Giorno per giorno – 16 Ottobre 2009

Carissimi,

“Nel frattempo si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli: Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia” (Lc 12, 1). Luca, a questo punto, mette le carte in tavola. Sì, fino ad ora Gesù ha parlato ai farisei e dei farisei (Lc 11, 39-52), ma lo ha fatto, come si suol dire, rivolgendosi  a nuora perché suocera intenda: tutto ciò che è stato detto sui farisei è in realtà diretto ai suoi, a quella che sarà la sua comunità. Del resto, i farisei, all’epoca in cui Luca scrive, neppure esistono più come movimento, mentre il lievito che caratterizza così spesso l’ “homo religiosus” (anche nella variante dell’ateismo) esisterà sempre, nei secoli dei secoli. Ed esso è ciò che segna il trapasso dall’essere all’apparire. Determinato dalla paura di non valere abbastanza agli occhi dell’Altro (e perciò, degli altri). Con tutte le conseguenze del caso: dalle più innocue (che ci portano a  variamente truccare,  mascherare, travestire il proprio aspetto, al fine di renderlo più bello, importante  e autorevole), alle più pericolose e aggressive (che ci vedono zittire, violentare o eliminare coloro che sospettiamo non apprezzarci abbastanza). Gesù vuol metterci tranquilli proprio da questo punto di vista. Per questo ripete: non abbiate paura. Di niente e di nessuno. Per Dio vale già molto anche un passero, persino un capello. Immaginate, quanto valete voi, ciascuno di voi! Foste anche nulla. Il suo Regno comincia a prender piede là dove non ci si lascia più dominare dalla paura (dell’Altro e degli altri), perché ormai sappiamo che l’Altro è nostro Padre e gli altri sono nostri fratelli e sorelle. Dove questo non accade, è l’Avversario che ha ancora la meglio, il Divisore, colui che fomenta sempre e soltanto il sospetto e la paura  nei confronti dell’altro e ne fa il principio reggitore della società. E trasforma in tal modo la nostra vita in una guerra di tutti contro tutti, facendo di noi stessi scarti destinati al grande immondezzaio di una storia che avremo voluto così. Invece che storia di Dio.

 

Il calendario ci porta oggi la memoria di Rabbi Nachman di Bretzlav, mistico ebreo, e di Agostino Thevarparampil, piccolo prete al servizio dei dalit, gli intoccabili.

 

16 RABBI NACHMAN.jpgRabbi Nachman di Bretzlav, pronipote del famoso Baal Shem Tov, nacque il 4 aprile 1772 a Medzibor, e fu un alunno piuttosto distratto e svogliato. Sposatosi poco più che ragazzo, visse, da giovane, una fase di rigoroso ascetismo, rifuggendo da ogni piacere, praticando il digiuno e concentrando tutta la sua attenzione sul solo Nome di Dio. Riuscendo tuttavia a fare tutto ciò con genuina e profonda allegria dello spirito. Ben presto, la fama della sua santità gli attirò schiere di discepoli. Innamorato della natura, insegnava loro a contemplare Dio nella bellezza del creato e diceva: “Quando pregate nei campi, è tutto il mondo delle piante che viene in vostro aiuto e dá forza alle vostre preghiere”  e ancora: “Venite, e vi mostrerò una nuova strada verso il Creatore. Non attraverso la parola, ma attraverso il canto! Cantiamo, e il Cielo ci comprenderà!”. Ma ammoniva anche: “Bada bene che tu sei là dove sono i tuoi pensieri. Fai attenzione che i tuoi pensieri siano dove tu vuoi essere”. Uno degli elementi centrali del suo insegnamento, era l’insistenza sul bisogno di essere sempre contenti, di non lasciarsi mai abbattere, di non avere mai paura. Spiegava che l’unico vero peccato è la tristezza e lo scoraggiamento che gelano il cuore di una persona che ha commesso un’infrazione morale o alla quale è successo qualcosa di brutto. La depressione è la radice di ogni peccato successivo, in quanto convince la persona di non essere capace di allontanarsi dalla falsa strada, di non essere capace di fare altro che errori, di non meritare nulla se non disgrazie e punizioni. Nel 1798, dopo un breve viaggio in terra d’Israele, si stabilì a Bretzlav, dove il suo insegnamento gli procurò la simpatia della gente più semplice, che egli invitava a servire Dio con la fede innocente dei bambini, ma anche l’avversione di numerosi altri rabbini. Amareggiato da tali dispute, si trasferì a Uman, dove, l’anno seguente, durante la festa di Sukkot, il 18 Tishri 5571 (16 ottobre 1810), morì di tubercolosi, all’età di 38 anni, senza nominare un successore.  Il suo insegnamento e la sua figura, lungi dall’essere dimenticati, continuarono a ispirare le successive generazioni e, ancora oggi, migliaia di pellegrini si recano ogni anno sulla sua tomba a Uman.

 

16 Agostino Thevarparampil.jpgAgostino Thevarparampil era nato a Ramapuram, nello stato indiano del Kerala, il l° aprile 1891. Terminati gli studi, era entrato in seminario e fu ordinato sacerdote il 17 dicembre 1921. Da allora il suo nome sarebbe stato solo Kunjachan, che nella lingua malayam significa “piccolo prete”, a causa della sua bassa statura. Dopo un breve periodo in cura d’anime a Kadanad, nel marzo 1926 fece ritorno a Ramapuram. Qui venne a contatto con il mondo degli ‘intoccabili’, gli appartenenti alle classi sociali più basse, quelli che Gandhi chiamava Harijan,  figli di Dio, che oggi vengono detti Dalit. Agostino decise di dedicare la sua vita per migliorare le loro condizioni e per evangelizzarli. Uomo di preghiera, amante della vita semplice e povera della sua gente, visse in mezzo a loro per quasi mezzo secolo, morendo, dopo una grave malattia, il 16 Ottobre 1973.

 

I testi che la liturgia odierna porpone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera ai Romani, cap.4, 1-8; Salmo 32; Vangelo di Luca, cap.12, 1-7.

 

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordoso. 

 

Si celebra oggi la Giornata mondiale dell’Alimentazione, con cui la FAO (Food and Agriculture Organisation) ricorda, ogni anno, la data della sua fondazione, avvenuta  il 16 ottobre 1945. Vuole richiamare la nostra attenzione sul dramma della fame, della denutrizione, della sottoalimentazione e delle malattie che ne derivano.

 

16 RASTRELLAMENTO EBREI DI ROMA.jpgAlle 5,30 del 16 ottobre 1943 ebbe inizio il Rastrellamento degli ebrei di Roma ad opera delle truppe naziste. Dei 1024 ebrei, uomini, donne, vecchi, ragazzi, bambini, inviati ad Auschwitz, solo 16 sopravvissero. Nessuno degli oltre 200 bambini. “Non c’è futuro senza memoria. Coloro che non hanno memoria del passato sono destinati a ripeterlo”. 

 

Ciò che di male accade nella storia dell’uomo non ci arriva da Dio. Mai. È frutto delle azioni che compiamo noi, che impediscono alla sua luce di raggiungerci. È la lezione di questo testo di Rabbi Nachman di Bretzlav, tratto dal suo “Likutei Moharan”, che vi proponiamo, nel congedarci, come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Tutto ciò che fa difetto all’uomo, che sia in rapporto ai figli, al sostentamento o alla salute, è dovuto alle sue azioni, perché la luce di Dio benedetto prodiga continuamente la Sua abbondanza all’uomo, il quale però con le sue pessime azioni produce un’ombra su di sé, in modo tale che la luce di Dio benedetto non gli arriva. E l’ombra che fa da schermo alla luce di Dio benedetto è commensurata ai suoi atti, e l’uomo si merita così una carenza proporzionale all’atto che ha generato quell’ombra. E infatti l’ombra è generata da un oggetto materiale che fa da schermo a qualcosa di spirituale (cioè meno tangibile di lui): per esempio, il legno o la pietra schermano la luce della luna e del sole e causano un’ombra e così pure le eclissi di sole o di luna per via dell’ombra della Terra; e anche il sole stesso, rispetto a ciò che è sopra di lui è materiale e gli fa schermo. Perciò l’uomo secondo la sua materialità e secondo le sue azioni genera un’ombra su sé stesso che impedisce alla luce e alla prosperità di Dio benedetto di giungere a lui. Ma se un uomo annulla se stesso, al punto di non fare nemmeno parte di questo mondo, allora non fa più ombra e riceve la luce da Dio benedetto. E ciò che più conta nella luce di Dio benedetto è l’onore, perché tutto ciò che il Santo, benedetto Egli sia, ha creato, l’ha fatto unicamente per il Suo onore, come è detto: “L’ho creato in Mio onore” (Is 43, 7). E questo è il significato di: “Tutto il mondo è pieno del Suo onore” ((Is 6, 3), cioè se il Signore riempie con il Suo onore tutto il mondo e se un uomo annulla il proprio onore, allora riceve la luce di Dio benedetto, che è l’onore [con cui riempie il Mondo]. E così si spiega il versetto: “I Saggi erediteranno l’onore” (Pr 3, 35) e il versetto: “Perché la saggezza verrà dal nulla” (Gb 28, 12). Cioè i saggi che non hanno nessuna considerazione di sé stessi ricevono quell’onore perché, non avendo nessuna materialità, non fanno nessuna ombra che possa frenare [la luce], come spiegato in precedenza. (Rabbi Nachman di Breslov, Likutei Moharan).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 16 Ottobre 2009ultima modifica: 2009-10-16T22:04:00+02:00da fraternidade
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