Giorno per giorno – 16 Luglio 2009

Carissimi,

“Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11, 28-30). Il brano di oggi è il seguito di quello di ieri. Quello dello sguardo incantato di Gesù sui suoi piccoli e dell’allegria che gli gorgoglia dentro e poi esplode nel canto. E i piccoli non sono semplicemente i bambini. Sono chi non conta niente. Chi, ovunque si trovi, pare dica sempre a bassa voce: disturbo? Sono i clandestini della vita. Di cui, quelli che si nascondono nei vostri Paesi, sono solo metafora. E sono anche quanti riescono a prendere ancora sul serio il monito di Gesù a quanti ostacolano, nei piccoli, la fede in Lui o anche solo la fiducia nella vita: “Sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare” (Mt 18, 6). Che, se la si prendesse a serio, che dire?, l’Italia avrebbe la popolazione dello stato di Goiás e il nostro Stato, quella della nostra capitale. Tanto siamo tutti presi ad alimentare ad arte vicendevoli sospetti a  toglierci reciprocamente la serenità del vivere. “Sai tu cos’è l’infanzia spirituale? È, molto semplicemente, l’avere un’anima toccata dalla grazia, che può non aver fatto nulla nella vita ma che ha ricevuto da Dio il dono di uno sguardo semplice rivolto a lui e quella freschezza dove a Dio deve essere tanto caro riposarsi, visto che non vi sono più se non uomini preoccupati, tesi, inaspriti dal lavoro e dalla serietà. Dio non vuole gente che abbia delle virtù, ma fanciulli che egli possa prendere come si solleva un bambino, in un momento, perché è leggero e ha dei grandi occhi; poi, è un’altra questione che ci sollevi più o meno in basso, più o meno in alto”. Come scriveva Emanuel Mounier. Dunque, andiamo da Lui, se ci sentiamo stanchi. E anche Lui venga da noi se ha bisogno di riposare un po’. Come di fatto viene. Basta saperlo vedere.  

 

16 N.S. MONTE CARMELO.jpgBene, il calendario ci porta, in questa data, la memoria della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. Prima di estendersi a tutta la Chiesa, questa era stata una festa devozionale sorta per iniziativa di alcuni eremiti latini che, nel sec. XI,  vivevano sulle pendici del Monte Carmelo, in Israele,  e che là avevano costruito una cappella, in cui veneravano un’icona della Madonna. Essi scelsero di chiamarsi Fratelli della beata Vergine Maria del Monte Carmelo, desiderando avere in Maria la sorella che li aveva preceduti nel cammino di fede e il modello di apertura e accoglienza generosa al disegno di Dio. Nei secoli successivi, quest’ordine religioso avrebbe contato nelle sue file alcune delle maggiori figure della spiritualità cristiana: Giovanni della Croce, Teresa d’Avila, Teresina di Lisieux. Noi vorremmo ricordare anche frei Carlos Mesters, che qui in America Latina è senza dubbio il carmelitano più conosciuto e amato, per il lavoro e la dedicazione profusi nel far conoscere e amare la Bibbia, soprattutto tra i ceti più poveri e nelle comunità ecclesiali di base.

 

Il martirologio latino-americano ci porta anche la memoria di José Gumilla, gesuita, difensore degli Indios.

 

16 José Gumilla.jpgJosé Gumilla era nato a Cárcer, in Valencia (Spagna)  il 3 maggio 1686 e quand’era ancora studente diciannovenne si recò con altri qarantadue missionari gesuiti in Nuova Granada (oggi Colombia). Dopo aver completato i suoi studi nell’Università Saveriana a Bogotà, fu ordinato sacerdote nel 1714. Da allora si dedicò per trentacinque anni a creare “reducciones”, villaggi indigeni autogestiti, e a portare avanti i suoi studi di scienze naturali, geografia, economia, medicina indigena, e degli idiomi parlati nel bacino dell’Orinoco. Nelle reducciones, Gumilla era insieme falegname, muratore, scultore, pittore, medico e avvocato. E anche prete, ovviamente. Riuscì a conquistare la stima e l’affetto degli indigeni al punto che costoro, quando giunse in visita il Superiore provinciale, temendo che potesse portarlo via, chiesero a Gumilla il permesso di ucciderlo. Riuscì, tuttavia, a convincerli che era meglio di no. Nel 1738, quando si recò a Roma come procuratore della sua Provincia, cominciò a redigere il suo capolavoro “L’Orinoco illustrato”, pubblicato poi a Madrid nel 1741. Tornò in Sud America nel 1743, e vi restò fino al 1750, quando morì, nella missione di Los Llanos il 16 luglio.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da :

Libro dell’Esodo, cap.3, 13-20; Salmo 105; Vangelo di Matteo, cap.11, 28-30.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

È tutto. Noi ci si congeda qui. Con un testo su Maria, considerata la memoria che celebriamo della Vergine del Monte Carmelo. Lo prendiamo dal celebre romanzo di Georges Bernanos, “Diario di un curato di campagna” ed è, per oggi, il nostro   

 

PENSIERO DEL GIORNO

La Santa Vergine non ha avuto né trionfo né miracoli. Suo Figlio non ha permesso che la gloria umana la sfiorasse, nemmeno con la punta più sottile della sua grande ala selvaggia. Nessuno ha vissuto, ha sofferto, è morto altrettanto semplicemente e in un’ignoranza altrettanto profonda della propria dignità, d’una dignità che tuttavia la pone al di sopra degli angeli. Poiché, dopo tutto, era nata senza peccato: quale stupefacente solitudine! Una sorgente così pura, così limpida, così limpida e pura che ella non poteva nemmeno vedervi riflessa la propria immagine, fatta solo per la gioia del Padre: o sacra solitudine! Gli antichi demoni familiari dell’uomo, padroni e nello stesso tempo servi, i terribili patriarchi che hanno guidato i primi passi di Adamo alla soglia del mondo maledetto, l’Astuzia e l’Orgoglio, li vedi guardare da lontano questa creatura miracolosa, posta fuori della loro portata, invulnerabile e disarmata. Certo, la nostra povera specie non vale molto, ma l’infanzia commuove sempre le sue viscere; l’ignoranza dei piccoli le fa abbassare gli occhi: i suoi occhi che conoscono il bene e il male, i suoi occhi che hanno visto tante cose! Ma non è che ignoranza, dopo tutto. La Vergine era l’Innocenza. Renditi conto di ciò che siamo per lei, noialtri, la razza umana. Oh! Naturalmente, ella detesta il peccato, ma in fondo non ha nessuna esperienza di esso, quell’esperienza che non è mancata ai più grandi santi, allo stesso santo d’Assisi, per quanto serafico sia. Lo sguardo della Vergine è il solo sguardo veramente infantile, il solo vero sguardo di bambino che si sia mai levato sulla nostra vergogna e sulla nostra disgrazia. Sì, per ben pregarla, bisogna sentire su di sé questo sguardo che non è affatto quello dell’indulgenza – perché l’indulgenza si accompagna sempre a qualche amara esperienza – ma della tenera compassione, della sorpresa dolorosa, di non so quale altro sentimento, inconcepibile, inesprimibile, che la fa più giovane del peccato, più giovane della razza da cui è uscita e, benché Madre per grazia, Madre delle grazie, la fa più giovane del genere umano (Georges Bernanos, Journal d’un Curé de campagne).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 16 Luglio 2009ultima modifica: 2009-07-16T23:58:00+02:00da fraternidade
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