Giorno per giorno – 04 Giugno 2009

Carissimi,
“Dobbiamo essere salvati da quel mare di menzogne e di passioni che è chiamato “mondo”. E dobbiamo essere salvati soprattutto da quell’abisso di confusione di assurdità che è il nostro stesso “io” mondano. La persona deve essere riscattata dall’individuo. Il figlio libero di Dio deve essere salvato dalla schiavitù conformista della fantasia, della passione e della convenzione. Il nostro creativo e misterioso “io” interiore deve essere liberato dal rovinoso, edonistico e distruttivo ego che cerca soltanto di mascherare se stesso”: lo scriveva Thomas Merton in “New Seeds of contemplation” (New Directions Press). E, prendendo spunto da un recente titolo usato dal quotidiano britannico The Times: “The Clown’s Mask Slips” (Cade la maschera del clown), vorremmo riuscire a dire senza nessun moralismo che, da lontano, ci sembra che la politica del governo del vostro Paese appaia sempre più condizionata da un “rovinoso, edonistico e distruttivo ego che cerca soltanto di mascherare se stesso”. Dove il problema non è tanto e solo Berlusconi, ma, più in profondo, il Berlusconi che in troppi (ancora?) ci si porta dentro. Se è vero com’è vero che un considerevole numero di persone lo ha votato in un recente passato. E non si può dire che non conoscessero il soggetto. Una volta di più, alla vigilia di queste elezioni europee, nulla si sa dei contenuti della battaglia politica, nulla delle sfide che attendono l’Europa, né i suoi problemi o le soluzioni che i diversi schieramenti prospettano, se pure ne prospettano. Mentre l’Italia si vede internazionalmente umiliata, schiacciata sull’immagine tragicamente grottesca del suo premier. Se non è troppo sperarlo, noi ci attenderemmo dal Belpaese un segnale diverso.

“Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che egli è unico e non v’è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici” (Mc 12, 32-33). E, per una volta, a Gesù e a quel fariseo, dev’essersi riscaldato il cuore nell’ascoltarsi l’un l’altro in questa professione di fede nelle due facce dell’unico amore. Un’amore che riassume e trascende ogni azione di culto, ogni gesto di adorazione, ogni offerta di lode, ogni rendimento di grazie. I quali tutti acquistano senso e peso solo se, sfuggendo all’esteriorità del rito, riescono a dire la verità di una consacrazione incondizionata all’Unico, che ci fa reincontrare l’umanità intera e tutto il creato sotto il segno della fraternità.

Oggi il nostro calendario ci porta la memoria di José María Gran Cirera, missionario, e di Domingo Batz, laico, martiri in Guatemala, e di Antonio Zawistowski, prete diocesano, e Stanislao Starowieyski, laico, martiri sotto il totalitarismo nazista.

04 José Maria Gran Cierera.jpgJosé María Gran Cirera, missionario di 35 anni, nato a Barcellona (Spagna), era parroco a Chajul (Guatemala), ed era fortemente impegnato nell’assistenza e nella difesa degli indios della regione. Il 4 giugno 1980, si recava, assieme a Domingo Batz, a celebrare messa a Xeixojbitz, un villaggio del circondario. Lungo un sentiero boscoso e solitario incontrarono una pattuglia di soldati che uccisero il primo con sette colpi di pistola, e il secondo con due, lasciando sul terreno un gran numero di volantini firmati dalla guerriglia, per fingere uno scontro a fuoco che non ebbe mai luogo. Sono solo due tra i numerosi missionari e i moltissimi laici assassinati durante gli anni della dittatura che tra il 1960 e il 1996 è costato qualcosa come 200 mila vittime e un milione di profughi.

04 Zawistowski.jpgDi Antonio Zawistowski, prete diocesano, e di Stanislao Starowieyski, laico, entrambi polacchi, sappiamo solo che, “sopportando atroci tormenti”, morirono in questa data, il primo nel 1942, il secondo nel 1940, nel lager nazista di Dachau. Furono beatificati da Giovanni Paolo II a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999, con altri 106 martiri polacchi, tutti vittime del totalitarismo nazista, uccisi in tempi, modi e località diverse. In totale si trattò di 3 vescovi, 52 preti diocesani, 3 seminaristi, 33 religiosi, 8 religiose, 9 laici.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Tobia, cap.6,10-11; 7,1.9-17; 8,4-9; Salmo 128; Vangelo di Marco, cap.12, 28-34.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

guerra_3.jpgIl 4 di giugno di ogni anno si celebra anche la Giornata internazionale per i bambini innocenti vittime delle aggressioni e delle guerre, con l’intento di sensibilizzare la coscienza civile sugli orrori che si abbattono sulla parte più indifesa dell’umanità.

È tutto per stasera. L’imminenza delle elezioni europee e le memorie di oggi ci inducono a proporvi, mentre ci congediamo, questa riflessione del Card. Carlo Maria Martini, tratta dalla sua Lettera al clero e ai fedeli per l’anno pastorale 1982-83, apparsa con il titolo “Attirerò tutti a me”. È per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’eucaristia, come memoria della Pasqua, dice lo scopo a cui tende il servizio della carità. Nella Pasqua l’amore di Gesù si è espresso in un radicale realismo: è sfociato nella risurrezione, ma si è sviluppato entro la coraggiosa accettazione della morte, della sconfitta, della cattiveria umana. L’amore ha vinto queste realtà di male non eludendole, ma penetrando in esse. La carità, che il cristiano riceve dall’eucaristia, ha queste caratteristiche pasquali. Si impegna a fondo di fronte alla sofferenza, ma sa che la vittoria ultima sul male è il dono ultraterreno, che viene direttamente dal cuore del Padre, anche se, d’altra parte, questo dono è realmente anticipato in quelle parziali vittorie su ogni tipo di male, che vengono raggiunte su questa terra con l’impegno di tutti. Chi, per potersi impegnare di fronte al male, pretende di vedere un esito immediato e totalmente soddisfacente del proprio impegno, si condanna a pericolose delusioni. Pur tendendo a esiti efficaci, occorre credere che l’impegno della carità vale per se stesso, nonostante l’eventuale permanere delle difficoltà. Il cristiano riceve dall’amore pasquale, presente nell’eucaristia, un messaggio di speranza, che lo rende incrollabile anche di fronte ai pericoli e alle sconfitte. Egli entra nelle esperienze di sofferenza e di dolore con l’intento di superarle; ma le supera, anzitutto, chiedendosi come, entro questi fatti, l’amore può produrre pazienza, fede, coraggio, perdono. L’eucaristia dice anche a chi la carità rivolge la propria preferenza. Si tratta di coloro che Gesù ha maggiormente amato; di coloro che hanno maggiormente bisogno della certezza che deriva dall’amore pasquale. La carità della comunità plasmata dall’eucaristia cerca ogni uomo che soffre per qualsiasi motivo, ogni malato, emarginato, drogato, carcerato. Per annunciargli la presenza di Cristo; per dirgli che, anche nella sua condizione, è possibile far nascere un germe di amore; per assicurarlo che, se riesce a credere all’amore e a vivere nell’amore, ha trovato la salvezza. (Carlo Maria Martini, Attirerò tutti a me).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 04 Giugno 2009ultima modifica: 2009-06-04T23:45:00+02:00da fraternidade
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