Giorno per giorno – 18 Settembre 2009

Carissimi,

“Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni” (Lc 8, 1-3). E così, mentre i maschietti al seguito di Gesù si sarebbero contesi sino alla fine i primi posti e le leve del comando, come vedremo anche nel Vangelo di domenica prossima, le donne, tirate fuori dalle loro case e associate, contro ogni usanza e tradizione, al gruppo dei discepoli, istruivano concretamente questi, di duro comprendonio, allora come per i secoli a venire,  in cosa consistesse la sequela di quel Maestro, che sta in mezzo a noi “come colui che serve” (Lc 22, 27).  Loro, specifica il Vangelo, erano già state guarite da demoni e spiriti cattivi e potevano perciò cominciare e continuare a farlo. Guarire apostoli e  discepoli (perciò anche noi), sarebbe stato più duro. Spesso una fatica sprecata. Il che spiega molte cose anche nella chiesa di oggi.  Ma, c’è forse qualcosa d’altro che si potrebbe aggiungere stasera, riprendendo queste stesso Vangelo. Alla luce della morte di Sanaa, la giovane marocchina uccisa, nel vostro Paese, dal padre che non ne approvava le scelte e lo stile di vita. Come era già successo, due o tre anni fa, con Hina, e, altrove, anche qui da noi, con altre. Vite spente da forze oscure, che oltrepassano i confini geografici, religiosi, culturali e che pretendono dominare e dirigere i corpi come le menti, determinandone e perpetuandone comportamenti e costumi in maniera funzionale al mantenimento di un qualche potere, quale ne sia la matrice. Additando chi pretende sfuggirvi al pubblico disprezzo, o al dileggio, o condannandolo alla paura, all’isolamento, all’abbandono, o al sequestro, alla negazione del diritto alla vita e alla libertà di scelta, fino alla morte fisica. Comunque si chiamino questi demoni che pretendono imporre il loro dominio sulle persone e i loro destini – sessismo, machismo, patriarcalismo, e quant’altro – noi sappiamo che la parola di Gesù è Sua davvero, solo e quando da questi demoni – dentro e fuori di noi – veniamo liberati.        

 

In questa data il nostro calendario ci porta la memoria di  Dag Hammarskiöld,  promotore di pace.

 

18 DAG_HAMMARSKJOELD.JPGNato il 29 luglio 1905 a Jönköping, in Svezia, da Agnes Almqvist e Hjalmar Hammarskiöld, che sarà più tardi Primo Ministro di quel  paese, il giovane Dag studiò diritto ed economia, con l’intenzione di seguire l’esempio del padre, abbracciando la carriera politica. Di fatto, divenne ministro, poi capo della delegazione svedese alle Nazioni Unite e infine Segretario Generale dell’ONU. Nel 1960, quando il Congo ottenne l’indipendenza e si scatenò la guerra civile, Hammarskjold si prodigó instancabilmente perché si arrivasse a negoziare il cessar il fuoco.  Morì in un disastro aereo, forse vittima di un attentato, nei cieli di Zambia il 18 settembre 1961. In quello stesso anno gli fu attribuito il Premio Nobel per la Pace alla memoria. Per anni aveva scritto un diario, pubblicato dopo la sua morte, in cui veniva annotando i suoi pensieri sulla signoria di Cristo e sul significato di questo per la sua vita. Scrisse: “Dio non muore nel giorno in cui noi smettiamo di credere in Lui, ma noi moriamo il giorno in cui le nostre vite cessano di essere illuminate dalla luce continua, rinnovata ogni giorno, di un miracolo, la cui fonte sta al di lá di ogni ragione”.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflezzione sono tratti da:

1ª Lettera a Timoteo, cap.6, 2c-12; Salmo 49; Vangelo di Luca, cap.8, 1-3.

 

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

 

Stanotte, nella chiesetta dell’Aparecida, si è vegliato, solo per poco, il corpo di João dos Reis, un giovane di trent’anni, che si è suicidato con un colpo di falcetto ieri notte. Aveva passo gli ultimi tre mesi, ininterrottamente, sotto gli effetti dell’alcol. Poi ha deciso di uscirne a modo suo. Era cognato di Luciene, figlia di dona Alice, cognata di dona Dominga. Viveva solo con la madre. Che ora è rimasta senza più nessuno di cui prendersi cura, per cui soffrire e continuare a sperare. La mettiamo nelle vostre preghiere.

 

Il calore di questi giorni, qui da noi, in questa primavera che non sappiamo se sarà ancora in grado di darci qualche pioggia fuori stagione,  è davvero piuttosto eccessivo. Dicono che il termometro sfiori i 38 gradi all’ombra, quelli al sole non sappiamo immaginarli. Ma, prima o poi, passerà.   

 

Noi ci si congeda qui, lasciandovi a una citazione tratta dallo scritto “Fede antica in un mondo nuovo”, posto in appendice al Diario di Dag Hammarskiöld, apparso in Italia con il titolo “Tracce di Cammino” (Qiqajon). È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

I due ideali che hanno dominato il mondo della mia infanzia mi hanno portato a incontrare , in completa armonia e rispondenza alle esigenze del nostro mondo di oggi, l’etica di Albert Schweitzer, in cui l’ideale del servizio deriva dall’atteggiamento verso l’uomo delineato negli evangeli e ne costituisce il fondamento basilare. Nel suo pensiero ho anche trovato la chiave che apre all’uomo moderno il mondo degli evangeli. Ma la spiegazione di come l’uomo debba vivere una vita di servizio attivo verso la società in completa armonia con se stesso come un membro attivo della comunità dello spirito, l’ho trovata negli scritti di quei grandi mistici medievali per i quali la “sottomissione” è stata la via della realizzazione di sé e che hanno trovato nell’ “onestà della mente” e nell’ “interiorità” la forza di dire a ogni richiesta che i bisogni del loro prossimo mettevano loro davanti, e di dire a qualsiasi destino la vita avesse in serbo per loro quando hanno risposto alla chiamata del dovere così come l’avevano intesa. L’amore – questa parola così abusata e fraintesa – per loro significava semplicemente un sovrappiù di forza di cui si sentivano interamente colmati quando cominciavano a vivere nell’oblio di sé. E questo amore trovava naturale espressione in un compimento senza esitazione del dovere e in un’accettazione senza riserve della vita, qualunque cosa essa recasse loro personalmente in fatica, sofferenza, o felicità. So che le loro scoperte sulle leggi della vita interiore e dell’azione non hanno perso il loro significato. (Dag Hammarskiöld, Fede antica in un mondo nuovo).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.    

Giorno per giorno – 18 Settembre 2009ultima modifica: 2009-09-18T23:19:00+02:00da fraternidade
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