Giorno per giorno – 05 Novembre 2009

Carissimi, 

“Si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: Costui accoglie i peccatori e mangia con loro. Ed egli disse loro questa parabola: Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova?” (Lc 15, 1-4). No, loro non l’avrebbero fatto, e neppure noi, a dire il vero. Ancora ancora, se le pecore fossero al sicuro nell’ovile, ma lasciarle nel deserto, con il rischio di non trovarne più nemmeno una, al nostro ritorno, o, chissà, perderci, noi stessi, in quel deserto (che è il mondo),  proprio no. Bisogna essere matti. Come Gesù, appunto. Che si è letteralmente perduto, ci ha lasciato le penne e va a sapere se ha trovato davvero qualcuno disposto a lasciarsi salvare. Dei cattivi e, più ancora, dei buoni. Ma poi cos’è questo salvare, essere salvati? Tanto per cominciare è avvicinare e lasciarsi avvicinare (v.1), accogliere, mangiare assieme (v.2). Presumibilmente, senza giudicare, né, tanto meno, condannare, che sono due verbi che, gli altri, li tengono lontani. Essere salvati e salvare è  questa cosa qui: è questo finire della solitudine che ti porti dentro anche quando sei in compagnia, sentirsi raggiunti da uno sguardo che ti dice: mi piaci come sei, è dare un po’ d’acqua a chi ha sete di neppure lui sa cosa, è dividere il pane, che è più del pane, è la vita, è cominciare a orientarsi seguendo, titubante, i passi dello Sconosciuto che ormai ti porti dentro. Essere salvati, salvare è questo camminare, che non sai dove ti porterà. A perderti, certo, come è successo a Lui. Ma, perciò, anche a salvarti, a salvare.          

 

Oggi il calendario ci porta le memorie del Card. Jules-Géraud Saliège, pastore e “giusto tra le nazioni”,  e di Giorgio La Pira,  il sindaco santo.

 

05 Jules-Géraud Saliège.jpgJules-Géraud Saliège era nato a Mauriac il 24 febbraio 1870. Ordinato prete nel 1895, divenne, due anni più tardi, rettore del Seminario Maggiore  di Saint-Flour, dove resterà fino al 1914, quando partì per il fronte come cappellano militare. Dopo la Guerra, nell’ottobre 1925 fu nominato vescovo di Gap e, nel dicembre 1928, arcivescovo di Tolosa. Il 12 aprile 1933, poco dopo l’ascesa al potere di Hitler, avvenuta nel gennaio dello stesso anno, mons. Saliège, prese pubblicamente le difese degli ebrei minacciati dall’avanzata del nazismo. Il 19 febbraio 1939  ricordò la condanna, da parte della Chiesa, del razzismo, un errore che PioXI, nella Lettera Enciclica Mit Brennender Sorge aveva dichiarato fondamentalmente contrario agli insegnamenti del Vangelo. Schierato inizialmente, come la quasi totalità dei vescovi francesi, a favore del governo collaborazionista del maresciallo Petain, se ne allontanò decisamente a partire dal marzo 1941, condannandone i principi totalitari e la deriva antisemita. Parrocchie e istituzioni religiose furono da allora sollecitati a ospitare e nascondere gli ebrei perseguitati, a falsificare documenti di identità e redigere falsi certificati di battesimo, a organizzare la fuga dei ricercati in Spagna attraverso i sentieri dei Pirenei. Il 23 agosto 1942 con una Lettera Pastorale che recava la perentoria postilla: “Da leggersi in tutte le chiese senza commenti”, il card. Saliège condannava una volta di più gli orrori a cui si doveva assistere. Sfuggito, il 9 giugno 1944, all’arresto e alla deportazione, per le precarie condizioni di salute che ne impedirono il trasporto, dopo la liberazione fu acclamato come “primo resistente della città” nella piazza del Campidoglio. Ricevette la Croce dell’ “Ordine della Liberazione”.  Il Memoriale Yad Vashem gli diede il riconoscimento di Giusto tra le nazioni (Hasid Ummot Ha-‘Olam), per le molte vite di ebrei che salvò. Creato cardinale il 18 febbraio 1956, morì il 5 novembre dello stesso anno.

 

05 LA PIRA.jpgGiorgio La Pira nacque il 9 gennaio 1904 a Pozzallo, in Sicilia, da Gaetano La Pira e Angela Occhipinti, primogenito di sei figli. Giovane studente di Diritto, all’università di Messina, visitava le vecchie baracche della città, portando cibo, medicine, vestiti. Laureatosi a pieni voti, nel 1926, dopo un corso di specializzazione, in Austria, in Diritto Romano, fu chiamato a insegnare all’Università di Firenze. Nel 1928 divenne membro dell’Istituto secolare dei Missionari della Regalità di Cristo, pronunciando i voti religiosi. Nel capoluogo toscano conobbe presto e divenne amico di mons. Elia Della Costa e di don Giulio Facibeni. L’amicizia che contemporanemente instaurò con mons. Montini lo portò a incontrare don Raffaele Bensi, che scelse come suo direttore spirituale. In quegli anni continuò e approfondì il suo impegno sociale, divenendo, durante la dittatura fascista, un coraggioso difensore dei diritti della persona umana. Nell’immediato dopoguerra, eletto Deputato alla Costituente, contribuì, con Moro, Dossetti, Basso, Calamandrei, Togliatti, alla formulazione dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica, affermando le libertà civili e religiose, il diritto al lavoro, il valore della persona umana. Eletto nel 1951 sindaco di Firenze, avviò una politica, le cui priorità erano l’affermazione del diritto alla salute, alla casa, al lavoro e l’instancabile ricerca del dialogo, della pace e dell’amicizia tra i popoli. Abitando, finché la salute glielo permise, in una cella del convento domenicano di san Marco, lavorò senza sosta per abbattere i muri della sfiducia, dell’odio, dell’inimicizia. Incontrò i maggiori leader mondiali dell’epoca, parlando ai cuori e alle menti di tutti, durante le crisi più difficili degli anni 50 e 60. Morì il 5 novembre 1977.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera ai Romani, cap.14, 7-12; Salmo 27; Vangelo di Luca, cap.15, 1-10.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

Solo, in aggiunta a questa nostra, una nota di colore. Se mai si fosse nutrito un qualche dubbio sull’opportunità di lasciare o meno il Crocifisso sulle pareti di aule scolastiche, tribunali ed edifici pubblici del vostro Paese,  ce l’avrebbe fatto passare la registrazione dello show in cui si è esibito l’onorevole La Russa, ospite di Lamberto Sposini in “La vita in diretta”. “Non lo toglieremo il crocifisso, possono morire, possono morire, possono morire,  il crocifisso resterà in tutte le aule della scuola in tutte le aule pubbliche” gridava invasato, che neanche il diavolo, o un Bin Laden (a cui, all’uno e all’altro, il nostro inquietantemente assomiglia). Brandendo metaforicamente il crocifisso come un martello. Come dire: questo ha capito tutto!  

 

Noi ci si congeda qui, lasciandovi alla lettura della “Lettera Pastorale sulla persona umana di Mons.  Jules-Géraud Saliège. Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Miei carissimi fratelli, c’è una morale cristiana, c’è una morale umana, che impongono dei doveri e riconoscono dei diritti. Questi doveri e questi diritti riguardano la natura umana. Vengono da Dio. Non possono essere violati. Nessun mortale ha il potere di sopprimerli. Che dei bambini, delle donne, degli uomini siano trattati come un branco spregevole, che i membri di una stessa famiglia siano separati gli uni dagli altri e imbarcati per una destinazione sconosciuta, è il triste spettacolo a cui questo nostro tempo è costretto ad assistere. Perché il diritto d’asilo non esiste più nelle nostre chiese? Perché siamo dei vinti? Signore, abbi pietà di noi. Nostra Signora, prega per la Francia. Nella nostra diocesi si sono verificate scene spaventose nei campi di Noé e di Récébédou. Gli Ebrei sono uomini, le Ebree sono donne. Gli stranieri sono uomini, le straniere sono donne. Non tutto è permesso contro di loro, contro questi uomini, contro queste donne, contro questi padri e madri di famiglia. Essi fanno parte del genere umano. Sono nostri Fratelli come tanti altri. Un cristiano non può dimenticarlo. Francia, amata patria, Francia che porti nella cascienza  di tutti i tuoi figli la tradizione del rispetto della persona umana. Francia cavalleresca e generosa, non ne dubito, tu non sei responsabile di tali orrori. Ricevete, miei cari fratelli l’assicurazione della mia rispettosa devozione. Jules-Géraud Saliège, Arcivescovo di Toulouse, 13 Agosto 1942. Da leggere domenica prossima, senza commenti. (Jules-Géraud Saliège, Lettre sur la personne humaine).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Novembre 2009ultima modifica: 2009-11-05T23:18:00+01:00da fraternidade
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Un pensiero su “Giorno per giorno – 05 Novembre 2009

  1. Non nelle aule del tribunale, là dove spesso vengono condannati gli innocenti ed assolti i delinquenti; né sulle vette dei monti e delle colline, deturpate dalla bulimia vorace di impresari senza scrupoli e amministratori conniventi; e nemmeno nelle aule scolastiche, là dove spesso si ricicla una cultura intrisa di violenza e di soprusi. No! L’unico luogo in cui degnamente può stare una croce è un non luogo: è la coscienza del credente, là dove nascono e maturano quei comportamenti che fanno del cristiano, questo sì, il vero segno della di Lui presenza. Lamentiamo e protestiamo contro quello che nei secoli è stato un vero e proprio trasloco abusivo da una testimonianza esistenziale interiore ad una invadenza superficiale esteriore. Una croce ridotta a simbolo culturale costituisce, per la sensibilità del credente, una profanazione di svuotamento; mentre per molti politici ed altrettanti ecclesiastici diventa moneta di scambio per il consolidamento del loro potere. Simbolo equivoco è diventata questa croce trasformata in spada, che invece di unire divide e che invece di proporsi si impone.

    Aldo Antonelli

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