Giorno per giorno – 03 Giugno 2009

Carissimi,
“Nella risurrezione, quando risorgeranno, a chi di loro apparterrà la donna?” (Mc 12, 23). No, a quei sadducei – che, per altro non credono nella risurrezione, – non interessava nulla di come potrebbe finire la storiella, costruita a bella posta, della donna che, dopo essere rimasta vedova del marito senza avere avuto il tempo di generargli un figlio, ne sposa, uno dopo l’altro, i sei fratelli, i quali si vedono obbligati per legge [divina] a una sorta di donazione eterologa ante litteram. Con uguale, sfortunato, esito. Esponenti dell’aristocrazia sacerdotale e dei più ricchi tra i proprietari terrieri e tra i commercianti, i sadducei erano ovviamente nemici giurati, oltre che dei farisei, anche di quel Rabbino itinerante di Galilea che si chiamava Gesù e dei suoi seguaci. E cercano perciò di screditarlo. Gesù risponde con una critica all’immagine ingenua di una risurrezione che si voglia compimento del desiderio religioso dell’uomo. Di quale uomo, poi, non si sa bene, se è vero com’è vero che il “ricco” tende a prolungare indefinitamente i suoi godimenti in questa vita, perché evidentemente non ne sogna un’altra, e il povero, molto spesso, spera semplicemente di riposare per sempre, per sfuggire le pene e le ingiurie che soffre. La risurrezione di cui parla Gesù è altro: è frutto della libera iniziativa di Dio, che inevitabilmente spiazza e supera ogni nostro immaginario. È un’esigenza di Lui che scegli di dirsi, in una relazione d’amore, “Dio di….”. Che non può che essere per sempre. E per tutti. Se no, Lui non sarebbe Dio. O lo sarebbe un po’ meno. Nello stesso tempo, Gesù suggerisce anche una maniera del nostro essere dentro la storia umana diversa da quella del possesso, che fa di noi sempre proprietà o proprietari di qualcuno o qualcuna. Dona Dominga aveva detto un giorno: noi generiamo figli a Dio, mica a noi. E meno male, perché ciò che riceveranno da Lui in dono, sarà sempre infinitamente al di là di quanto potremo garantirgli noi. E generarli a Dio significa sempre immetterli in una storia di libertà che li sottrae alle nostre costrizioni, progetti, sogni, proiezioni. Così dovrebbe essere per ogni altra relazione: io, dono di Dio a Dio, nella persona della sposa, dello sposo, della madre, del padre, del figlio(a), del fratello, della sorella, dell’amico(a), dello straniero, dell’altro(a). E viceversa. Questa è già risurrezione.

Il nostro calendario ci porta oggi la memoria di Carlo Lwanga e compagni, martiri in Uganda, Giovanni XXIII, il papa del Concilio, e Otto Neururer, martire sotto il regime nazista.

02_CARLOS_LWANGUA.GIFCarlo Lwanga e i suoi 31 compagni, cattolici e anglicani, soffrirono il martirio nel 1886, durante la persecuzione del re Mwanga, che fece numerose vittime. I martiri che ricordiamo servivano alla corte del re. Il più giovane, Kizito, aveva tredici anni. Alla fine del maggio 1886, quando Mwanga venne a sapere che molti dei suoi funzionari erano diventati cristiani, li convocò e, minaccioso, chiese loro se intendessero ostinarsi nella nuova fede. Essi risposero: Fino alla morte. La loro età era compresa tra i tredici e i venticinque anni. Carlo, responsabile dei paggi, fu il primo ad essere assassinato. Fu bruciato lentamente, a cominciare dai piedi. A Kalemba Morumba furono amputate mani e piedi: abbandonato su una collina, morì dissanguato. Andrea Kagua fu decapitato. Gian Maria fu affogato in un pantano. E così via.

03 Giovanni XXIII.jpgAngelo Giuseppe Roncalli era nato il 25 novembre 1881 in una povera famiglia contadina a Sotto il Monte (Bergamo). Entrato in seminario a 11 anni, venne ordinato prete nel 1904 e consacrato vescovo nel 1925. In quello stesso anno venne inviato in Bulgaria come Visitatore e Delegato Apostolico. Dal 1934 al 1944 fu Delegato Apostolico in Turchia e Grecia, poi, dal 1944 al 1952, Nunzio Apostolico a Parigi. La nomina a patriarca di Venezia, nel 1953, lo sottrasse alla carriera diplomatica e lo riportò alla dimensione che più gli era consona di Pastore. Presentandosi ai veneziani disse: “Voglio essere per voi semplicemente un fratello, amabile, accostevole, comprensivo”. Ed, ogni giorno, aprì le porte della sua casa per tre ore, dalle 10 alle 13, a quanti desideravano parlargli. Durante il concistoro che seguì alla morte di Pio XII, il 28 ottobre 1958, alla vigilia dei suoi 76 anni, venne eletto papa e prese il nome di Giovanni XXIII. Quello che molti consideravano un “papato di transizione”, si rivelerà invece decisivo per il rinnovamento della Chiesa. Sua la decisione di indire un nuovo Concilio ecumenico, che lui stesso aprì l’11 ottobre 1962 , e che rappresenterà una nuova Pentecoste nella vita interna della chiesa cattolica e nelle relazioni di questa con le altre chiese e con il mondo. Rilevante, coraggioso e innovatore, nel suo magistero, fu il tema della pace, a cui dedicò l’Enciclica Pacem in Terris e che seppe testimoniare con gesti profetici. Il 10 maggio 1963 ricevette il Premio Balzan, un prestigioso riconoscimento internazionale per la sua opera a favore della pace. Subito dopo, il peggiorare del male, di cui soffriva, lo costrinse a letto. Morì il lunedì dopo Pentecoste, 3 giugno, proprio nel momento in cui in piazza san Pietro terminava la celebrazione dell’Eucaristia.

03 OTTO NEURURER.jpgOtto Neururer era nato il 25 marzo 1882 a Pillet, un piccolo villaggio del Tirolo (Austria), dodicesimo figlio di una famiglia di mugnai e contadini. Dopo gli studi in seminario, fu ordinato prete nel 1907, dedicandosi negli anni successivi all’attività pastorale in diverse parrocchie e all’insegnamento della religione. Nel 1932 fu nominato parroco a Götzene, nei pressi di Innsbruk e seppe farsi amare come pochi dai fedeli, che gli riconoscevano uno zelo e una dedicazione non comuni. Quando nel 1938, la Germania nazista realizzò l’annessione dell’Austria, accadde l’incidente che avrebbe mutato il corso della sua vita. Una ragazza, che era stata chiesta in sposa da un uomo di trent’anni più vecchio di lei, membro del partito nazista e fanatico sostenitore delle teorie razziste di quel partito, si era rivolta al prete per chiedere consiglio e lui l’aveva portata a riflettere sull’incongruenza per una giovane cristiana di dire sì a una tale unione. La ragazza seguì il consiglio, ma l’uomo per vendetta denunciò il parroco alla Gestapo, “per aver impedito un matrimonio tedesco”. Padre Neururer venne arrestato il 15 dicembre 1938 e rinchiuso in carcere ad Innsbruck, poi, l’anno successivo, fu trasferito nel campo di concentramento di Dachau e successivamente a quello di Buchenwald, in Germania. In tutto questo tempo, egli non cessò di sostenere e confortare i suoi compagni di sventura. Quando i suoi carcerieri scoprirono che aveva segretamente istruito nella fede e battezzato un altro prigioniero, lo segregarono nel bunker del campo, poi lo appesero a testa in giù, lasciandolo morire lentamente, il 3 giugno 1940.

I testi che la liturgia del giorno propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Tobia, cap.3, 1-11a. 16-17a; Salmo 25; Vangelo di Marco, cap.12, 18-27.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita, nella testimonianza per la pace, la fraternità e la giustizia.

Noi ci congediamo qui. Con una preghiera tratta dall’ultimo radiomessaggio di Pasqua di Giovanni XXIII, che potremmo fare nostra. E che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Principe della pace, Gesù Risorto, guarda benigno all’umanità intera. Essa da Te solo aspetta l’aiuto e il conforto alle sue ferite. Come nei giorni del tuo passaggio terreno, Tu sempre prediligi i piccoli, gli umili, i doloranti; sempre vai a cercare i peccatori. Fa’ che tutti Ti invochino e Ti trovino, per avere in Te la via, la verità, la vita. Conservaci la tua pace, o Agnello immolato per la nostra salvezza: Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace! Allontana dal cuore degli uomini ciò che può mettere in pericolo la pace, e confermali nella verità, nella giustizia, nell’amore dei fratelli. Illumina i reggitori dei popoli, affinché, accanto alle giuste sollecitudini per il benessere dei loro fratelli, garantiscano e difendano il grande tesoro della pace; accendi le volontà di tutti a superare le barriere che dividono, a rinsaldare i vincoli della mutua carità, a essere pronti a comprendere, a compatire, a perdonare, affinché nel tuo nome le genti si uniscano, e trionfi nei cuori, nelle famiglie, nel mondo la pace, la tua pace. (Giovanni XXIII, Radiomessaggio di Pasqua, 13 aprile 1963).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 03 Giugno 2009ultima modifica: 2009-06-03T23:11:00+02:00da fraternidade
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