Giorno per giorno – 29 Ottobre 2009

Carissimi,           

“Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!” (Lc 13, 34-35). Non fosse stato per la memoria degli apostoli Simone e Giuda, ieri avremmo letto il Vangelo, cioè, letteralmente, la buona notizia, della “porta stretta” (Lc 13, 22-30). E chiamala “buona notizia”!, ci siamo detti oggi pomeriggio con i ragazzi della chácara di recupero, dove abbiamo fatto oggetto della nostra riflessione l’intero capitolo 13 di Luca. Eppure lo è davvero, per un certo numero di motivi. Perché, dietro il monito dato da Gesù ai suoi interlocutori, Luca intende allertare la sua comunità, e ogni altra comunità a venire (anche noi, dunque), che la salvezza non dipende dal grado di frequentazione e di apparente intimità con Gesù. Neppure nella sua versione sacramentale. Come lascia intendere l’espressione “abbiamo mangiato e bevuto alla tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze” (Lc 13, 26). Dipende invece dal non ostinarci ad operare iniquità. O dal colludere con essa, anche solo nella forma del silenzio, dell’omertà, dell’indifferenza.  Uomo avvisato, mezzo salvato! È già una prima buona notizia. Se, poi, ci venisse mai la tentazione di preoccuparci della salvezza altrui, dei protestanti, per esempio, o di  ebrei, musulmani, buddisti, induisti, variamente pagani, atei, o agnostici (la maggioranza del mondo, quelli che, insomma, la verità non ce l’hanno in tasca come noi), Gesù ce ne libera subito (altra buona notizia!): è il caso di preoccuparci della nostra, “loro” hanno molto meno da temere. E, infine, Gesù dice, sì, che saremo cacciati fuori (forse non proprio tutti quelli della sua Chiesa, ma molti), però alla fine aggiunge: “ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi” (v.30). E, quand’anche agli ultimi posti, sembra ci sia comunque speranza. Anche per noi.  Poi, c’è il Vangelo di oggi. Con Gesù che non si lascia imporre l’agenda dal potente di turno e, anzi, gliele manda a dire: Dite a quella volpe…” (v.32). E forse, noi, non ci si dovrebbe limitare a leggerlo in chiesa, ma farne criterio di scelta delle nostre amicizie, alleanze, relazioni e reazioni. Come dire: diffidate sanamente del potere! Il potere è un volpone che aspetta solo l’occasione propizia per far fuori la gallina. E non è un caso che, subito dopo, Gesù si paragoni alla chioccia (il Principio della cura) che tenta – inutilmente in qualche caso – di proteggere i pulcini. I quali, infelici, si fidano di più della volpe. E le cose finiscono com’è logico che vadano a finire.  Già, ma Lui (il Principio della cura in azione) tornerà. Come e quando, non lo sappiamo, ma ne saremo finalmente felici, dato che, nel frattempo, ci si saranno aperti gli occhi. E diremo: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore” (v.35).           

 

Oggi il nostro calendario ecumenico ci porta la memoria di al-Hassan al-Basri, mistico islamico, e di Mons. Christophe Munzihirwa, martire in Congo.

 

29. al-Hassan al-Basri.jpgHassan nacque a Medina nel 643 d.C. (21 dell’era egiriana), dieci anni dopo la morte del profeta Mohammed, e visse in un’epoca violenta e travagliata per la giovane comunità islamica. Quello della guerra tra i sostenitori di Alí (con la sua shi’a – da cui gli sciiti), con base nell’attuale Iraq, e i siriani al seguito del  governatore di Damasco, Mu’awiya, che governava con pugno di ferro, reprimendo nel sangue  la protesta e le rivolte di quanti non tolleravano il suo sistema tirannico. Abitando a Basra (la Bassora irachena), nel Golfo Persico, al-Basri si trovò dunque al centro delle sollevazioni contro la dinastia omeyyade. A quanti volevano coinvolgerlo nella lotta contro quel regime iniquo, al-Basri rispondeva che “Dio non cambia niente in un popolo prima che questo popolo non sia cambiato lui stesso”. Se non si elimina la violenza, come principio e motore del cambiamento, la situazione non muterà: “Volete cambiare questa situazione ingiusta? Dio la cambierà, se rivediamo la nostra vita, non se ricorriamo alla spada”.  Questo non significa tuttavia tacere davanti all’ingiustizia, che, anzi, al-Basri  la denunciò con veemenza durante tutta la sua vita, e neppure ubbidire alle leggi ingiuste, nei confronti delle quali il santo sollecitò l’obiezione di coscienza. Disse infatti: “Circa l’applicazione delle leggi, temi Dio piuttosto che il tuo governatore. Dio infatti ti proteggerà dal governatore, ma questi non ti proteggerà da Dio. Tu non sei obbligato a obbedire a una creatura che disobbedisce a Dio. Confronta le disposizioni del governatore con la Rivelazione di Dio. Se la lettera è d’accordo con il Libro sacro, eseguisci gli ordini che essa contiene; se lo contraddice, non eseguirli. È meglio obbedire a Dio che al governatore, alla Rivelazione di Dio che alle leggi umane”.  Primo tra i mistici musulmani e modello per ogni credente di fedeltà alla comunità, di denuncia profetica dell´ingiustizia e di obbedienza alla voce della coscienza, Hassan di Bássora morì il 10 Rajab del 110 (secondo il calendario egiriano), che coincide, nel nostro calendario, con il 14 ottobre 728.

 

29. Munzihirwa.jpgChristophe Munzihirwa Mwene Ngabo era nato a Lukumbo, nei pressi di Walungu (Kivu, Congo) nel 1926. Dopo essere stato ordinato prete  nel 1958, nel 1963 chiese e ottenne di entrare nella Compagnia di Gesù. Dopo gli studi all’università di Lovanio, in Belgio, rientrò in Zaire, dove gli fu affidata la direzione spirituale dei gesuiti in formazione a Kimweza. Nel 1971 visse la stagione della contestazione studentesca che sfociò nell’arruolamento forzato degli studenti nelle file dell’esercito. Anche se per la sua età avrebbe potuto essere dispensato, scelse di condividere volontariamente l’arruolamento con i suoi studenti. Nel 1975 fece la sua professione religiosa solenne. Dal 1980 fu per sei anni provinciale dei gesuiti dell’Africa Centrale (Zaire, Ruanda e Burundi). Nel 1986 venne nominato vescovo coadiutore della diocesi di Kasongo, di cui divenne titolare quattro anni più tardi. Nel 1994 partecipò a Roma al Sinodo Speciale per l’Africa. Nominato arcivescovo di Bukavu, nel 1995, visse da vicino il dramma di centinaia di migliaia di rifugiati ruandesi. Durante i successivi due anni dedicò ogni sforzo per additare un cammino di pace alle forze in conflitto nella regione dei Grandi Laghi. Spirito libero, Mons. Munzihirwa si caratterizzò per uno stile di vita poverissimo e per il coraggio profetico con cui seppe in ogni occasione denunciare violenze, corruzione, ruberie, nonché i giochi e gli interessi delle grandi potenze, che agivano dietro le quinte. Fu ucciso a bastonate da alcuni soldati delle milizie ruandesi il 29 ottobre 1996. 

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera ai Romani, cap.8, 31-39; Salmo 109; Vangelo di Luca, cap.13, 31-35.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

Bene, tra le buone notizie del bairro, c’è quella che, ieri sera, Norma e altri volontari dell’Amor exigente  hanno tenuto, nel Centro Comunitário, il primo incontro aperto a quanti, nei paraggi, vorranno uscire dal tunnel dell’alcool e della droga e ai loro famigliari. E noi speriamo siano un buon numero.  

 

Noi ci si congeda qui, lasciandovi ad una parola di al-Hassan al-Basri che delinea i tratti del vero credente. E noi potremmo anche deprimerci, tanto ne siamo lontani. Del resto, Ibn al-Jawzi  che ce l’ha tramandata nella biografia a lui dedicata, aggiungeva che, terminando di parlare, anche al-Hassan pianse e fece piangere i suoi uditori.  Beh, è questo per oggi il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Il credente, se gli si muovono dei rimproveri, cerca di non prendersela; se ci si burla di lui, dá prova d’indulgenza; se subisce un’ingiustizia, pazienta; se viene oppresso, si allontana; cerca protezione solamente in Dio, di Dio solo domanda l’aiuto. Quando è in pubblico, è pacato; quando è solo, è molto riconoscente; ciò che possiede gli basta; loda [Dio] per l’agiatezza. È paziente nelle disgrazie, la disperazione non l’attinge e non si lascia vincere dall’avarizia. Se siede tra quanti fanno baccano, lo si iscrive tra quanti invocano [Dio], e se siede tra quanti invocano [Dio], lo si iscrive tra gli spensierati. Il credente ha un volto sorridente, un buon comportamento, è benevolo e generoso, è clemente e mantiene i vincoli di parentela; se qualcuno rompe i legami di parentela con lui, lui li mantiene; se gli si fa del male, lui sopporta; lo si umilia, ed egli onora; esercita una grande pazienza nelle disgrazie e sopporta ogni tipo di pregiudizio; la vita terrena non ha alcun valore per lui, è per questo che non si costruisce case e non cambia di vestito; ha completa fiducia [in Dio] e non pensa male di Dio. Il credente è pacifico, mite, pio, puro, virtuoso, soddisfatto; è pallido, ha i capelli arruffati, desidera poco, è intelligente in ciò che concerne la religione, ed è sciocco in ciò che riguarda la sua vita terrena. Il credente è rispettoso e generoso con il suo prossimo, obbedisce all’Onnipotente, fugge i castighi dell’Inferno, la sua anima testimonia la scienza di Dio, le sue membra invocano Dio, la sua mano è tesa verso il bene, si affatica a fare il suo esame di coscienza e le persone con lui  si sentono al sicuro. Il credente è sincero se promette, asseconda rapidamente, rifugge dalla collera, apprende se lo si istruisce, se gli si spiega comprende; chi lo prende come amico è al sicuro, chi lo frequenta ci guadagna, ha piena ragione, lavora molto, ha poca speranza, ha un buon comportamento, nasconde la sua collera. (al-Hassan al-Basri).  

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 29 Ottobre 2009ultima modifica: 2009-10-29T23:57:00+01:00da fraternidade
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