione. E cominciarono a parlargli della fede cristiana, convincendolo presto ad aderire ad essa. Nel 1795 ricevette il battesimo, assumendo il nome di Pietro. Il cambiamento che questo determinò nella sua vita e l’impegno a vivere sempre più profondamente la testimonianza all’Evangelo, indussero i missionari a farlo responsabile dei cristiani di quella regione. In poco tempo si contarono a centinaia coloro che avevano deciso di aderire alla nuova fede. Nel 1814 scoppiò una violenta persecuzione contro i cristiani e il 3 aprile di quell’anno Pietro Wu Gousheng fu arrestato. Durante il processo fu sottoposto ad ogni specie di tortura, sopportate con incredibile pazienza e coraggio. Richiesto di calpestare il crocifisso e di rinnegare la fede cristiana, rifiutò. Condannato a morte, la sentenza venne eseguita il 7 novembre 1814.  Il 1° Ottobre dell’anno 2000, Giovanni Paolo II lo canonizzò assieme ad altri 119 martiri cinesi.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera ai Romani, cap.16, 3-9.16.22-27; Salmo 145; Vangelo di Luca, cap.16, 9-15.

 

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

 

Ieri hanno portato in ospedale dona Dominga, madre di Ditinha e di Jacir, nonna di Wagner (tanto per non fare confusione dato che le Domingas qui abbondano). È sul deboluccio, per via della brutta polmonite che si è presa (con l’aggiunta di qualche complicazione), ma con noi, quando si è andati a trovarla all’ospedale São Pedro, non riesce mica a mettersi seria. E tossisce e ride e ride e tossisce, finché noi la si minaccia: Guarda che se continui, si va via! Beh, mettetela un po’ nelle vostre preghiere.

 

Continua la polemica sul crocifisso, innescata un po’ artificiosamente nel vostro Paese, a partire dalla sentenza di Strasburgo,  forse per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da altri e più urgenti problemi. Confessiamo che ci pare piuttosto buffo vedere tanti atei-devoti e leghisti neo-pagani (ancora più pagani dopo le precipitose, interessate, recenti conversioni), scendere in campo a difesa del ritrovato simbolo della loro identità (ma, come, non erano, fino a ieri, i “danée” per gli uni, e il dio-Po per gli altri?). Certo, comunque, che un crocefisso ridotto ad arredo degli edifici pubblici o a simbolo di una cultura o di una tradizione è assai meno impegnativo di una Verità di cui i cristiani sono chiamati a essere “trasparenza”.   L’umanità attende da noi che le mostriamo il volto del Dio vivente (cioè, il Crocifisso, per i cristiani), non che lo appendiamo a una parete. È quanto sostiene il card. Léon Joseph Suenens in questo brano del suo Discorso d’apertura al Congresso mondiale di teologia, svoltosi a Bruxelles dal 12 al 17 settembre 1970. Che, nel congedarci, vi proponiamo come nostro   

  

PENSIERE DEL GIORNO

Ciò che l’umanità attende da noi, cristiani, è che le mostriamo il volto del Dio vivente. La Rivelazione non è principalmente un complesso di verità astratte, un catalogo di proposizioni, di tesi dottrinali, ma è anzitutto qualcuno che si rivela. L’esclamazione di Claudel nel momento della sua scoperta di Dio: «Ecco che tu sei Qualcuno, finalmente!» rimane vera per ogni incontro religioso autentico. La Rivelazione è Dio che si rivela a noi, che viene a noi e in noi per camminar con noi sulle nostre vie e la cui Parola vivificante e sempre attuale penetra e trasfigura le nostre vite. La Rivelazione è una storia unica, composta di avvenimenti che hanno salvato e salvano l’uomo dal peccato e dalla morte; storia gravida di promesse adempiute o attese; storia della tenerezza immensa di Dio per i suoi figli. […] Anche ai nostri tempi, è lui che gli uomini vogliono vedere coi loro occhi e toccare con le loro mani. Simili a quegli uomini di Palestina che si avvicinavano all’apostolo Filippo per dirgli: Vogliamo veder Gesù, anche i nostri contemporanei aspirano ad un incontro con lui, ad un contatto diretto. La vera sfida, per cristiani come noi, deriva dal fatto che essi esigono di vedere il Cristo in ognuno di noi: vogliono che siamo trasparenti nei suoi confronti, come una vetrata al sole. E’ la sfida che il mondo lancia a noi, alla Chiesa come istituzione, alla Chiesa come popolo di Dio, ai vescovi come ai fedeli. (Card. Léon Joseph Suenens, Discours d’ouverture au Congrès mondial de théologie de Bruxelles).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 07 Novembre 2009ultima modifica: 2009-11-07T23:50:00+01:00da fraternidade
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