Giorno per giorno – 23 Giugno 2009

Carissimi,

“Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi” (Mt 7, 6).  Gesù aveva appena finito di esortare i suoi a non giudicare (Mt 7, 1), ed eccolo uscirsene con questa espressione di “cani e porci”, che ai nostri orecchi suona oggi decisamente forte, e che, allora, doveva designare nel linguaggio popolare le forze di occupazione e i gruppi politico-religiosi con esse collusi. Ora, se la proposta del Regno, la perla della parabola (Mt 13, 45-46), si indirizza ai poveri, per farne i suoi destinatari e soggetti (Mt 5, 3), è ovvio che Gesù avverta i suoi dell’ostilità che essa inevitabilmente susciterà in quanti sono espressione del sistema dominante, invitandoli ad un prudente distanziamento dagli ambiti del potere. Anche in seguito non mancherà di richiamare su questo l’attenzione dei discepoli, dicendo loro: “I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi” (Mt 20, 25-26). Lui stesso, coerentemente, al momento opportuno, messo a confronto con Erode, il dissoluto e corrotto tetrarca di Galilea, non lo degnerà di una parola (Lc 23,9),  e opporrà un sostanziale silenzio anche a Pilato, suscitandone l’ira (Gv 19,10). Stamattina tuttavia noi ci si diceva che il Vangelo vuole forse allertarci su un pericolo maggiore che non la semplice – anche se già grave – collusione con le forze del potere, ai fini di una reciproca strumentalizzazione (che finisce poi per rivoltarcisi contro), ed è quello di noi stessi farci “cani e porci”, perfettamente allineati e funzionali alla logica del potere dominante, pensando che basti, a salvarci l’anima, qualche devozione e qualche comunione, e invece no, semplicemente, non reggeremo la parte. Perché, come ci diceva il Vangelo qualche giorno fa: “Non potete servire a Dio (e, perciò, ai poveri) e a mammona (la ricchezza, il denaro, il potere)” (Mt 6,24).         

 

Le memorie di oggi sono tutte all’insegna dell’ebraismo e della coraggiosa testimonianza al Dio dei Padri e alla Torah, suggellata con il martirio. Ricordiamo infatti: Rabbi Chanania ben Teradion, maestro e martire della repressione romana, in Eretz Israel; i Martiri ebrei della persecuzione di Rindfleish in Germania; Samuele e compagni, martiri del fanatismo religioso, a Trento.

 

23 Torah.jpgRabbi Chanania fu uno dei Dieci Rabbini Martiri, messi a morte durante la violenta persecuzione antigiudaica scatenata dall’imperatore Adriano, dopo la rivolta antiromana di Simone Ben Kochbá. Visse a Sichnin, nella Bassa Galilea. Ebbe due figli e due figlie. Uno di essi si associò ad una banda di ladri e fu condannato a morte, l’altro fu invece uno studioso della Torah. Una delle figlie, alla sua morte, fu spedita dai Romani in un bordello, ma fu presto liberata dal cognato, Rabbi Meir, che ne aveva sposato la sorella Beruriah, una donna di cui il Talmud decanta la saggezza e la bontà. Uomo di straordinaria generosità con i poveri, Chanania fu condannato a morte per aver continuato a insegnare pubblicamente la Torah, nonostante l’esplicito divieto delle autorità romane.  Fu bruciato vivo, avvolto nel rotolo della Legge (Sefer Torah), da cui non aveva voluto separarsi, il 27 Sivan dell’anno 135. 

 

23 Martiri ebrei del cav di Rindfleisch.jpgTra le innumerevoli calunnie diffuse ad arte nel Medioevo per colpire gli ebrei vi erano quelle dell’omicidio rituale e quelle del sacrilegio delle ostie consacrate. Proprio in relazione a quest’ultimo addebito, si scatenarono nel 1298, nella Germania meridionale, terribili persecuzioni contro le comunità ebraiche. In questo giorno, a Röttingen, un cavaliere di nome Rindfleisch, che vantava di essere inviato da Dio, massacrò, con la sua banda di sgherri, tutti gli ebrei della cittá. Poi, attraversando la Franconia, la Baviera e l’Austria, saccheggiò e distrusse altre centoquaranta comunità, portando il numero delle vittime a circa centomila, tra donne, uomini, vecchi e bambini.

 

23 menorah.jpgA Trento, il 23 giugno 1475, muoiono sul rogo, vittime dell’odio per la loro fede (che era poi la stessa fede di Gesù),  il commerciante Samuele e altri trenta compagni, accusati dell’omicidio rituale del piccolo Simone, un bimbo il cui cadavere straziato era stato abbandonato a bella posta nei pressi di una casa ebraica qualche mese prima. Nei confronti del bambino ucciso da mano ignota si sarebbe sviluppato negli anni successivi, autorizzato dalla stessa chiesa, un vero e proprio culto in chiave anti-ebraica, cui pose fine soltanto l’intervento del papa Paolo VI negli anni 60.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro della Genesi, cap.123, 2. 5-18; Salmo 15; Vangelo di Matteo, cap.7, 6.12-14.

 

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali africane. 

 

23 fogueira.jpgMentre in vari punti della città e, forse, un po’ ovunque in Brasile, in questa notte, che è, da noi, la più lunga e tra le più fredde dell’anno, si accendono i falò di san Giovanni, e intorno ad essi si moltiplicano preghiere, danze, canti, confraternizzazioni e libagioni, il nostro postino ha preferito, anche per via di un fastidioso mal di gola, restarsene in casa strimpellando su questa tastiera le litanie che vi accompagnano [quasi] ogni giorno dell’anno. Senza sapere con sicurezza se sia stato per alcuni di voi un favore, per altri un involontario dispetto, per altri ancora solo un “ma chi l’ha visto?”. Ma che a lui comunque crediamo faccia, tutto sommato, bene. Come disse Rabbi Chanania ben Teradion: “Se due siedono insieme e vi sono tra loro parole di Torà, la Shekhinà (la Divina Presenza) è in mezzo a loro, come sta scritto: “Allora i timorati del Signore si parlarono l’un l’altro, e il Signore udì e ascoltò: un libro di memorie fu scritto davanti a lui per quelli che temono il Signore e pensano al suo nome” (Ml 3, 16)” (Pirqè Avot, III,3). E se anche il postino siede da solo, c’è sempre almeno un altro (o un’altra) seduto(a) con lui dall’altra parte del mondo. E basta per essere in tre.  Bene, noi ci si congeda qui, offrendovi un brano a commento della sentenza che vi abbiamo appena citata, tratto dal libro di Irving M. BunimA Ética do Sinai” (Editora Sêfer).  Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Vediamo adesso il versetto di Malachia, citato nella nostra Mishnà, nel suo contesto integrale: “Avete affermato: È inutile servire Dio: che vantaggio abbiamo ricevuto dall’aver osservato i suoi comandamenti o dall’aver camminato sottomessi davanti al Signore dell’Universo? Felici sono invece i superbi. I malvagi prosperano e anche se provocano Dio, restanto impuniti. Allora parlarono tra di loro i timorati di Dio. Il Signore porse l’orecchio e li ascoltò: un libro di memorie fu scritto davanti a lui per coloro che lo temono e che onorano il suo nome” (Ml 3,14-16). Visualizziamo le condizioni decritte dal profeta. È un’epoca in cui le persone non vedono la necessitá di ubbidire a Dio o di osservare i suoi insegnamenti. Pensano di poter essere felici a prescindere da ciò. I malvagi prosperano; i miscredenti hanno successo. In cosa dunque sta il vantaggio di essere religiosi? La fede ebraica sembra solo favorire privazioni e ostacoli che impediscono la scalata al successo. Dice il profeta: Quando si danno queste condizioni, è arrivato il momento in cui “coloro che temono l’Eterno” devono comunicare tra loro, riunirsi per discutere seriamente e animarsi vicendevolmente. Devono elaborare in termini chiari e comprensibili i valori propri della Torà, sapendo che la ricompensa per i giusti non è cosa subitanea. Devono analizzare poi il cosiddetto successo degli altri, rilevare quanto esso sia superficiale, transitorio, breve e come spesso presto svanisca. […] Quando si riuniscono coloro che temono l’Eterno, l’Onnipotente terrà conto di questi coraggiosi che avranno saputo andare controcorrente, opponendosi ai valori falsi e e illusori del loro tempo. E il profeta promette: questo sarà registrato in un libro di memorie; il loro sforzo non sarà stato vano, ma avrà invece un effetto benefico e permanente. (Irving M. Bunim, A Ética do Sinai).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

 

Giorno per giorno – 23 Giugno 2009ultima modifica: 2009-06-23T23:55:00+02:00da fraternidade
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