Giorno per giorno – 06 Luglio 2009

Carissimi,

“Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata” (Mt 9, 22). Gesù non è il maghetto con tanto di bacchetta magica che a volte vorremmo che fosse. Come non è guaritore di professione. Anche se guarisce. Così, nel Vangelo di oggi, non esita a correggere la fede di quella donna che pensa sia sufficiente toccare la frangia del mantello di Gesù per essere curata. Che ci arrivi o non ci arrivi, tocchi o non tocchi, ciò che la risana, ma, più ancora, la salva, dà un senso definitivo alla sua vita, è l’assenso della sua libertà all’imprevedibile e gratuito presentarsi di Dio che le si fa incontro nella persona del Maestro di Nazareth.  A questo punto, potrebbe anche continuare con le sue emorragie, ma nulla più la priverebbe dell’interiore certezza della prossimità amorosa di Dio, della sua alleanza irrevocabile. Stamattina noi avevamo collocato nelle intenzioni della nostra preghiera amici e amiche, vicini e lontani, che vivono situazioni difficili, ai limiti della tollerabilità, ed ecco la risposta di oggi: “Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata”. E, di più ancora. Perché, anche di fronte a situazioni apparentemente senza ritorno, come per esempio la morte, Gesù ci chiede l’affidamento totale, senza riserve, alla sua parola: “La fanciulla non è morta, ma dorme” (Mt 9, 24). In ognuna di esse, in ciascuna in modo diverso, lo Spirito del Crocifisso risorto è all’opera. E cerca collaboratori. Per affermare le ragioni della vita, per eliminare dal consesso umano ogni fattore di impoverimento, di emarginazione e di esclusione. Di  morte civile.   

 

Due sono le memorie di oggi, entrambe sotto il segno del martirio, della testimonianza alla Veritá di Gesù, fino a dare la vita. Quelle di Jan Hus e di  Thomas More.

 

06 JAN HUS.jpgJan Hus era nato a Husinec, nella Boemia meridionale, verso il 1371. Terminati gli studi, fu ordinato presbitero nel 1400. Chiamato all’ufficio di predicatore della chiesa di San Michele a Praga, divenne professore di teologia all’Università della stessa città. Uomo di una profonda spiritualità, saldamente ancorata alla Parola di Dio, Hus percepì presto la corruzione, i latrocini e l’ipocrisia che dilagavano soprattutto tra il clero e diede tutto se stesso per restituire alla comunità dei semplici cristiani, attraverso un approccio diretto alle Scritture, la figura del Gesù umile, povero, solidale con gli ultimi, consegnatoci dal Vangelo. La sua predicazione rivelò numerose convergenze con le dottrine del riformatore inglese John Wycliff,  condannato per eresia (che, all’epoca, era praticamente sinonimo di fedeltà all’Evangelo) qualche decennio prima. Questo fatto segnò anche il destino di Hus. Nel 1408, infatti, il prete fu sospeso a divinis e nel 1412 scomunicato. Nonostante il favore popolare, quando nel 1413 la nobiltà favorevole al clero corrotto prese il potere a Praga, Hus dovette fuggire e rifugiarsi nel villaggio natale. Qui scrisse la sua maggior opera teologica, De Ecclesia. Il culmine della tensione con la gerarchia ecclesiastica si registrò quando, nella lotta che opponeva due contendenti al titolo di papa, uno dei due (che successivamente sarebbe uscito sconfitto) promosse la vendita di indulgenze per raccogliere fondi per una guerra contro il rivale. Hus restò sconvolto dall’idea che si potesse anche solo immaginare di vendere benefici spirituali per finanziare una guerra tra due che rivendicavano il titolo di “Servo dei servi di Dio” e lo dichiarò pubblicamente. Nel 1414, convocato dal Concilio di Costanza, vi si recò, munito di un salvacondotto imperiale, per difendere le sue tesi. Non aveva tenuto conto che, per un certo potere, anche i salvacondotti erano carta straccia. Riconosciuto colpevole, fu condannato a morte e  e arso vivo nella pubblica piazza il 6 luglio del 1415.

 

06 Tommaso Moro.jpgThomas More era nato a Londra il 7 febbraio 1478. Di carattere  accattivante e simpatico,   sposo e padre di famiglia, ebbe un figlio e tre figlie. Profondamente religioso, prendeva parte quotidianamente all’Eucaristia, dedicando inoltre parte del suo tempo alla lectio divina.  Fu giurista e amico di Erasmo di Rotterdam, il celebre umanista che gli dedicò il suo capolavoro “L’elogio della pazzia”. Cancelliere del regno, lasciò numerose opere, la più conosciuta delle quali è L’Utopia:  il sogno di una società perfetta, in cui, per dirlo con le sue parole, non succeda più che “un nobile, un banchiere, uno strozzino, un fannullone, un ignavo, che nulla fa per il bene dello Stato, abbia il diritto di vivere tra mollezze e lusso, tra l’ozio e gli inutili perditempo, mentre un operaio, un cocchiere, un falegname, un contadino, che lavorano come muli e senza i quali lo Stato non potrebbe tirare avanti neppure per un anno, abbiano a stento un boccone di pane e menino un’esistenza miserabile”. Che era, anche solo limitandoci a questo, un programma discretamente radicale! Essendosi opposto al divorzio di Enrico VIII e alla pretesa del re di arrogarsi l’ultima parola in materia religiosa, fu condannato a morte. Dopo la sentenza, alla Corte che gli chiedeva se avessa qualcosa da aggiungere, Thomas More rispose: “No, signori, non ho più niente da aggiungere se non che come si legge negli Atti degli Apostoli – san Paolo era presente e consenziente alla morte di santo Stefano ed ebbe in custodia le vesti di coloro che lo lapidavano: eppure ora sono entrambi santi in Paradiso, e lassù saranno amici per sempre. Così, io fermamente confido – e con tutto il cuore lo chiederò nelle mie preghiere – che, benché voi, monsignori, siate qui in terra i giudici della mia condanna, possiamo un giorno ritrovarci tutti insieme nella gioia del Paradiso, per la nostra eterna salvezza”. Thomas More fu decapitato il 6 luglio 1535, testimoniando così la sua fedeltà alla sua propria  coscienza e alla Chiesa di cui si sentiva figlio.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro della Genesi, cap.28, 10-22; Salmo 91; Vangelo di Matteo, cap.9, 18-26.

 

La preghiera del martedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

 

È tutto per stasera. Noi ci congediamo qui offrendovi in lettura una “Meditazione scritta da Sir Thomas More, Cavaliere, prigioniero nella Torre di Londra, nell’anno del Signore 1534, che troviamo in rete, nel sito della “Società filosofica italiana di Salerno”. E che è per oggi il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Concedimi, o Signore, la grazia / di disprezzare le cose del mondo. // Di rivolgere solo a Te i miei pensieri./ Di non dipendere dal frastuono delle bocche degli uomini. // Di essere contento della solitudine. / Di non desiderare compagnie terrene. // Di sottrarmi poco a poco al mondo, / così che la  mia mente possa liberarsi della sua concitazione. // Di non desiderare di ascoltare frivolezze. / Che le fantasie del mondo possano suonare sgradite al mio orecchio. // Di pensare a Dio con letizia. / Di invocarne l’aiuto misericordioso. // Di abbandonarmi al conforto di Dio. / Di amarlo incessantemente. // Di riconoscere la mia viltà e la mia miseria. / Di umiliarmi, arrendevole, alla potente mano di Dio. // Di pentirmi dei peccati commessi, / sì da sopportare paziente le avversità per la loro remissione. // Di sopportare qui il mio Purgatorio. / Di gioire nelle tribolazioni. // Di attraversare gli angusti sentieri che conducono alla vita. / Di portare la croce con Cristo. / Di ricordare le cose supreme. / Di avere sempre davanti agli occhi la mia morte, che mi è sempre vicina. // Di non ritenere la morte a me estranea. / Di meditare sempre sulle fiamme eterne dell’Inferno // Di invocare il perdono di Dio prima che venga  emessa la sentenza. / Di avere sempre in mente la passione che Cristo patì per me. // Di essergli incessantemente grato dei suoi benefici. / Di riscattare il tempo perduto. // Di astenermi dalle vane ciance. / Di rifuggire dai divertimenti sciocchi. // Di astenermi dagli svaghi inutili. / Di considerare nulle le perdite delle sostanze, degli amici, della libertà, di tutto,  / per la vittoria di Cristo. // Di considerare i miei più accaniti nemici come i  miei migliori amici. / Perché i fratelli di Giuseppe non avrebbero potuto mai fargli bene maggiore, / con il loro amore ed il loro affetto, di quello che gli fecero con il loro odio e la loro malizia. // Queste meditazioni dovrebbero essere ritenute  più preziose  / di tutti i tesori di tutti i principi e re cristiani e pagani, / ammucchiati l’uno sull’altro. // (Thomas More, Meditazione).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

 

Giorno per giorno – 06 Luglio 2009ultima modifica: 2009-07-06T23:17:00+02:00da fraternidade
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