Giorno per giorno – 23 Settembre 2009

Carissimi,

“Gesù chiamò a sé i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Disse loro: Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche” (Lc 9, 1-3). C’è un legame profondo tra la forza che Gesù dà ai suoi di cacciare i demòni e di guarire gli infermi e la povertà. Che Lui aveva sperimentato per primo. Come dire che, senza questa scelta, vera e radicale, senza quindi maschere o infingimenti di sorta, Dio non opera e il Suo regno non è annunziato. “Nessun servo può servire a due padroni: o odierà uno e amerà l’altro oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a Dio e a mammona” (Lc 16, 13). Gesù lo dirà a suo tempo. Ma qui sembra essere ancora più drastico. Non chiede semplicemente di dire no alle ricchezze, ma anche al semplice uso dei mezzi più elementari di sussistenza: il pane, una borsa, un bastone, un po’ di denaro. Una chiesa ricca è una chiesa che ha già distolto da sé lo sguardo di Dio. Se, almeno, è vero ciò che, dove ancora lo si fa,  ci si ostina a cantare con Maria: “Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia” (Lc 2, 52, 54). Mamme, attente a quello che canticchiate in casa, perché i figli, una volta cresciuti, sono capaci di metterlo in pratica! E, quel che è peggio (o meglio) sono capaci di esigerlo dai malcapitati che hanno avuto in sorte di divenirne amici. Chiesa povera, di poveri, per poveri, dunque, la sua. Rigorosamente. In caso diverso, si è abusivi. Anche stando qui ad armeggiare sulla tastiera di un computer, sperabilmente “ad maiorem Dei gloriam”. Ma, comunque, un po’ tanto vergognosi e confidando nella Sua misericordia.       

 

Il nostro calendario ci porta la memoria di Francisco de Paula Victor, prete afrobrasiliano al servizio della carità.

 

23 Francisco de Paula Victor.jpgFrancisco de Paula Victor venne al mondo in un fienile della “senzala”,  (l’abitazione riservata agli schiavi del tempo), di una piantagione nel municipio di Campanha (Minas Gerais). Era figlio della schiava Lourença Maria de Jesus e di padre ignoto. Il piccolo fu presto preso a benvolere dalla padrona della fazenda, dona Mariana Bárbara Ferreira, che si preoccupò di alfabetizzarlo e istruirlo. Ammirata per le qualità morali del ragazzo e per la sua disposizione allo studio, la donna chiese che gli fosse consentito entrare in seminario a Mariana, offrendo per lui in dote metà della fazenda Conquista, di sua proprietà. È facile imaginare quali e quante, in un ambiente esclusivamente di bianchi, fossere le umiliazioni e soperchierie a cui fu sottoposto durante tutto il periodo degli studi. I suoi biografi attestano che, però, egli “seppe sempre comprendere, perdonare e amare coloro che l’offendevano”. Sapendo, poi, col tempo, conquistare tutti con la sua mitezza e docilità. Ordinato prete, esercitò per 53 anni il suo ministero nella parrocchia di Três Pontas, dove gli toccò subire le stesse difficoltà del seminario, riuscendo tuttavia anche in questo caso a superare le barriere del pregiudizio razziale e attirando ben presto a sé gli abitanti, non solo della parrocchia, ma dell’intera regione. La sua azione pastorale si caratterizzò soprattutto per l’attenzione nei confronti degli ultimi, visitando gli ammalati, ospitando gli invalidi, occupandosi, benché lui stesso fosse poverissimo, dei più poveri. Morì il 23 settembre 1905. La sua salma restò esposta per tre giorni, per ricevere il pellegrinaggio devoto e riconoscente della sua gente.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro di Esdra, cap.9, 5-9; Salmo (Tb 13, 2-5.8); Vangelo di Luca, cap.9, 1-6.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con  quanti ricercano la Verità del mondo e l’Assoluto della loro vita, lungo i sentieri dell’impegno per la pace, la giustizia e la fraternità tra popoli e individui.

 

Prete povero, negro, figlio di schiavi, Francisco de Paula Victor non ci ha lasciato nulla di scritto. O noi, comunque, non l’abbiamo trovato. Scegliamo allora di congedarci, offrendovi in lettura questa poesia di  un poeta camerunense, Joseph Modeste Tala, dal titolo:  Ai morti d’Africa”, che troviamo nel volumetto “Poeti Africani Anti-Apartheid” (Edizioni dell’Arco). E che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Dall’alba dei tempi / Ho camminato a fatica nel fango / Ho dormito nel fango / Irrorato col mio sangue una terra ingrata / Ho faticato / Sotto il sole e la pioggia per costruire un mondo / Un mondo che mi esilia. // Ho camminato  sulle ginocchia / Lungo sentieri rocciosi / Al ritmo mortale / delle pedate / Al ritmo sanguinante della frusta /La testa sempre chinata / E gli occhi pudichi di vergini / Umiliati / Violati // La statura di un nero in piedi / Quale sfida insensata / Alla razza degli dèi / Ho camminato sulle ginocchia / Al secolare ritmo / Della frusta e dell’insulto / Quante dure lotte dovute / All’odio miope / Dei miei padroni // Seduto sul letame del mondo, / Non sono più un uomo / Non sono che un paria / Straniero sulla terra, la mia terra / E la memoria vacilla / Sotto tutte le parole / Terribili / Orribili / Sconce / Che inaridiscono l’Uomo / Ed insultano la mia razza // Ho camminato sulle ginocchia / Alla caviglia pesanti catene / Al collo la gogna secolare dell’odio / E questa gogna storica / Ha trovato / Scavata, disperatamente sfinita / La mia voce d’usignolo / La carta del mondo porta / Indelebile / Il segno della mia sofferenza di nero / Domani, sì domani / In una leggendaria sfida / Al processo della Storia / Elencherò / la lunga, minuziosa / Esauriente / La lunga catena delle sofferenze / Di questa razza, la mia razza / La mia razza promessa agli avvoltoi / Facile preda dei frantumatori d’uomini // Ma nel fondo della mia prigione / Dal fondo della mia geenna / L’anima mia è / Dritta e immobile / Senza cedere davanti al genocidio / Dritta e pronta / All’appuntamento / Con la fratellanza / Sugli aridi sentieri / Della dura LIBERTÀ / Dal fondo della mia prigione  / Allungo la mano / Per costruire un mondo / Solidale / Un mondo che dica ciò che è essenziale / Un mondo che porti agli uomini / Un mondo che esprima l’Uomo. (Joseph Modeste Tala, Ai morti d’Africa).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.    

Giorno per giorno – 23 Settembre 2009ultima modifica: 2009-09-23T23:44:00+02:00da fraternidade
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