Giorno per giorno – 05 Luglio 2009

Carissimi,

“Partito quindi di là, andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti” (Mc 6, 1-2). Noi ci siamo letti il Vangelo di questa domenica, giovedì sera a casa di dona Badia, che da qualche anno è la compagna di Gersiron, fratello di dona Dominga, di Djari, di Adalcino e degli altri.  I due abitano in due stanze, una adibita a camera da letto, l’altra a cucina, costruite di recente a ridosso della vecchia casa, dove Gersiron viveva fino a una decina di anni fa con dona Candida, l’anziana madre, costretta a letto da un  ictus. Che poi il buon Dio se l’è portata. Gersiron, giovedì, non c’era, dato che, come succede spesso, sta lavorando in campagna. Badia dice che così è meglio, perché evitano di litigare.  Ma non giureremmo che lo pensi davvero, timidi e romantici come entrambi appaiono in questo loro amore, che li ha raggiunti così avanti negli anni. Dona Badia è un po’ sorda e dunque, anche giovedì, non ci sentiva parlare, ma sorrideva comunque, per il solo fatto di averci lì. E questo è già una Buona Notizia, che ci trasmettiamo a vicenda. Quel giorno Gesù “andò nella sua patria”, dice il Vangelo. E, arrivato il sabato, cominciò a insegnare in sinagoga. Le “parrocchie” di allora erano ben più democratiche di quelle dei nostri tempi. Uno arrivava e cominciava ad insegnare. Segno che ci si fidava dello Spirito più di quanto non ci si fidi oggi. Questo brano di Vangelo (Mt 6, 1-6) si apre e si chiude con una manifestazione di stupore. Quello dei concittadini di Gesù, portato fino allo scandalo, nell’ascoltarlo, e quello di Gesù, nel constatarne l’incredulità. Ma, là dove Marco parla della patria di Gesù e, più ancora, della sinagoga in cui insegna, parla in realtà della chiesa. E perciò di noi. Vuol dire, insomma, che, spesso, Gesù, è straniero tra di noi. Lo ascoltiamo, ma non ci lasciamo convincere. Lui non è più la verità di Dio, ma figura dell’umano (segno di una specifica cultura, etnia, civiltà), ridotta a convenzione religiosa, rito stanco e ripetitivo, che invece di ridestarci e provocarci, ci acquieta e ci addormenta.  Non è più la risposta di Dio alla sofferenza dell’uomo e al grido dei poveri (Es 3,7), nel corpo vivo della storia, che già le antiche scritture annunciavano come evento di liberazione. È, anzi, posto a giustificazione e guardia dell’ordine costituito, anche del più ingiusto. In una situazione come questa non succede nessun tipo di miracoli. Neppure quelli minimi che ciascuno può fare, semplicemente prendendosi cura dell’altro. “E Gesù si stupiva della loro incredulità” (Mc 6,6).  Già. Anche della nostra.           

 

I testi che la liturgia di questa XIV Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Ezechiele, cap.2, 2-5; Salmo 123; 2ª Lettera ai Corinzi, cap.12, 7-10; Vangelo di Marco, cap.6, 1-6.

 

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le Chiese e comunità cristiane.

 

Il nostro calendario ecumenico ci porta oggi la memoria di Mehdi Dibaj e Compagni, pastori evangelici e martiri in Iran. E il ricordo di uno scrittore, appassionato di Cristo: George Bernanos.

 

05 MEHDI DIBAJ.jpgMehdi Dibaj era nato nel 1935 in una ricchissima famiglia musulmana in Iran.  Adolescente era diventato cristiano, facendosi battezzare nella Chiesa delle Assemblee di Dio. In seguito aveva studiato da pastore, inaugurando subito dopo il suo ministero missionario.  Nel 1979, fu incarcerato una prima volta, per 68 giorni, a causa della sua fede.  Nel 1984 fu arrestato nuovamente. Per due anni visse in isolamento, sopportando regolarmente percosse e ripetute esperienze traumatiche di finte esecuzioni. Nel 1988, la moglie, minacciata più volte di morte per lapidazione, chiese ed ottenne il divorzio da Mehdi, per far ritorno alla religione dei padri. La Chiesa si fece carico dell’educazione dei due figli della coppia. Condannato a morte per apostasia il 21 dicembre 1993, Dibaj fu tuttavia improvvisamente rilasciato il 13 gennaio dell’anno seguente. Che le cose comunque non fossero affatto tranquille per la piccola comunità cristiana di quella regione, lo rivelò l’omicidio, pochi giorni dopo, del rev. Haik Hovsepian Mehr, Vescovo delle Assemblee di Dio in Iran, il cui cadavere fu ritrovato a Karaj il 2o gennaio 1994.  Mehdi Dibaj tuttavia non si lasciò intimorire e riprese di lena il lavoro per così lungo tempo interrotto, viaggiando per il Paese a incoraggiare i compagni di fede.  Il 2 luglio dello stesso anno, fu ritrovato il cadavere del reverendo Tatavous Michaelian, sessantaduenne pastore della chiesa evangelica presbiteriana di Tehran, ucciso a colpi di pistola, dopo essere uscito di casa, senza farvi più ritorno, il 29 giugno precedente.  Il 5 luglio 1994 l’Agenzia di notizie di Stato informò del ritrovamento del corpo senza vita del pastore Mehdi Dibaj.

 

05 George Bernanos.jpgGeorges Bernanos era nato a Parigi il 21 febbraio 1888. Durante gli studi in Lettere e Diritto alla Sorbona, divenne militante dell’Action Française, un’organizzazione di estrema destra, di stampo monarchico, che si voleva campione dell’ortodossia cattolica. Vi rimase finché la Chiesa, giudicandola piuttosto eccessiva, pensò bene di scomunicarla. Terminati gli studi, allo scoppio della prima guerra mondiale, il giovane Bernanos venne inviato al fronte, rimase ferito e fu decorato con una croce al merito. Nel 1917 si sposò e divenne ispettore assicurativo. Fu durante i suoi viaggi che comiciò a scrivere il suo primo libro, Sotto il sole di Satana, il cui successo lo convinse a intraprendere la carriera di scrittore. La precarietà delle entrate costrinsero la famiglia Bernanos (la coppia ebbe sei figli) a continui spostamenti. Nel 1934, con il trasferimento a Maiorca, lo scrittore venne a contatto diretto con la tragedia della guerra civile spagnola, i cui orrori, nonché l’appoggio dato al sollevamento franchista dalla gerarchia ecclesiastica, egli denunciò con forza nel suo libro I grandi cimiteri sotto la luna.  Allo stesso periodo risale il suo capolavoro, Il Diario di un curato di campagna. Rientrato brevemente in Francia, quando presagì l’affermarsi dell’avventura totalitaria, ne ripartì con destinazione il Paraguay e poi il Brasile, da dove collaborò con le radio alleate in sostegno alla Resistenza. Nel 1945, al rientro in Francia, rifiutò incarichi prestigiosi offertigli da De Gaulle, così come l’ammissione all’Academie française. Nel 1947, si trasferisce con la famiglia in Tunisia, dove compose il Dialogo delle Carmelitane, la sua unica pièce teatrale, ambientata nella rivoluzione francese. Nel giugno del 1948, le condizioni di salute gli imposero di tornare in Francia, per esservi operato, ma un improvviso peggioramento lo portò alla morte, a Neuilly-sur-Seine, presso Parigi, il 5 luglio 1948. Sulla sua tomba fece scrivere questo epitaffio: “Si prega l’angelo trombettiere di suonare forte: il defunto è duro di orecchie”.

 

Triste, tristissima, ci è parsa la presa di posizione del card. Maradiaga, sul golpe in atto in Honduras. Che vede la gerarchia ecclesiastica a lato dei privilegiati di sempre. E Gesù che, inevitabilmente, si stupisce. Ma forse neanche tanto. Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura un brano de “I grandi cimiteri sotto la luna  (Il Saggiatore) di Georges Bernanos. Dice della guerra civile di Spagna e si rivolge ai vescovi spagnoli. Ma parla, ci sembra, anche per l’oggi. Ed è il nostro

   

PENSIERO DEL GIORNO

Dato che le vostre signorie si rassegnano a esercitare solo indirettamente, per interposta persona, il diritto di legittima difesa – quel diritto che mi sembra sempre più riservato a una certa categoria di cittadini e quasi reso inseparabile dal diritto di proprietà, al punto che è possibile difendere a fucilate la propria casa, anche se uno ne ha parecchie, mentre con gli stessi mezzi non si può difendere il proprio salario, anche se non si possiede altro – dicevo, sarebbe stato tanto di guadagnato se, dopo tutti i discorsi sulle disgraziate condizioni dei contadini e operai spagnoli, sull’egoismo dei ricchi, sul preteso carattere antisociale della monarchia borbonica, vi foste astenuti ancora un poco dal denunciare solennemente al mondo, come soli responsabili di sì gran varietà di sciagure, uomini di cui il meno che si possa dire è che soffrivano più degli altri di quegli errori e sciagure da voi così a lungo deplorati. Se contro i ricchi malvagi non avete da opporre altra sanzione se non le lettere pastorali della quaresima, che triste spettacolo vedere le vostre mani, le vostre venerabili vecchie mani dove brilla l’anello del Pastore, indicare tremando ai giustizieri il petto dei poveri malvagi. Anche malvagi, i poveri non possono essere ritenuti responsabili, per esempio, della crisi economica o della corsa agli armamenti. Hanno perduto Dio, va bene. Forse voi avevate dato loro Dio in consegna? Finora credevo che tale incarico fosse vostro, è vero?  Sì, noialtri padri ci facciamo un’idea, penso, abbastanza giusta dei riguardi dovuti alla vostra paternità. Quando i vostri figli si volgono al male, perché, diavolo, rifiutarvi di condividere secondo natura l’angoscia del padre? Questa particolare angoscia ha un nome: noi la chiamiamo vergogna. […] Sono senz’altro convinto che nel segreto dell’oratorio i vescovi spagnoli interroghino gravemente la propria coscienza. Oh, come solleverebbero le nostre, se lasciassero intravedere, nei loro discorsi, un tantino di questa sana ansietà. Non chiederemmo di meglio che condividerne filialmente l’amarezza. Giacché, in fin dei conti, se Dio si ritira dal mondo vuole dire che si ritira innnanzitutto da noi, cristiani. (Georges Bernanos, I grandi cimiteri sotto la luna).

     

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Luglio 2009ultima modifica: 2009-07-05T23:47:00+02:00da fraternidade
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