Giorno per giorno – 03 Settembre 2009

Carissimi,

“Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore. Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini. E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono. (Lc 5, 8-11). Luca non ci dice dove e come l’avessero incontrato, forse era venuto ad abitare da qualche tempo vicino a Simone, dato che era già entrato in casa sua e gli aveva guarito la suocera. E quella mattina era salito sulla sua barca, per parlare alla folla assiepata sulla riva, e poi gli aveva detto: ora, vai al largo e getta le reti. Simone gli aveva risposto precipitoso com’era suo costume e voleva dire: guarda, è meglio lasciar perdere. Si è lavorato tutta notte. Non servirebbe a nulla. Ma, poi, per non fargli male con questa sua risposta, aveva aggiunto:  dato che però me lo chiedi tu, farò come mi dici. Ed era successo quello che era successo. Le due barche piene e zeppe di pesci.  Ora Simone e gli altri sapevano che ne sarebbe seguito qualcosa. È per questo che lo afferra alle ginocchia e, nello stesso tempo, gli chiede di allontanarsi: perché sono peccatore e tu lo sai. Sì, Gesù lo sa. Perché questa è la condizone dell’uomo, da sempre. E Lui è venuto per colmare quel vuoto, riscattare dal fallimento, offrire un’opportunità. Assolutamente unica, inedita. Ma ciò che chiede, a questo punto, visto almeno da fuori, è ancora più gravoso di quel che aveva chiesto prima, dicendogli: getta la rete. Ora gli dice: d’ora in avanti riscatterai uomini alla vita. Ma devi lasciare tutto. Dio mio, si dice noi: le barche, le reti, e tutti quei pesci, che non se n’era mai visti tanti insieme! Ma, per Simone e gli altri, tutto era, a quel punto, nulla. Tutto era ormai soltanto colui che si accingevano a seguire. Che noi, a pensarci bene, attaccati come siamo ancora a tante cose, situazioni, maschere, non abbiamo ancora davvero incontrato. Siamo lì sulla spiaggia a lavare le reti. In attesa che passi.         

 

Oggi la Chiesa celebra la memoria di Gregorio Magno, papa e dottore della Chiesa.

 

03 Gregorio Magno.jpgGregorio era nato a Roma nel 540 circa. Nominato prefetto di quella  città a trent’anni, esercitò l’incarico riscuotendo la generale ammirazione. Tuttavia, alla morte del padre,  disgustato dal basso livello che caratterizzava la classe politica e la gestione della cosa pubblica, scelse la vita monastica. Fu notato dal papa Pelagio II, che lo ordinò diacono e, poco dopo, nel 579, lo inviò come suo emissario alla corte imperiale di Bisanzio, dove restò per sette anni. Tornato nel suo monastero, conobbe negli anni immediatamente successivi le incursioni, i saccheggi e i massacri  che investirono la penisola ad opera dei longobardi, accompagnati da carestie e pestilenze che colpirono pesantemente le popolazione italiche. Alla morte di Pelagio II, fu eletto, nonostante le sue resistenze, alla cattedra di vescovo di Roma, il 3 settembre del 590. Si mise subito al lavoro, ripulendo la curia romana di presuli e laici corrotti e simoniaci, sostituendoli con monaci umili e obbedienti. In una società civile e religiosa in profonda crisi, Gregorio divenne figura di riferimento di primo piano: fondò nuovi monasteri; avviò una politica di dialogo con i barbari che occupavano in armi i territori della penisola; organizzò l’amministrazione dei beni pubblici, si preoccupò degli acquedotti, lottò a favore dei contadini e contro i potenti che cercavano ancora di ridurli in schiavitù, promosse l’evangelizzazione dell’Inghilterra. Lasciò una poderosa mole di scritti (omelie, dialoghi, lettere, trattati di pastorale). Morì il 12 marzo 604.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera ai Colossesi, cap.1, 9-14; Salmo 98; Vangelo di Luca, cap.5, 1-11.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene. 

 

Stamattina è venuta alla preghiera anche dona Nady, depressa per come in questi giorni è suo figlio Carmo, nervoso e intrattabile. Anche Dominga era piuttosto sullo sconsolato: da tempo aspetta che Mauro esca di prigione, dato che la pena è scaduta tre mesi fa senza che nulla succeda. E dice che Daniela, comunque, suo padre, non lo vuole in casa. Oggi hanno anche seppellito Berto, figlio di dona Selvina, che da una settimana era in coma, per le botte prese nel corso di una rissa, forse per motivi di droga. Lascia due bambine. Noi mettiamo tutte queste situazioni nella vostra preghiera. Qualcosa dovrà pur succedere.  E poi ci congediamo qui, lasciandovi al brano di un’omelia di Gregorio Magno. Che si confessa debole e peccatore, ma non può esimersi dal compiere il suo ufficio pastorale. È per oggi il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

“Figlio dell’uomo, ti ho posto per sentinella alla casa d’Israele” (Ez 3, 16). È da notare che quando il Signore manda uno a predicare, lo chiama col nome di sentinella. La sentinella infatti sta sempre su un luogo elevato, per poter scorgere da lontano qualunque cosa stia per accadere. Chiunque è posto come sentinella del popolo deve stare in alto con la sua vita, per poter giovare con la sua preveggenza. Come mi suonano dure queste parole che dico! Così parlando, ferisco me stesso, poiché né la mia lingua esercita come si conviene la predicazione, né la mia vita segue la lingua, anche quando questa fa quello che può. Ora io non nego di essere colpevole, e vedo la mia lentezza e negligenza. […] Da quando ho sottoposto le spalle al peso dell’ufficio pastorale, l’animo non può più raccogliersi con assiduità in se stesso, perché è diviso tra molte faccende. Sono costretto a trattare ora le questioni delle chiese, ora dei monasteri, spesso a esaminare la vita e le azioni dei singoli; ora ad interessarmi di faccende private dei cittadini; ora a gemere sotto le spade irrompenti dei barbari e a temere i lupi che insidiano il gregge affidatomi. A volte debbo sopportare con animo imperturbato certi predoni, altre volte affrontarli, cercando tuttavia di conservare la carità. Quando dunque la mente divisa e dilaniata si porta a considerare una mole così grande e così vasta di questioni, come potrebbe rientrare in se stessa, per dedicarsi tutta alla predicazione e non allontanarsi dal ministero della parola? […] Che razza di sentinella sono dunque io, che invece di stare sulla montagna a lavorare, giaccio ancora nella valle della debolezza? Però il creatore e redentore del genere umano ha la capacità di donare a me indegno l’elevatezza della vita e l’efficienza della lingua, perché, per suo amore, non risparmio me stesso nel parlare di lui. (Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

 

Giorno per giorno – 03 Settembre 2009ultima modifica: 2009-09-03T23:34:00+02:00da fraternidade
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