Giorno per giorno – 07 Agosto 2009

Carissimi,

“Allora Gesù disse ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 16, 24-25). Questa storia della croce, lui l’aveva già detta in un’altra occasione, concludendo il discorso missionario (Mt 10, 38) e, qui, la riprende, o la riprende Matteo, subito dopo il primo annuncio della sua morte violenta, ormai imminente (Mt 16, 21). Come dire: forse finora avete pensato a uno scherzo. Adesso è tempo di decidere, se davvero volete “venire dietro a me”. Sapendo che cosa questo comporti. Gli altri continueranno a prendere e a prendersi in giro. Come, difatti, nei secoli dei secoli. Spesso anche oggi. Pure noi. Rinnegare se stessi non è facile, né naturale. Anche perché ci viene ripetuto ogni giorno, e sempre più ossessivamente, che, nella vita, dobbiamo affermarci, emergere, risultare vincenti. Che, anzi,  è proprio questa la maniera più convincente di ridire la “salvezza” nei nostri tempi. Fuori dalle religioni, ma spesso, anche dentro. E dentro e tra le chiese, che si dicono cristiane. Il principio della Cura che Gesù incarna esige il contrario. Ci chiede di dare liberamente la vita, anche perché così nessuno potrà mai togliercela. “Io offro la vita per le pecore. […] Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso” (Gv 10, 15.18). Questo vale per i discepoli, ovviamente. Ma, è vissuto, consapevolmente o meno, come principio ispiratore, anche in altre esperienze e scelte di fede e di vita, oltre ogni confine religioso o confessionale, ed è sempre riflesso di chi noi chiamiamo Dio.

 

Oggi è memoria di Rabindranath Thakur (anglicizzato in Tagore), filosofo, poeta e mistico indiano.

 

07_TAGORE.JPGNato a Calcutta, il 6 maggio 1861, figlio di una famiglia di riformatori religiosi e sociali, che in tutte le maniere cercava di liberare l’India dai pregiudizi millenari che opprimevano il popolo, Rabindranath fu mandato, diciassettenne, in Inghilterra, per compiervi gli studi di Diritto; vi rimase un anno e mezzo, studiando però letteratura e musica. Tornato in patria, partecipò ai movimenti per l’indipendenza della India, ma quando questi imboccarono la via della violenza, se ne allontanò. Si rivelò presto poeta, musicista, teatrologo, novelliere e filosofo, profondamente identificato con la natura, innamorato della sua gente e, soprattutto, aperto all’infinito. Una serie di lutti, assai dolorosi lo segnarono profondamente nei primi anni del nuovo secolo: nel 1902 gli morì la moglie ventinovenne, Mrnalini, che gli aveva dato cinque figli, nel 1904 fu la volta di una figlia,  l’anno successivo del padre e infine, nel 1907, perse il figlio minore. Notevole fu nella sua formazione l’influsso del misticismo dei sufi islamici e dell’insegnamento di Gesù, oltre che naturalmente del pensiero upanishadico.  Per lui, la via migliore all’unione completa con Dio consiste nel donarsi con gioia all’amore e al servizio degli altri. Premio Nobel per la letteratura nel 1913, morì il 7 agosto 1941, acclamato da Gandhi come il “grande maestro” e riconosciuto da tutti gli indiani come il “sole dell’India”. 

 

I testi che la liturgia del giorno propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro del Deuteronomio, cap.4, 32-40; Salmo 77; Vangelo di Matteo, cap.16, 24-28.

 

La preghiera del venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

 

“Sei contento di me, Signore della mia vita?” è la domanda che apre una poesia di Rabindranath Tagore, tratta dal suo libro “The religion of Man”. Che facciamo nostra e la giriamo anche a voi, come guida ad un possibile esame di coscienza e preghiera a rinnovare l’amore che si fosse spento, e il dono che fosse venuto meno. È questo, per oggi, il nostro  

 

PENSIERO DEL GIORNO

O tu che sei il più intimo spirito del mio essere! / Sei contento di me, Signore della mia vita? / Perché ti ho dato il calice, / pieno di ogni sofferenza e di ogni gioia, / che i grappoli spremuti del mio cuore hanno prodotto. / Io tesso con il ritmo di colori e canti la coperta del tuo letto, / e con l’oro fuso dei miei desideri  /ho fatto giocattoli per il tuo diletto. / Non so perché mi hai scelto come tuo compagno, / o Signore della mia vita! / Hai riunito i miei giorni e le mie notti, / i miei atti e i miei sogni per l’alchimia della tua arte, / e suonando al ritmo della tua musica i miei canti di autunno e primavera, / raccogli i fiori dei miei momenti maturi per la tua corona…/ Vedo i tuoi occhi contemplare il buio del mio cuore, / o Signore della mia vita! / Mi chiedo se le mie cadute e i mei errori saranno perdonati. / Perché molti furono i miei giorni oziosi / e le mie notti di oblio; / vani furono i fiori che appassirono all’ombra, non dedicati a te. /  Spesso le stanche corde del mio liuto /  si ruppero alla tensione delle tue canzoni. / Come pure, sovente, davanti al rovinio delle ore dissipate, / si riempirono di pianto le mie desolate notti. / Ma, sono giunti, infine, i miei giorni al loro traguardo, / Signore della mia vita!, / mentre vacillano le mie braccia intorno a te / e i miei baci perdono la loro verità? / Se è così, interrompi l’incontro di questo languido giorno, / rinnova il vecchio in me in nuove forme di piacere, / e si ripetano le nozze / in una nuova cerimonia di vita. (Rabindranath Tagore, The religion of man).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

 

 

Giorno per giorno – 07 Agosto 2009ultima modifica: 2009-08-07T23:23:00+02:00da fraternidade
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