Giorno per giorno – 28 Ottobre 2009

Carissimi,

“In quei giorni Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore” (Lc 6, 12-16). C’è poco da aggiungere a questo Vangelo di oggi, ci dicevamo stamattina. Forse, se lo vogliamo, solo i nostri nomi. E sarebbe già una grande cosa. Sentirci chiamati e rispondergli: eccomi. Sapendo, Lui e noi, che saremo capaci di tradirlo. O di rinnegarlo. O di fuggire e di nasconderci. Ma, chissà, forse anche di vivere e morire per Lui. Sorpresi, noi per primi, della forza e del coraggio di cui ci avrà reso capaci. Proprio come i suoi, allora e in ogni tempo. 

 

Se la liturgia di oggi ci fa leggere questo Vangelo è per via della memoria di due dei Dodici: Simone Zelota  e  Giuda Taddeo, apostoli.

 

28 SIMãO APÓSTOLO.JPG28 Giuda Taddeo.jpgSimone, detto lo Zelota, originario di Cana di Galilea, appare nell’elenco degli apostoli assieme a Giuda, chiamato Taddeo. Il soprannome del primo lascia intendere che, prima di porsi al seguito di Gesù, appartenesse al partito degli “zeloti” (sostenitori della lotta armata contro l’occupazione straniera), o che, per lo meno, ne fosse stato simpatizzante. Giuda, secondo il Vangelo di Giovanni, è colui che durante l’ultima cena, a Gesù che diceva: “Ancora un po’ e il mondo non mi vedrà più, ma voi mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete” (v. 14,19) domanda: “Signore, perché mai ti manifesterai a noi e non al mondo?” (v. 22). Al che Gesù risponderà: Chi non ama non vive la mia Parola [e si chiude così ad ogni possibile manifestazione dell’amore] (cf v.24). Un’antica tradizione vuole che i due abbiano sofferto il martirio in Persia.

 

I testi che la liturgia  propone alla nostra riflessione sono propri della festività odierna e sono tratti da:

Lettera agli Efesini, cap. 2,19-22; Salmo 19; Vangelo di Luca, cap.6,12-16.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita nella testimonianza  per la pace, la fraternità e la giustizia. 

 

Nel pomerigio, uno dei nostri ha scritto a un’amica di lì, per aggiornarla sulla cronaca minima  di queste parti. Gli abbiamo chiesto di poter condividere le sue righe con voi e ci ha detto di sì. Eccole: “Ieri sera, alle sette, sono uscito per andare all’Aeroporto. L’incontro era a casa di João e Marlene, casa poverissima, lui piccolino, magro, sordo, umilissimo, che, a volerne interpretare lo sguardo luminoso, può sembrare un santo e forse lo è davvero. Aveva in braccio Eduardo, che, un giorno, uno dei figli se l’era portato a casa dicendo: è nato da una prostituta che ha detto che è mio. E se lo sono tenuti loro. Il bimbo ha un qualche handicap mentale, non comunica, lo sguardo è duro, da adulto, batte le mani senza sorridere però. Ma è figlio di Dio, anche più degli altri e noi ci si deve allenare a carezzarlo con il Suo sguardo. Poi, finito l’incontro, mi sono detto, vado a trovare dona Almerita e Claudinho. Claudinho è un ragazzo di trentasette anni, o giù di lì, che frequenta la scuola speciale con Maria José, Hilma, Messias, Odaí, Olimpia e gli altri. Quando arrivo nei pressi della casa, Antonio Carlos mi ferma e mi dice: c’è Lilian che sta facendo il maggior scandalo perché è morta la bimba di Vivian. Era nata di non ancora sette mesi la settimana scorsa, l’hanno messa in incubatrice, ma ieri pomeriggio è morta. Lilian, che è la sorella di Vivian, era rimasta in questi giorni all’ospedale a Goiânia per seguire l’evoluzione del caso. Ora gridava e piangeva e si disperava, neppure fosse la madre.  Entro in casa da dona Almerita e c’è lì anche Inâcio, un vicino che si rifugia spesso da lei, perché è sua madrina. A un certo punto comincia a ripetere concitato: Mio fratello non sa l’ora, mio fratello non sa l’ora, mio fratello non sa l’ora, e lascia roteare gli occhi, e cerca di togliersi l’orologio dal polso. Dona Almerita mi fa: comincia la crisi. Lo chiama e lo richiama: Inâcio, guardami, guarda qui, Inâcio, presta attenzione. Gli dico, può servire l’aglio? Lo so dalle crisi di Maria José, che soffre dello stesso male. Mi dice sì. Vado in cucina ne prendo un dente, lo apro, lo passo a dona Almerita che glielo fa annusare. Sembra rimettersi un po’,  ma poi riprende a sragionare. Però, almeno, non cade. Poi dice: ora vado a casa; lei gli fa aspetta un po’, no dice lui ora vado ora vado. Esce, lei dietro, io dietro a lei, lui corre, lei corre, io corro. Fino a che arriva a casa. Là, sua madre se ne prenderà cura.  Saluto tutti, mi incammino verso casa. Sulla porta della casina vicino al ponte, sono sedute tre persone, ma io sto preso dai miei pensieri e neanche li saluto. Poi sento la voce di Rominho e riconosco la voce di Eliane, che si era separata sette anni fa da João, lasciandogli la figlia, Patrícia, per scappare con Joel. Mi fermo: non vi avevo riconosciuto. Rominho sta bevendo da una bottiglia di vino: quando aveva quindici anni l’avevo salvato dalle botte della polizia, e da allora mi è rimasto a suo modo attaccato: quando mi incontra, mi saluta,  scherza, scherzo, ci salutiamo. Mi dice che Leandro, suo fratello (solo per parte di madre, Eunice), che non deve avere ancora vent’anni e si era sposato qualche mese fa con la figlia di Cleusa, nipote di Divina, si è già separato, e ha perso il lavoro, e forse sarà già tornato a bere o a drogarsi. Joel e Eliane, invece, hanno fatto sei anni in accampamento, con i sem-terra, per ottenere un campo da coltivare: alla fine li hanno sistemati in una pietraia, dove non si poteva produrre nulla, ed ora sono tornati in città, pronti a ripartire per qualche fazenda, dove lavorare. Senza più il sogno della terra promessa. Resto a chicchierarci una mezz’ora, mentre Rominho continua a offrirni da bere e io rifiuto. Poi li saluto e me ne salgo a casa. Mi viene da pensare che i poveri a volte sono pieni di poesia, ma ora erano tutti così senza protezione che veniva solo voglia di nascondersi. O di andare a dormire. Dato che anche per pregare ero piuttosto stanco. E difatti. Oggi però è un altro giorno, siamo andati al velório della piccola Ana Vitória (che non ha vinto la sua battaglia con la morte, ma forse sì). E c’è stato chi le ha sussurrato: l’hai scampata bella, piccola mia. Te ne sei andata in tempo. La mamma piangeva composta, come fosse già una signora avanti negli anni. Il papà le teneva la mano. Lilian piangeva, gridava e si disperava. Gli altri chiacchieravano e si raccontavano casi, come sempre in simili circostanze. L’hanno sepolta all’una”.  

 

Noi ci si congeda qui, offrendovi un brano di Hans Urs Von Balthasar,  tratto dal suo “Il cuore del mondo” (Jaca Book). Dice della sua chiamata. E delle nostre resistenze. È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

L’occhio che indefesso guarda verso di me intende sempre l’oggi: “Precisamente adesso voglio essere amato”. Ma io abbasso i miei occhi e dico: ti amerò domani. Domani vedrai che cosa sono capace di fare per te. Il sacrificio che ti offrirò. Domani ti pagherò il doppio se mi concedi anche solo l’ora odierna. Devo ancora raccogliere la rosa prima che sfiorisca, ma a te darò le coccole. Dammi la primavera e allora io ti lascio l’autunno, forse già la tarda estate. Soltanto oggi distolgo da te il mio sguardo e tu potrai, a cominciare da domani, guardarmi sempre. […] Abbi pazienza finché l’onda che adesso mi porta in alto si abbassi o si svuota, finché il velo, che ora mi gioca leggero intorno al viso, si rompe, e il fondiglio dell’esistenza viene fuori. Si dice infatti che tu vieni trovato a preferenza nella delusione, sul lato d’ombra della vita. Oggi vai via e picchia un’altra volta al prossimo giro, allora io sarò un po’ più avanti. Non voglio dire di buttarmi via, non assolutamente; tirami sempre, ma tira piano, agganciami, se proprio, impercettibilmente, a quel modo che il tempo inavvertitamente ci cambia da ragazzi in uomini e vecchi. Prendimi come per gioco in braccio, come una madre leva dalla culla il suo bambino che dorme. E se deve proprio accadere che soffra il dolore della separazione, allora vorrei ancora suggerirti, farti ancora questa confessione: che tu mi puoi prendere sempre domani se solo mi concedi l’oggi. Sono addirittura pronto a prendere su di me la tua croce, a fare la tua via crucis stazione per stazione fino al sacrificio totale, fino alla morte definitiva. Ma a una condizione: domani. Voglio anche tapparmi l’orecchiò, lo voglio già oggi, in mezzo al piacere, già ci penso e me lo tengo chiaro davanti agli occhi: domani ti seguirò. Come il condannato ad ogni boccone del suo ultimo pranzo pensa a domani, così io penso a te, con il proposito di darmi a te. Ma domani, domani, non oggi. (Hans Urs Von Balthasar, Il cuore del mondo).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

 

Giorno per giorno – 28 Ottobre 2009ultima modifica: 2009-10-28T23:00:00+01:00da fraternidade
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