Giorno per giorno – 22 Ottobre 2009

Carissimi,

“Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera” (Lc 12, 51-53). “Altra ‘pagina difficile’, quella del Vangelo di oggi, almeno così sembrerebbe ad una prima lettura. La pace che Gesù viene a turbare è quella della nostra vita accomodata, della  cecità verso i bisogni altrui, della rassegnazione che ci porta a dire: non posso farci niente. La divisione recata da Gesù è quella che si determina automaticamente quando prendiamo la sua Parola sul serio, quando ci impegniamo a denunciare situazioni concrete d’ingiustizia, nei luoghi di lavoro, nella nostre città, nelle pubbliche amministrazioni, e  naturalmente nelle nostre comunità e nella chiesa, impegnandoci a lottare per superarle. La Parola ci chiede di essere vissuta con coerenza, senza paure, con la forza e la luce che Dio ci dà sempre anche quando ci sembra di sentirci ‘persi’ nel buio del non senso”. Ce lo scriveva poche ore fa la nostra amica Nadia, che è del gruppo di quanti, da lì, si fanno sentire, con maggiore o minore regolarità, per dire la loro, offrirci spunti di riflessione, segnalarci casi, criticarci, o anche solo per salutarci e dirci la loro comunione. Sono il nostro zoccolo duro. O i ‘fedelissimi’ (che ce lo fanno sapere). O, anche, qualche volta, il nostro Pronto Soccorso. Solo poche ore prima ci aveva scritto don Aldo Antonelli: “È da un paio di settimane che mi porto dentro, muginando e rimuginando, quella che non so dire se debba essere una legge dell’inclusione (e-e) o quella  ferrea ed esigente dell’esclusione (o-o; aut aut)! Il problema mi si pone perché mi rendo conto che noi, figli del Dio della Comunione e della Convivialità, dovremmo esser capaci di saper coniugare anche gli impossibili, saper far convivere in noi ciò che normalmente altri non riescono a tenere insieme. E tuttavia  avverto che spesso, in questo progetto di coabitazione, si infiltra, subdola e venefica, quell’ipocrisia che trasforma le “convivenze impissibili” in minestroni tossici. Cosicché noi, da testimoni di inedite alleanze cui la storia e la fede per vie diverse ci spingono, ci degradiamo a volgari menestrelli di opportunismi che non ci fanno onore. […] Insomma, come cristiani e come chiesa, abbiamo smesso di coniugare gli impossibili (morte e vita, peccato e grazia, smarrimento e speranza, dolore e gioia, lotta e amore) ed abbiamo allegramente messo in atto la pratica della congiunzione là dove era d’obbligo l’esclusione (povertà o ricchezza, servizio o potere, sì o no, sorriso o inganno). Abbiamo tolto le congiunzioni là dove era necessario che stessero e le abbiamo poste là dove non andavano poste![1].

“Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione!”. Già.

 

Oggi il calendario ci porta la memoria di Hadewijch di Anversa, mistica del Tredicesimo secolo; e quella di Nervardo Fernández, Luz Stella Vargas, Carlos Páez e Salvador Ninco, martiri della lotta in appoggio alle rivendicazioni indigene in Colombia.

 

22 Hadewijch di Anversa.jpgIl poco che si sa di Hadewijch, lo si deduce dai suoi scritti. Originaria della regione di Anversa, nelle Fiandre, visse nel Tredicesimo secolo e prese parte al movimento delle beghine, sorto in quegli anni e formato da donne che, rifiutando il matrimonio, vivevano lo spirito e la parola dell’Evangelo in libere comunità femminili, caratterizzate dalla semplicità di vita, la condivisione dei beni, il lavoro, la preghiera e la pratica delle opere di misericordia, senza tuttavia che ciò comportasse l’assunzione dei voti religiosi. Nella comunità di cui faceva parte, Hadewijch ricoprì probabilmente per un certo tempo funzioni di direzione spirituale, fino a quando, non ne sappiamo il motivo,  se ne dovette allontanare. Questo non le impedì di mantenere i contatti con le antiche figlie spirituali, secondo quanto ci è testimoniato dalle numerose lettere a loro indirizzate. Di lei ci restano anche numerose poesie e descrizioni di visioni. In ogni suo testo risalta e si evidenzia la centralità dell’amore di Dio.

 

22 NERVARDO FERNANDEZ.jpgNevardo e Luz Stella erano giovani militanti cristiani, artisti di teatro e della canzone popolare. Vivevano a Neiva, nel dipartimento di Huila (Colombia). Carlos e Salvador erano leader della Comunità indigena Caguán Dujos. La vita di Nevardo fu segnata dalla ricerca appassionata di Dio e del servizio disinteressato e generoso ai fratelli più poveri. Avrebbe voluto essere frate francescano, ma le condizioni di salute glielo avevano impedito. Fu ugualmente francescano tra la gente, vivendo in semplicità, dispensando allegria, offrendo le sue canzoni e il suo repertorio teatrale. Luz Stella aveva due passioni: il teatro e l’organizzazione popolare. Carlos e Salvador erano invece impegnati, assieme alle venticinque famiglie della loro Comunità, nella difesa della loro terra, su cui avevano messo gli occhi i Lara Perdomo, una famiglia di latifondisti della regione. Che aveva addirittura già imposto una data per lo sgombero: il 15 gennaio successivo. Per evitare di arrivarci impreparati, la comunità aveva delegato i quattro a prendere contatto con altre comunità della regione che affrontavano conflitti analoghi. La mattina del 22 ottobre 1988 si erano incontrati a Campoalegre, da cui avrebbero dovuto proseguire in autobus fino a Rosales. La fermata dell’autobus si trovava a mezzo isolato dal posto di polizia. I quattro non presero mai l’autobus, né arrivarono a Rosales. Quando gli indigeni si recarono al posto di polizia a chiedere notizie degli scomparsi, si sentirono rispondere che c’era nessuna segnalazione al riguardo. Solo la domenica 26, un contadino ne scoprì i corpi in un fossato. Tutti presentavano ustioni da acido e fori di proiettili. A Luz Stella erano stati tagliati i piedi.  “C’è un battesimo che devo ricevere, e come sono angosciato, finché non sia compiuto!” (Lc 12, 50).

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera ai Romani, cap.6, 19-23; Salmo 1; Vangelo di Luca, cap.12, 49-53.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

Bene, si é fatto tardi e noi, perciò, ci congediamo. Vi lasciamo alla lettura del brano di una lettera di Hadewijch, che troviamo nel bel libro “Poesie Visioni Lettere” (Marietti), che raccoglie alcuni dei suoi scritti. È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Non ti attaccare a nessuna cosa con una veemenza tale che per essa Iddio abbia a negarti la sua grazia. Non ti sottrarre per orgoglio a nessun servizio. Non aver ritegno per orgoglio a far doni, ancorché minuti e poveri. Non esimerti per orgoglio dal chiedere ciò di cui abbisogni, né potresti farne a meno senza danno. Non arrossire, per orgoglio, di patir fame o sete o sonno o freddo, o un male antipatico, o di aver detto una sciocchezza o compiuto atti stravaganti: perché proprio il maggior onore e la più bella cortesia dei modi sta nel confessare la propria confusione, mentre è superbia grande tacerne e d’altronde è uno sconcio e una vergogna starla a fare più grave di quanto in se stessa non sia. E per giunta è una falsità e finzione con Dio, amor nostro, ed è una disdicevole infedeltà. È debito, infatti, di alta fedeltà e di amore, che l’amante si scopra e dia all’amato in tutto e per tutto in quello che è, alto o basso che sia. Io ti dico pertanto: dovunque tu manchi innanzi a Dio solo, innanzi a lui ti devi confondere, e con tale amorevolezza davanti a lui ne converrai e con tale consapevolezza davanti a lui te ne dorrai, che egli ascolti il lamento e perdoni il misfatto ancor prima che tu possa arrivare a confessartene dinnanzi al sacerdote. Dove tu pecchi innanzi agli uomini, confessatene e umiliatene in pubblico; dove peccasti invece soltanto nel tuo cuore, confessalo, come dianzi ti dicevo, tra te e Dio, nella confessione. (Hadewijch, Poesie Visioni Lettere, Lettera V).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 22 Ottobre 2009ultima modifica: 2009-10-22T23:02:00+02:00da fraternidade
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Un pensiero su “Giorno per giorno – 22 Ottobre 2009

  1. “Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera” (Lc 12, 51-53). “Altra ‘pagina difficile’, quella del Vangelo di oggi, almeno così sembrerebbe ad una prima lettura. La pace che Gesù viene a turbare è quella della nostra vita accomodata, della cecità verso i bisogni altrui, della rassegnazione che ci porta a dire: non posso farci niente”.

    E se queste parole di Luca fossero più concretamente l’espressione delle forti tensioni che si possono essere verificate nelle famiglie di fronte alla predicazione delle minoranze messianiste, con tutta la radicalità e l’estremismo che una rottura del genere poteva comportare ?
    Ed in questa eventualità tali parole non si dovrebbero forse considerare come finalizzate a “dar forza” a chi si ribellava alla tradizione ?
    In tempi recenti un episodio drammatico del genere è stato quello tra Edith Stein e sua madre; personalmente sono rimasto sempre rattristato dall’uso “politico/religioso” della sua tragica vicenda umana attraverso una clamorosa canonizzazione. Ma forse è ancora più triste il bisogno,espresso da questi fatti, di confermare la natura totalmente altra del cristianesimo rispetto a tutte le religioni storiche. Ma, come noi tutti, anche i bravi pastori possono volare basso, magari appesantiti dalle dottrine e dalle pressioni dei “poveri di speranza” della chiesa romana.
    Pagina ancora più inquietante con motivazioni analoghe, anche se meno drammatica, ma non meno irresponsabile ed, a mio avviso, sostanzialmente ingenua quella relativa alla vicenda di “Cristiano” Magdi Allam; in questo caso si è abusato di fatto, al di là delle intenzioni, delle profonde ferite interiori che gli erano state provocate dalle componenti fondamentaliste della sua tradizione.
    In realtà, a ben vedere, anche oggi in molte famiglie si verificano rotture del genere per passioni religiose o ideologico-politiche che, per fasi più o meno lunghe, colpiscono soprattutto le componenti giovanili rese inquiete dall’incertezza per il futuro e messe in agitazione dall’impatto della sofferenza e del male più in generale.
    Un abbraccio,
    Luigi

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