Giorno per giorno – 19 Luglio 2009

Carissimi,

“Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato” (Mc 6, 30). Che poi era ciò che li aveva mandati a fare lui: “Proclamavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano” (Mc 6, 13). E sembra di vederli, i dodici, a fargli ressa intorno, ciascuno strattonandolo perché dia retta a lui più che agli altri. Ed ecco che egli li acquieta e gli dice quattro, o meglio, cinque cose. Prima di tutto: venite [con me]. E puntualizza: voi soli. E chiarisce: in disparte. E specifica: in un luogo deserto. E aggiunge: e riposatevi un po’ (Mc 6, 31). Il che, forse, riassume tutto il senso della preghiera cristiana: accogliere l’invito a stare con lui. Dove ogni altra cosa tace. E contemplarlo come si conviene. E intenderlo meglio. E trovare in lui riposo. Per arrivare ad essere come Lui (no, non accadrà mai!): pastori, semplicemente pastori, gli uni per gli altri: “Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore” (Mc 6, 34). L’evangelista sembra aver costruito il suo racconto con una buona dose di ironia: il riposo promesso, lì a portata di mano,  si traduce in lavoro moltiplicato. I dodici, scendendo dalla barca, devono aver guardato la folla, e poi Gesù. E scosso la testa e, forse, riso: del resto ce la siamo cercata! Essere pastori in un’epoca in cui pastori non ce n’è o pensano solo a sé (“Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati” secondo la denuncia di Geremia): è tutto ciò che Gesù si aspetta dai suoi. Stamattina, nella chiesetta dell’Aparecida, abbiamo celebrato l’Eucaristia con frei Mingas, che è di quei tipi che sembrano avere la linea diretta con Lui e non ci sarebbe davvero bisogno dicesse una parola di più oltre a quelle della messa, che lui legge come da un grande libro invisibile. L’omelia, comunque, ce l’ha fatta ugualmente dona Nady, applicandola alla romaria che abbiamo fatto a Trindade con il gruppo di “Fé e Luz”, mercoledì scorso. Che, ha detto, è stata una bella parabola di come potrebbe essere organizzato il mondo, o anche solo, per cominciare, la Chiesa, con dom Eugenio per primo, ma poi anche gli altri, attenti a tutti e preoccupati per tutti. Ed è questo, in definitiva, il Suo unico insegnamento: “E si mise a insegnare loro molte cose” (v.34).        

 

I testi che la liturgia di questa XVI Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione  sono tratti da:

Profezia di Geremia, cap.23, 1-6; Salmo 23; Lettera agli Efesini, cap.2, 13-18; Vangelo di Marco, cap.6, 30-34.

 

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e Chiese cristiane.

 

Oggi è memoria di Arsenio il Grande, monaco e eremita, e di Macrina la Giovane, monaca “domestica” e contemplativa. In America Latina noi ricordiamo anche la figura di Tupac Amaru, martire della resistenza indigena  in Perù.

 

19 ARSENIO.jpgArsenio nacque  a Roma intorno al 354 da una nobile famiglia. Nel 383 l’imperatore Teodosio lo chiamò alla corte di Costantinopoli per affidargli l’educazione dei figli Arcadio e Onorio. Dopo aver svolto tale funzione per undici anni, Arsenio entrò in una profonda crisi spirituale e ottenne dall’imperatore di potersi ritirare nel deserto egiziano.  Recatosi ad Alessandria d’Egitto, si unì alla comunità degli anacoreti di Scete, in pieno deserto. Qui trascorse quasi quarant’anni, vivendo in solitudine, dedicandosi alla preghiera, alla meditazione e al lavoro manuale. Quando nel 434 Scete fu invasa da una tribù libica, Arsenio si spostò a Troe, presso Menfi, dove visse fino al 450 circa. Raccontano di lui, che dopo molti anni di servizio al Signore, gli altri monaci lo udirono un giorno gridare a Dio: “O Dio, non mi abbandonare; non ho fatto niente di buono ai tuoi occhi, ma nella tua bontà concedimi di cominciare”. Al suo ultimo giorno di vita, poi, a quanti, vedendolo piangere, gli chiedevano se avesse paura, rispose: “Il timore che provo ora mi ha sempre accompagnato da quando mi sono fatto monaco”. Detto questo, morì. Deve aver scoperto solo allora che non era il caso di tanto timore. Ma, al buon Dio, gli sarà piaciuto anche così, come tutti gli piacciamo, comunque noi siamo.  

 

19_MACRINA LA GIOVANE.jpgMacrina appartenne ad una famiglia di santi. Il nome le fu dato in onore della nonna paterna, Macrina l’Anziana, pure lei santa (di cui si fa memoria il 14 di gennaio). Così come santi furono i genitori, Basilio e Emmelia e altri tre fratelli, Basilio, Gregorio e Pietro. Dopo la morte del padre, dedicò una cura speciale all’educazione di questi ultimi, esercitando una profonda influenza sulla loro crescita spirituale. Pur avendo ereditato dal padre una considerevole fortuna, abituò la famiglia a evitare ogni tipo di lusso e di privilegio, vivendo con estrema semplicità. Alla morte della madre, fondò un convento nella tenuta della famiglia. Nel 379, Gregorio, uno dei maggiori teologi di tutti i tempi, andò a visitare la sorella e la incontrò inferma, distesa su un semplice letto di tavole. Restarono per ore a parlare sul senso della vita, sulla morte e sulla vita futura. Finché lei esalò l’ultimo respiro.

 

19_TUPAC_AMARU.jpgTupac Amaru, cacicco inca di Tangasuca (Perù), si ribellò all’oppressione spagnola, rivendicando uguaglianza di diritti per i suoi fratelli indigeni. Nel 1781, fu sconfitto, decapitato e squartato nella piazza di Huacaypata,  assieme alla sua sposa, Micaela Bastidas.

 

Ieri Gerson e Arcelina sono partiti per un viaggio di 2400 chilometri, con destinazione Porto Velho, nello Stato di Rondônia, dove dal 21 al 25 luglio si svolgera il XII Incontro Interecclesiale delle CEBs (Comunità ecclesiali di base). Il tema previsto è: “CEBs: Ecologia e Missione”. Noi accompagneremo l’evento da lontano, con la nostra preghiera, e chiediamo, ovviamente, a voi di fare lo stesso.

 

Per stasera è tutto. Prendendo spunto dalla memoria di Arsenio il Grande e dalla riflessione sulla compassione cui ci ha mosso il Vangelo, scegliamo di offrirvi, nel congedarci, una citazione di Lucien Regnault, benedettino di Solesmes, che è uno dei maggiori studiosi e commentatori degli apoftegmi dei Padri del deserto.  La prendiamo dal volume collettaneo “Abba, dimmi una parola! La spiritualità del deserto” (Qiqajon). Ed è per oggi il nostro   

 

PENSIERO DEL GIORNO

Ci sono indubbiamente molti modi di portare la miseria degli altri. Abba Agatone sarebbe stato disposto a scambiare il proprio corpo con quello di un lebbroso, se solo fosse stato possibile. Può essere ancora più eroico scambiare in qualche modo il proprio corpo e la propria anima con quelli di un criminale. Poemen consigliava di trattare meglio il peccatore del giusto. Similmente Cronio lascia trasparire di nutrire a priori più amore per un fratello peccatore che non per un altro irreprensibile. È da questi atteggiamenti che possiamo riconoscere gli autentici discepoli di Colui che è venuto a chiamare non i giusti ma i peccatori. “Non vedete la misericordia del Signore che hanno gli anziani per l’immagine del Signore?”. Abba Pambo diceva a Teodoro: Va’, abbi misericordia con tutti, perché la misericordia trova accesso sicuro davanti a Dio”, accesso quaggiù per essere esauditi nella preghiera e accesso nell’aldilà per presentarsi davanti al Giudice supremo. È il caso di quel fratello che, pur avendo vissuto con poco zelo nell’ascesi, va incontro alla morte con gioia e allegrezza: “Da quando sono divenuto monaco non mi risulta di aver giudicato nessuno e di aver portato rancore a qualcuno… Voglio dire a Dio: Signore, tu hai detto: Non giudicate e non sare giudicati, perdonate e sarete perdonati”. (Lucien Regnault, Le beatitudini evangeliche).   

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 19 Luglio 2009ultima modifica: 2009-07-19T23:32:00+02:00da fraternidade
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