Giorno per giorno – 20 Ottobre 2009

Carissimi,

“Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa” (Lc 12 , 35-36).  Cosa sia questa cintura ai fianchi, lo si capisce dal contesto: è l’uniforme di servizio (il grembiule, suggerirebbe don Tonino Bello), e, perciò, meraviglia delle meraviglie, anche il vestito di Dio. Altro che paramenti dorati e code e strascichi! Entree_Cardinal_Stickler.jpgCon riferimento ai quali, lasciateci dire che noi si pensava che l’ultimo renitente a tagliarsela, la coda, fosse stato, nel dopoconcilio, Siri (che se la mantenne, risaputamente, non per vanamente gloriarsi, ma solo per l’onore di Dio! Dimenticando per altro, il poveretto, che l’onore e la gloria di Dio non sta in quattro metri di panno rosso, ma nel fatto che gli esseri umani vivano). Poi, più recentemente, in rete abbiamo trovato che sopravvivono ancora suoi emuli (con relativi fans), incapaci di rinunciarvi. Ci hanno suggerito che lo facciano solo per strappare a Dio qualche risata. In tempi che non gliene riservano grosse possibilità. E, comunque, lasciando da parte il folclore, è bene tener presente che il Vangelo interpella noi: Lui ci trova sempre, in ogni momento, in atteggiamento di servizio? In famiglia, nelle nostre comunità, nelle relazioni che viviamo?   

 

Di tre che, il servizio, l’hanno vissuto sul serio e fino in fondo, facciamo oggi memoria: Raimundo Hermann, prete e martire a difesa degli indios, in Bolivia, Jerzy Popieluszko, prete e martire della Solidarietà; Soeur Emmanuelle Cinquin, straccivendola per solidarietà.

 

20 Raymond Hermann.jpgRaimundo Hermann era un prete statunitense, parroco a Marochata, in Cochabamba (Bolivia). Quando il 20 ottobre 1975 lo trovarono morto assassinato, nella sua parrocchia, aveva quarantacinque anni. Stava aiutando i contadini a organizzarsi in cooperativa per commercializzare le patate che coltivavano. Ma questo avrebbe contribuito a smantellato la rete di potenti intermediari, che avevano nelle autorità locali i loro referenti naturali. Subito dopo il fatto, il vescovo di Cochabamba emise una dichiarazione che sottolineava la dedizione pastorale del sacerdote e l’amore e la venerazione che la sua gente nutriva per lui; nel condannarne l’assassinio, chiedeva poi che si facesse prontamente giustizia. L’autore materiale del delitto fu arrestato, ma riuscì a scappare di prigione e non fu più trovato.

 

20 Jerzy_Popieluszko.jpgJerzy Popieluszko era nato in una famiglia contadina, il 14 settembre 1947, a Okopy, nella provincia di Bialystok. Ordinato prete dal cardinal Stefan Wyszynsky il 28 maggio 1972 a Varsavia, fu destinato alla parrocchia di san Stanislao Kostka, assumendo come incarico pastorale anche quello di cappellano alla Facoltà di medicina. All’agosto 1980 risale il suo coinvolgimento in Solidarnosc (Solidarietà), il movimento sindacale, nato un anno dopo la visita di papa Woytila. E fu solo per caso. I dipendenti delle acciaierie di Varsavia in sciopero avevano chiesto alla curia che un prete andasse da loro a celebrare la messa. P. Jerzy era libero e ci andò. Quella messa, di fronte alla fabbrica, dove gli operai avevano eretto una grande croce, cambiò la vita del giovane prete, che si rese conto, come del resto accadeva altrove nel mondo, sotto dittature di altro colore o sotto le false democrazie borghesi, che le lotte dei lavoratori per giustizia e libertà costituivano una vera e propria battaglia spirituale. Divenne così il cappellano dei lavoratori in sciopero. Quando nel dicembre 1981, il governo dichiarò la legge marziale e migliaia di membri e di simpatizzanti di Solidarnosc furono arrestati, l’attività di Popieluszko incluse subito l’assistenza ai prigioniri e alle loro famiglie. Nello stesso tempo, attraverso i suoi “sermoni patriottici” che attiravano folle immense, sottolineava la dimensione morale e spirituale della causa di Solidarietà.  Quando il governo dichiarò che questo non era affare della Chiesa, P. Jerzy rispose: “La missione della Chiesa è di stare con la gente, condividendone gioie e dolori”. Minacce, attentati, arresti si susseguirono, senza che egli si lasciasse intimorire. La sera del 19 di Ottobre 1984, di ritorno da un servizio pastorale, padre Popieluszko veniva rapito. Sotto la pressione popolare, il governo avviò immediatamente le indagini, che portarono in pochi giorni, il 30 ottobre, alla scoperta dei colpevoli, tre funzionari del ministero dell’interno polacco: Grzegorz Piotrowski, Wademar Chmelewski, Leszek Pekala. Rei confessi, dichiararono che la mattina del 20 ottobre, dopo aver picchiato selvaggiamente il prete, l’avevano legato, ne avevano appesantito il corpo con pietre e l’avevano lanciato ancora vivo in una cisterna.  Oggi la tomba di Popieluszko presso la Chiesa di san Stanislao Kostka è diventata meta di continui pellegrinaggi.

 

20 Soeur Emmanuelle.jpgMadeleine Cinquin era  nata a Bruxelles, seconda di tre figli, il 16 novembre 1908, da padre francese e madre belga. Nel settembre 1914, visse il trauma di assistere alla morte per annegamento del padre. In seguito confesserà: “Nell’inconscio, la mia vocazione data da quel momento. Ho cercato l’assoluto, non l’effimero”. Entrata nel 1929 tra le suore di Notre-Dame de Sion, dopo la laurea alla Sorbona, insegnò per quarant’anni a Istanbul, Tunisi e Alessandria, in scuole  che offrivano insegnamento di qualità ai figli delle classe agiate dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Nel 1971, la svolta della sua vita, con la decisione di condividere la propria vita con quella degli straccivendoli del Cairo. La religiosa lascerà l’Egitto, ventidue anni più tardi, a ottantacinque anni, facendo ritorno in Francia, per dedicarsi a una vita di preghiera e di meditazione, senza comunque abbandonare il suo aiuto a molteplici situazione di povertà in diverse parti del mondo e l’appoggio a senzatetto e immigranti irregolari nel suo Paese. È scomparsa il 20 ottobre 2008, a Callian, in Francia, quando mancava poco meno di un mese al suo centesimo compleanno.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera ai Romani, cap.5, 12. 17-19. 20b-21; Salmo 40; Vangelo di Luca, cap.12, 35-38.

 

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

 

Bene, nel congedarci, vi lasciamo ad un brano dell’intervista di Marino Parodi a Soeur Emmanuelle, apparsa, con il titolo “Una Vita accanto ai più poveri”, su “Club3”,  n. 11, del novembre 2008. Che noi troviamo nel sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)  e che è, per oggi,  il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Qualunque sia l’inferno nel quale siamo precipitati, è sempre possibile uscirne. Non solo: è persino possibile creare un paradiso sulla terra, benchè, naturalmente, non sarà mai perfetto come quello che ci attende in Cielo. Basta smettere di preoccuparsi per se stessi per dedicarsi agli altri, sorridendo e donando loro la gioia. Ecco che la nostra vita diventerà più interessante e felice. Io corrispondo tuttora con donne e uomini di tutto il mondo. Molti mi fanno sapere quanto soffrono, sentendosi imprigionati in un’esistenza che a loro pare priva di significato. Al che io rispondo con questo messaggio: davvero non avete ancora compreso che la vostra felicità dipende da voi? Non da vostra moglie, né da vostro marito, né dalla bellezza o dalle dimensioni della vostra casa, né dalla vostra carriera, né dal vostro stipendio. Dipende soltanto da noi, dal nostro atteggiamento nei confronti della vita, dalla nostra capacità di ascoltare il prossimo, in una parola sola: dal nostro cuore. Sa che le dico, sulla base della mia esperienza di tanti anni di condivisione fraterna della vita di tanti poveri? Non ho mai incontrato donne e uomini più felici dei miei amici delle bidonville. […] Non dimenticherò mai, al riguardo, un’esperienza straordinaria che vissi diversi anni fa in Senegal. Mi trovavo in una capanna coi muri di cartone, in compagnia di un gruppo di donne le quali mi raccontavano in tutta tranquillità che, non disponendo di un lavoro, si arrabattavano raccogliendo un po’ di frutta e di verdura da vendere al mercato. Eppure, durante tutta la durata del mio soggiorno, quelle donne non cessarono un solo istante di sorridere e di divertirsi. Davvero mi sono sembrate le donne più felici del mondo. Tutto ciò è dovuto alla fede sincera degli africani in Dio che è amore, un Padre a cui la felicità dei suoi figli sta veramente a cuore. (Soeur Emmanuelle).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 20 Ottobre 2009ultima modifica: 2009-10-20T23:29:00+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo

Un pensiero su “Giorno per giorno – 20 Ottobre 2009

  1. E’ da un paio di settimane che mi porto dentro, muginando e rimuginando, quella che non so dire se debba essere una legge dell’inclusione (e-e) o quella ferrea ed esigente dell’esclusione (o-o; aut aut)! Il problema mi si pone perché mi rendo conto che noi, figli del Dio della Comunione e della Convivialità, dovremmo esser capaci di saper coniugare anche gli impossibili, saper far convivere in noi ciò che normalmente altri non riescono a tenere insieme. E tuttavia avverto che spesso, in questo progetto di coabitazione, si infiltra, subdola e venefica, quell’ipocrisia che trasforma le “convivenze impissibili” in minestroni tossici. Cosicché noi, da testimoni di inedite alleanze cui la storia e la fede per vie diverse ci spingono, ci degradiamo a volgari menestrelli di opportunismi che non ci fanno onore. L’occasione mi viene data dai vangeli che abbiamo letto nelle ultime due domeniche, a proposito del rapporto con le ricchezza (domenica 11) e con il potere (domenica 18). Nelle due narrazioni è più che evidente l’appello alla vigilanza e il ricorso alla necessità della scelta e della alternativa: “Guai….”, “Quanto è difficile…”, “Tra voi non sia così…”!
    E noi, invece, a continuare ad applicare ipocritamente, la logica dell’ “e-e” anche a quelle realtà che richiedono l’impero dell’ “o-o”!
    Insomma, come cristiani e come chiesa, abbiamo smesso di coniugare gli impossibili (morte e vita, peccato e grazia, smarrimento e speranza, dolore e gioia, lotta e amore) ed abbiamo allegramente messo in atto la pratica della congiunzione là dove era d’obbligo l’esclusione (povertà o ricchezza, servizio o potere, sì o no, sorriso o inganno). Abbiamo tolto le congiunzioni là dove era necessario che stessero e le abbiamo poste là dove non andavano poste!
    Non solo. Addirittura abbiamo operato trasferimenti abusivi tra realtà autoescludentisi al punto di rendere sinonimi gli opposti: la ricchezza diventa supporto alla povertà e, udite udite, il potere che diventa servizio. L’immagine di questo stravolgimento dei termini e delle realtà che sottendono, una specie di ossimorizzazione del dato, mi viene dalla figura del Papa. Servito in tutto, accudito perfino in cose in cui anche i bambini si sentono orgogliodi di autogestirsi, riverito da chicchessia, viene chiamato il “servus servorum Dei”! Per non parlare di questi cardinali e monsignori, abbigliati come se si fosse in un eterno carnevale, che fanno la spola tra benedizioni ed inaugurazioni, conferenze di alto grido e mostre da ultimo grido, matrimoni di Big e funerali di Stato….
    Siamo in piena debacle. Corre urgente il dovere di riscoprire l’ardire del “non licet”, nei nostri comportamenti e nelle nostre tradizioni, che non sono altro, spesso, che dei tradimenti.
    Sul tema del potere e del denaro che del potere è diventato segno primo e strumento assoluto, non sono possibili compromessi: “o si serve l’uno o si serve l’altro” dice il Vangelo. E per noi, in quanto chiesa, non ci sono alternative, per dirla con le parole dell’amico don Paolo Farinella:
    «La Chiesa non ha alternative: o è casa della profezia o è la “spelonca di ladri”. O è testimone della morte e risurrezione di una Persona viva o è serva con il potere di turno che la compra e la manipola con poca spesa. O è contestazione vivente dello “spirito del mondo” o è lei stessa questo spirito mondano che Gesù condanna come demoniaco».
    O-O.
    Non ci sono mezze vie di scampo.
    don Aldo Antonelli

I commenti sono chiusi.