Giorno per giorno – 06 Agosto 2009

Carissimi,

“Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù” (Mc 9, 2-4). Noi non sappiamo cosa avvenne davvero quel giorno sul monte. Ma possiamo intuire che il fatto rappresentò una svolta decisiva nel cammino di fede dei tre amici di Gesù, che riescono a scorgerne, oltre ogni apparenza, la verità più profonda. Che diventa appello dall’alto: È il mio figlio prediletto; ascoltatelo. Per un momento tutte le incomprensioni, i dubbi, le resistenze opposte al cammino prefigurato dal Maestro, anche alla luce della parola scritta della Bibbia (la Legge, Mosè, e i Profeti, Elia) erano venute meno e tutto, persino la profezia dolorosa della Croce, aveva acqusitato linearità e una luminosa compiutezza di senso. È uno sguardo, quello dei discepoli, di cui è capace solo chi ama per davvero: una madre, (meno spesso) un padre, una sposa, un figlio, un’amica(o). Ed allora ci si dà conto che si è disposti a giocarsi la vita. Sulla proposta che l’Altro è. Poi, spesso, come una febbre, passa. Il Vangelo di oggi è una scommessa a farsela tornare, quella febbre. A innamorarsi nuovamente di Lui (e, con Lui, di ogni altra creatura, del mondo intero). Come un tempo.           

 

Oggi il calendario delle Chiese d’oriente e d’occidente ricorda la Festa della Trasfigurazione di Gesù.   

06 TRASFIGURAZIONE.jpgIstituita, probabilmente nel V secolo, nella chiesa siriaca per ricordare la dedicazione di una chiesa sul Monte Tabor, si estese successivamente alla Chiesa bizantina, nella Spagna mozarabica e nella liturgia monastica dell’Occidente. Il papa Callisto III, ne fissò la data al 6 agosto,  per celebrare il fatto che in quel giorno, nel 1456, giunse a Roma la notizia della vittoria a Belgrado contro i turchi. Come dire, uno che non aveva capito nulla del mistero che celebrava. E il Buon Dio, che è misericordia infinita, per non smentirsi, non potè neanche fulminarlo. Come in un primo momento dev’esserGli venuto in mente di fare.

 

06_PAUL_VI_ATHENAGORAS.JPGLa sera del 6 agosto 1978 moriva, a Castelgandolfo,  il papa Paolo VI. Nato a Concesio (Brescia) il 26 settembre 1897, Giovanni Battista Montini, dopo aver prestato per molti anni i suoi servizi in Vaticano, fu nominato arcivescovo di Milano e poi eletto papa, il 21 giugno 1963, succedendo così a Giovanni XXIII. Alieno da ogni culto della personalità e, a livello personale,  profondamente umile e schivo, seppe nondimeno condurre a termine il Concilio e avviare l’applicazione delle delibere conciliari, nonostante gli ostacoli e le incomprensioni che gli venivano da diversi fronti. Importante fu il suo contributo alla causa dell’ecumenismo e del dialogo, soprattutto con le Chiese orientali (storico fu il suo abbraccio con il Patriarca  Athenagoras di Costantinopoli, a Betlemme, nel 1964) e con la Chiesa anglicana. Viaggiò molto per incontrare da vicino l’umanità al cui servizio si era votato. Né sempre ci riuscì, come inevitabilmente accade quando i governi si mettono di mezzo a fare da schermo a realtà scomode. Per loro. Scrisse numerose encicliche, tra cui ricordiamo qui l’Ecclesiam suam e la Populorum progressio, in cui denunciava l’iniquità dell’attuale modello di sviluppo, identificandosi con le speranze e le lotte dei poveri.

 

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della festività che celebriamo e sono tratti da:

Profezia di Daniele, cap.7, 9-10.13-14; Salmo 97; 2ª Lettera di Pietro, cap.1, 16-19; Vangelo di Marco, cap.9, 2-10.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

06 Hiroshima.jpgOgni anno, in questa data, noi ricordiamo anche l’evento terribile della bomba atomica sganciata su Hiroshima, il 6 agosto 1945.  Segno del potenziale distruttivo che sta nelle mani dell’uomo, della sua capacità di negare il dono di Dio. Idolo dell’odio e della guerra. E richiamo, perciò alla responsabilità che grava su ognuno di noi per la salvaguardia della pace nel mondo. E perciò del mondo. 

 

P7200091.JPGOggi sono sette anni che funziona la Chácara Paraíso, per il recupero/trasfigurazione dei nostri amici tossicodipendenti. Ed è anche la festa della nostra comunità di Fé e Luz, che, proprio per questo, si chiama “Noi… la Sua tenda”. Noi ricorderemo qui di una coppia di amici, che quando il medico che accompagnava la gestazione della donna, disse loro: Mi dispiace dirvelo, ma nascerà down, risposero: non è down, è nostro figlio, non capisce? diceva stamattina: “loro” sono Lui, loro sono in ogni caso il figlio prediletto. E Fé e Luz ci aiuta a scoprirlo. Un po’ di anni fa, un altro nostro amico faceva in questo giorno la sua prima consacrazione a Lui. Di cui non si è ancora pentito. Come vedete, abbiamo un certo numero di motivi per rallegrarci e per pregare.     

 

Proprio nella Festa della Trasfigurazione del 1964,  Paolo VI emanava l’Enciclica programmatica del suo pontificato, “Ecclesiam suam”.  Una lettera bella e profonda, attuale, che vale la pena di essere letta (o riletta) e di cui vi proponiamo, congedandoci, un brano, come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Fino a quale grado la chiesa deve uniformarsi alle circostanze storiche e locali in cui svolge la sua missione? come deve premunirsi dal pericolo d’un relativismo che intacchi la sua fedeltà dogmatica e morale? ma come insieme farsi idonea a tutti avvicinare per tutti salvare, secondo l’esempio dell’apostolo: “Mi son fatto tutto a tutti, perché tutti io salvi”? Non si salva il mondo dal di fuori; occorre, come il Verbo di Dio che si è fatto uomo, immedesimarsi, in certa misura, nelle forme di vita di coloro a cui si vuole portare il messaggio di Cristo, occorre condividere, senza porre distanza di privilegi, o diaframma di linguaggio incomprensibile, il costume comune, purché umano ed onesto, quello dei più piccoli specialmente, se si vuole essere ascoltali e compresi. Bisogna, ancor prima di parlare, ascoltare la voce, anzi il cuore dell’uomo; comprenderlo, e per quanto possibile rispettarlo e dove lo merita assecondarlo. Bisogna farsi fratelli degli uomini nell’atto stesso che vogliamo essere loro pastori e padri e maestri. Il clima del dialogo è l’amicizia. Anzi il servizio. Tutto questo dovremo ricordare e studiarci di praticare secondo l’esempio e il precetto che Cristo ci lasciò. (Paolo VI, Ecclesiam Suam, n.90).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

 

Giorno per giorno – 06 Agosto 2009ultima modifica: 2009-08-06T23:30:00+02:00da fraternidade
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