Giorno per giorno – 20 Luglio 2009

Carissimi,

“Alcuni scribi e farisei dissero a Gesù: Maestro, da te vogliamo vedere un segno. Ed egli rispose loro: Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta” (Mt 12, 38-39). Di segni, a dire il vero, per chi li volesse vedere, lui ne continuava a dare. Ma non erano quelli che intendevano loro. Ora, anche qui, Matteo parla di scribi e farisei, ma il discorso si rivolge chiaramente alla comunità cristiana. Quali segni ci aspettiamo? E, più ancora, da “quale” Dio? In vista di quale testimonianza, di quale chiesa, di quale progetto di società? I segni che Gesù faceva erano tutti nella linea dello sporgersi sul bisogno degli altri. Quali sono i segni che caratterizzano le nostre chiese, le nostre comunità, il nostro personale agire? Sono quelli di una testimonianza nuda, libera, disinteressata, incarnata nelle lotte dei poveri, solidale con le loro speranze? O non, piuttosto, quelli che rivelano la connivenza con i potenti, di cui finiscono per adottare il linguaggio, assimilare le finalità,  esibire le stesse immagini di forza, successo, ricchezza? Se così fosse, neppure il segno di Giona, tradotto da Matteo nella profezia della risurrezione del Crocifisso, avrebbe più senso per noi. E, forse, non c’ l’ha già più, incapace com’è di cambiarci la vita.    

 

Il calendario ci porta oggi le memorie di Elia il Tisbita, profeta, e di  Louis-Joseph Lebret, profeta del riscatto e della solidarietà tra i popoli.

 

20_elias.jpgProfeta del sec. IX a.C.,  Elia era originario di Tishbe in Galaad.  Lottò strenuamente in difesa del culto del Dio liberatore contro quello dei baal (gli idoli-padroni arbitrari della vita). Nell’episodio della rivelazione ricevuta sul Monte Oreb (1Re 19,8 ss), la Bibbia ci documenta una sua conversione nella comprensione del mistero di Dio. Il loquace Elia (era profeta e parlare pensava fosse il suo mestiere!) scopre che Dio si rivela più e meglio nel silenzio. È un invito a fare vuoto in noi, a liberarci dalle molte parole su di Lui, per lasciare agire Lui. Nel libro dei Re (2Re 2,11) si narra che Elia salì al cielo su un carro infuocato, avvolto in un turbine. Da qui deriva la credenza ebraica che egli non sia morto, ma che continuamente faccia ritorno sulla terra, per aiutare i fedeli bisognosi.

 

20 PÈRE LEBRET X.jpgLouis-Joseph Lebret era nato a Minihic, nei pressi di Saint-Malo, in Bretagna, il 26 giugno 1897. Entrato giovanissimo nella Scuola Navale, ne era uscito ufficiale di marina, prendendo parte poco dopo alla Prima Guerra Mondiale. Nel 1923, sentendo la chiamata alla vita religiosa,  lasciò la marina e entrò nell’Ordine domenicano. Negli anni successivi all’ordinazione, si sensibilizzò alla situazione dei piccoli pescatori bretoni, colpiti dalla crisi economica di quegli anni, aiutandoli a fronteggiarla e fornendo loro gli strumenti per un’analisi critica della realtà socio-economica, in vista di un’alternativa che vedesse finalmente l’economia al servizio dell’uomo. Sviluppando questa visione, creò nel 1941 l’istituto Economia e Umanesimo. A partire dal 1947, riconosciuto internazionalmente per la serietà dei suoi studi, venne ripetutamente invitato in diversi paesi del Sud del mondo per offrire il suo contributo ad uno sviluppo globale, armonizzato e autopropulsivo. Negli anni 60 il papa Paolo VI lo chiamò a Roma come perito al Concilio Vaticano II e lo volle come sue maggior collaboratore nella redazione della sua enciclica sullo sviluppo dei popoli, la Populorum Progressio. Padre Lebret morì a Parigi il 20 luglio 1966.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro dell’Esodo, cap.14, 5-18; Salmo (da Es 15, 1-6); Vangelo di Matteo, cap.12, 38-42.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

 

Leonídio è il papà di dona Teresa e delle sue sorelle, nonché nonno di Edna, Norma e delle loro sorelle e cugini e cugine, e bisnonno e forse anche trisnonno di molti altri e altre. Lui è uno di quei patriarchi di una volta, carico di anni (ne ha 102), di saggezza, di forza, di bontà. Ma, negli ultimi tempi, anche di qualche acciacco di troppo. Che la sua famiglia (e non solo) gli vorrebbe risparmiare. E ce la mette tutta. E, forse, potremmo dar man forte anche noi e voi. Perché lui possa ancora a lungo, se Dio vuole, godersi la nostra compagnia. E noi la sua.

 

Noi ci si congeda qui. Lasciandovi ad una preghiera di  Louis-Joseph Lebret, che vorremmo un giorno poter far nostra. Cambiando ciò che ci fosse da cambiare. È per oggi il nostro     

 

PENSIERO DEL GIORNO

Mio Dio, io credo di aver amato molte cose, in te, lungo il mio cammino. Capisco che ciò è stato sempre troppo poco, ma comprendo che è stato il meglio della mia vita, così piena di egoismi. Bambino, ho amato quella povera vicina che non aveva il vestito per andare a Messa. Ho amato i mendicanti che passavano con la bisaccia di casa in casa per riempirla di pane. Ho amato gli scaricatori di Porto Said, con i quali abbiamo imbarcato il carbone sul nostro battello. Ho amato i tedeschi, ai quali avevamo appena distrutto la flotta, e che chiamavano disperatamente nella fitta nebbia tra i banchi di Fiandra.  Ho amato i pescatori che fuggivano verso la città, ridotti alla fame dalla meccanizzazione e dalla crisi mondiale. Ho amato gli abitanti dei tuguri di Marsiglia dai quali mi portava Padre Loew. Ho amato i neri delle favelas di Rio e dei mocambos di Recife. Ho amato i cenciaioli di Tokio, a cui la polizia distruggeva le misere abitazioni. Ho amato tanti sventurati da non ricordarmene più il numero. Ho amato i ricchi, schiavi della loro ricchezza, i politici che non avevano competenza o grandezza sufficienti per adempiere correttamente il loro dovere. Ho amato ogni sorta di uomini, tanti poveri miserabili che solo la testimonianza dell’amore autentico può sollevare. Mio Dio, ho fatto troppo poco per tutti questi uomini che ho amato in te e per tutto ciò che vi era in essi di valore e di speranza Nondimeno la mia angoscia stringa pure tutti coloro che portano ancora il tuo nome e che, unendo i loro sforzi, potrebbero fare un mondo migliore. (Louis-Joseph Lebret, Coloro che in te ho amato, Signore).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

 

Giorno per giorno – 20 Luglio 2009ultima modifica: 2009-07-20T23:26:00+02:00da fraternidade
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