Giorno per giorno – 31 Ottobre 2009

Carissimi,

“Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto” (Lc 14, 7-8). È solo l’inizio della parabola che Gesù ci racconta nel vangelo di oggi. E dovrebbe però essere sufficiente. Perché dice quanto basta dello “stile” che vige nel regno, e nella chiesa, se vuol essere suo sacramento e non la brutta copia dei regni del mondo. Una vera e propria corsa agli ultimi posti, come Dio per primo si era fiondato, duemila anni fa, in quella casupola di Nazareth, a cercare una madre per suo figlio e si era scelto quella bruna ragazzina anonima che, chi la conosceva? E subito dopo, nove mesi dopo, il suo divin figliolo, per non smentirsi e non smentirlo, sarebbe andato a nascere niente meno che in una stalla, per morire poi, trent’anni più tardi, o giù di lì, bieco estremista, su una croce. Gli ultimi posti, sempre e comunque. Siamo noi davvero la sua chiesa? Di quelle che uno entra e chiede: dov’è il prete (o il pastore, o il vescovo, o il papa)? e l’altro gli risponde: non vedi? È dove deve stare, in ginocchio o accoccolato, là in fondo. Al posto di Dio. Ma, quelli in prima fila, riveriti, incensati, osannati, chi sono allora? Sono gli ultimi arrivati, la passione di Dio, mendicanti, zingari, clandestini, disoccupati, matti. O anche solo poveri vecchi. Inutili vecchi. Ce n’è, da noi, da voi, di chiese (e perciò di relazioni) così? Sì, sì, d’accordo, è retorica. Ma, allora, anche il Vangelo è solo retorica. E perché mai ci diciamo chiesa se ci potrebbe bastare di essere una sede (e noi soci) di un qualsiasi Rotary Club o di una bocciofila, se preferiamo?    

 

Oggi ricordiamo Louis Massignon, profeta del dialogo tra le civiltà, Abba Roweis, egiziano, folle di Cristo, nonché l’inizio della Riforma protestante.

 

31 massignon_portrait.jpgLouis Massignon nacque a Nogent-Sur-Marne (Francia), il 25 luglio 1883. Quand’era ancora incredulo, si appassionò per la cultura e la mistica islamica. Nel 1905 conobbe Charles de Foucauld, la cui testimonianza marcherà indelebilmente il cammino spirituale di Massignon. Nel 1908, accusato dalle autorità turche di spianoggio a favore del movimento nazionalista arabo, fu arrestato e incarcerato nelle prigioni di Bagdad. Qui, con una “visione” del patriarca Abramo, iniziò il processo della sua conversione, che Massignon fece coincidere con la data della sua prima confessione sacramentale, nella chiesa di san Giuseppe a Beirut, il 25 giugno 1908. Sposato con Marcelle Dansaert, ebbe tre figli. Trovò in Francesco d’Assisi il modello del dialogo con l’Islam e fece della non-violenza gandhiana la sua opzione di vita. Nel 1934, fondò con Maria Kahil, una cristiana egiziana, la Badaliya, una comunità che vuole contribuire alla fratellanza cristiano-musulmana, attraverso la preghiera, la carità e la santificazione personale. Nel 1949, Pio XII, ricevendolo in udienza, gli concesse di passare al rito cattolico greco-melchita, perché potesse essere ordinato sacerdote, nonostante il matrimonio. Solidale con la lotta di indipendenza dell’Algeria, non si stancò di pregare, digiunare, denunciare ripetutamente le violenze delle autorità coloniali francesi contro quel popolo. Morì improvvisamente d’infarto la notte del 31 ottobre 1962. Aveva scritto: “Esiste un popolo che nessuno veramente ama, perché nessuno veramente conosce, e che nessuno veramente conosce, perché nessuno veramente ama, e questo popolo è il popolo musulmano. Sento il dovere di dedicare tutta la mia vita per farlo conoscere e amare dai cristiani”.

 

31 ROWEIS.jpgFreig (questo il nome che gli diedero i genitori) nacque nel 1334  nel villaggio di Miniet Yameen, sul delta del Nilo, da una famiglia di contadini così poveri che il nostro, fin da bambino, dovette aiutare il padre a guadagnarsi da vivere. Nonostante la miseria, essi possedevano un cammello, chiamato Roweis (“piccola testa”), che aveva l’abitudine, quando il ragazzino non si alzava per tempo, di accovacciarglisi vicino e passargli la testa sui piedi per svegliarlo.  Quando Freig ebbe vent’anni, scoppiò una dura persecuzione contro i cristiani. Temendo che questi arrivassero al punto di rinnegare la fede, decise di recarsi al Cairo,  per consolare e incoraggiare i cuori pavidi. Fu allora che assunse il nome del suo vecchio cammello, Roweis, e cominciò a percorrere le regioni dell’Alto Egitto. Nulla possedendo, lavorava con le sue mani, digiunava e passava le notti vegliando e pregando.  Girando nudo, con solo una cintola di cuoio in vita, passava nelle case, insegnava a pregare, benediceva le famiglie, curava i malati. Aggredito e percosso da malfattori, non si lasciava sfuggire un lamento. Spesso Cristo gli apparve, dialogando a lungo con lui. Indebolito dai digiuni e dalle privazioni, Roweis visse gli ultimi nove anni di vita , disteso sulla nuda terra. La gente continuava a recarsi presso di lui per chiedergli preghiere e consiglio. Quando presentì la fine, chiamò i suoi discepoli, lasciò loro il mandato dell’amore reciproco e li benedisse uno ad uno. Per la devozione che nutriva alla Vergine Maria, la pregò di farlo morire il giorno della sua festa. E, di fatto, egli morì il 21 babah del 1121 dell’era dei martiri (corrispondente al 18 ottobre 1404, nel calendario giuliano e,  nel nostro calendario gregoriano, al 31 ottobre).

 

31 MARTIN LUTHER.jpgIl 31 ottobre 1517, il monaco agostiniano tedesco, Martin Lutero (1483-1546), rese pubbliche le 95 tesi contro la predicazione delle indulgenze, così com’era praticata dal domenicano Johannes Tetzel. Egli non pensava ancora ad una riforma della Chiesa, né, tanto meno, sognava di provocare una divisione. Fu, infatti, solo a partire dalla sua condanna da parte del papa Leone X (1520), che Lutero, portato per una sorta di reazione a catena a posizioni ogni volta più radicali, elaborò una dottrina che mirava, nelle sue intenzioni,  a restaurare i dati autentici della fede cristiana, così come sono proposti nella Sacra Scrittura. Tale dottrina chiariva con energia rinnovata i grandi principi dell’autorita della Bibbia (sola scriptura), della giustificazione per fede (sola fides), del perdono universale (sola gratia); dell’unico mediatore (solo Christo). Al di là di ogni intenzione soggettiva, il 31 ottobre divenne la data convenzionale che segna l’inizio della Riforma protestante.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera ai Romani, cap.9, 1-5; Salmo 147; Vangelo di Luca, cap.14, 1-6.

 

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

 

Oggi sono dieci anni dalla Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, sottoscritta ad Augusta, il 31 ottobre 1999, dalla Federazione luterana mondiale (FLM) e dalla Chiesa cattolica. Un documento che segnò la fine delle reciproche condanne dottrinali in materia e che, nel 2006, sarebbe stato sottoscritto anche dall’Assemblea mondiale delle chiese metodiste, riunita a Seoul in Corea del Sud. Passi sulla via dell’ecumenismo, di cui c’è da ringraziare il Cielo, anche se non sapremmo dire quanto il loro contenuto esca dai circoli degli addetti ai lavori. Ma che, tuttavia, aiutano forse a guardarsi un po’ meno in cagnesco tra cristiani. Almeno tra alcuni, se non, per il momento, proprio tutti.   Grammatica dell’Ecumenismo” (Cittadella Editrice) è un testo bello, profondo e documentato, del frate servita Giancarlo Bruni, della Comunità di Bose, che ci è già capitato qualche volta di citarvi. Scegliamo di farlo anche oggi, offrendovi in lettura, nel congedarci il brano che segue come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Il perché delle Chiese è di essere il luogo della Presenza nella storia in termini cristologici e trinitari, questo suggerisce lo Spirito alle Chiese. Un modo di essere e di esserci operato da Dio che qualifica la Chiesa come l’Una Sancta in stato di permanente richiesta di perdono. Le Chiese, unite in questa consapevolezza della propria vocazione, sono chiamate dal medesimo Spirito a ricomporre nell’unità di un consenso differenziato le risposte a una serie di domande che esasperate in senso unidirezionale sono state causa di conflitti, di ferite, di malintesi e di separazione. Un discorso apparentemente interno alle Chiese ma strettamente connesso alla qualità del loro porsi nella compagnia umana. […] La Chiesa riformata insiste sulla Parola contenuta nella Scrittura sottolineando l’aspetto personale di una conversione da testimoniarsi nella libertà della fede nella quotidianità del proprio vivere. La Chiesa ortodossa insiste sulla sinassi come epifania di una comunione cosmico-umana operata dalle energie spirituali effuse dal Risorto, sinassi segno del mondo a-venire. La Chiesa cattolica nei suoi momenti migliori tende ad assumere l’una e l’altra prospettiva. Oggi lo Spirito rende le Chiese sufficientemente intelligenti da capire che è giunto il momento di riunificare e riassumere ecumenicamente l’insieme dei frammenti sparsi: lectio, fractio, civitas, cella, cenacolo, piazza, tu, noi, persona, assemblea. La parola che Dio rivolge al tu personale nel segreto della cella vinaria, lectio divina, è la medesima che Dio rivolge all’assemblea riunita nel cenacolo della Cena e della sinassi, parola che fa ardere il cuore e che si fa pienamente riconoscere nello spezzare il pane, fractio panis. La Chiesa riformata della Parola-individuo e le Chiese cattolica e ortodossa dell’eucaristia-assemblea sono reciproche e interpellate a ricomporre in unità ciò che non può essere separato: il Vangelo di Emmaus e il dirsi di Dio come amante del suo popolo e conoscitore del nome di ciascuno. Verbo che nella Scrittura si consegna all’udito e che nel pane si dona alla bocca in vista della nascita di un singolare tu personale e tu assembleare. Un “venire” per l’ “andare” rinnovati nella città umana, la civitas. (Giancarlo Bruni, Grammatica dell’Ecumenismo).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.  

Giorno per giorno – 31 Ottobre 2009ultima modifica: 2009-10-31T23:31:00+01:00da fraternidade
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