Giorno per giorno – 09 Maggio 2009

Carissimi,
“Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è in me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio” (Gv 14, 10-13). Questa reciproca inabitazione del Padre col Figlio (io abito in lui, lui abita in me), che può persino sembrare solo un gioco di parole, dovremmo poterla affermare anche di noi. Come anche le parole che diciamo dovrebbero testimoniare che è il Padre che agisce in noi. Il Padre, con la sua cura e premura per i figli. Tutti i figli. Se questo diventa vero per noi, non ci sono più limiti alle realizzazioni: il Regno, con tutti i suoi segni (il dialogo fraterno, l’accoglienza del diverso, l’ospitalità allo straniero, la condivisione solidale, la pace), allora semplicemente accade. “Qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò”. E tutto ciò che è da chiedere è contenuto nella preghiera che Gesù ci ha insegnato: che sia proclamato santo il nome di Dio, che il Regno venga e sia fatta la sua volontà, che tutti possano saziare la loro fame, che si affermi ovunque la logica del perdono e della riconciliazione e tutti sappiano resistere alla tentazione e siano liberati da ogni male. Quando una preghiera esprime ciò, sappiamo che è Dio stesso, attraverso il suo Spirito, a pregare in noi. E Dio non può proprio rispondere di no a Dio e al suo desiderio di vita per tutti. Noi, invece, purtroppo, sì. Ma, in questo caso, non siamo dei suoi.

Il calendario ci porta oggi le memorie di Nicolaus Ludwig von Zinzendorf, riformatore religioso e sociale e quella di Luis Dalle, amico dei poveri in Perù.

09 Nicholaus Ludwig von Zinzendorf.jpgNicolaus Ludwig von Zinzendorf nacque a Dresda il 26 maggio 1700 da una nobile famiglia austriaca protestante. Rimasto a sei anni orfano del padre, fu educato dapprima dalla nonna, Henriette Catharine von Gersdorff, e dal suo padrino di battesimo, Philipp Jakob Spener, fondatore del movimento pietista. Studiò nell’ambiente pietista di Halle, sotto la guida di August Hermann Franke, fondatore delle famose scuole di carità. Laureatosi in Legge, nel 1719, viaggiò per qualche tempo attraverso la Francia e i Paesi Bassi, dove strinse amicizia con persone di altre confessioni religiose, inclusi cattolici. Cominciò allora a pensare alla possibilità di operare in vista dell’unione tra le chiese. Stabilitosi a Dresda, dove sposò Erdmute Dorothea Reuss, da cui avrebbe avuto dodici figli, otto dei quali morti in tenera età, lavorò per qualche anno in un ufficio governativo di affari giuridici. Subentrato come proprietario nella tenuta della nonna, a Berthelsdorf, decise di mettervi in pratica le idee pietiste di Spener. Nel maggio 1722, accolse un gruppo di Fratelli Boemi, mettendo a loro disposizione una parte del terreno, che ribattezzò Herrnhut (“Pascolo del Signore”), perché potessero liberamente praticare la loro fede. Ad essi seguirono altri dissidenti religiosi, e, più tardi, lui stesso vi si trasferì con la famiglia, come predicatore laico, redigendo nel 1727 regole comuni per la comunità che si era venuta a formare. Desideroso di dare ad essa un impulso missionario, prese gli ordini religiosi nel 1734 a Tubinga e nel 1737 fu nominato vescovo moravo dal predicatore della corte di Berlino. A partire da allora, missionari furono inviati in numerose regioni di Europa, America, Asia, Africa. Lo stesso von Zinzendorf si impegnò nella fondazione di comunità in Germania, Olanda, Inghilterra, Irlanda e America. Nel 1750 fissò la sua residenza a Londra, ma, cinque anni dopo, dovette far ritorno a Herrnhut, per alcune difficoltà finanziarie della comunità. In quel periodo fu colpito da gravi lutti familiari, compresa la perdita della moglie, nel 1756. Risposatosi nel 1757 con Anna Caritas Nitschmann, dopo solo tre anni, colto da una grave malattia, morì il 9 maggio 1760. La Chiesa Morava conta oggi 700.000 fedeli, la maggior parte dei quali vive nel Terzo Mondo (200.000 nella sola Tanzania).

09 DALLE.jpgLuis Dalle, “Lucho”, era nato in Francia nel 1922, in una famiglia di quindici figli, di cui tre divennero preti, due religiosi e due religiose. Nel 1944, fu inviato nel campo di concentramento nazista di Buchenwald, da cui fu liberato ridotto in fin di vita. Fu un’esperienza tremenda, in cui sperimentò sulla propria pelle cosa significa essere privato di tutti i diritti umani. Missionario francese della Congregazione dei Sacri Cuori, nel 1947, fu inviato in Perù, dove svolse il suo ministero dapprima a Lima, e poi, a partire dal 1968, nel Sud Andino. Nel 1972 venne nominato vescovo della Prelazia di Ayaviri. Profondo conoscitore della realtà peruviana e ecclesiale, “Lucho” seppe inserirsi con molta semplicità tra le popolazioni indigene del Sud andino, valorizzandone la cultura e rivendicando i loro diritti e la loro dignità calpestati quotidianamente. Visse con passione i cambiamenti proposti da Medellín e Puebla, come lettura latinoamericana del Concilio Vaticano II. Morì a 60 anni, il 9 maggio, in un incidente stradale: il vecchio autobus, carico di contadini, su cui viaggiava, cadde in un precipizio. Morì anonimamente, come uno qualunque della sua gente, spogliato del suo anello pastorale, della camicia e dei sandali, corpo irriconoscibile, in paziente attesa con gli altri di essere riconosciuto, due giorni dopo, nell’obitorio di Arequipa. Ma Lui l’aveva riconosciuto da subito. Perché era in compagnia dei suoi poveri.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.13, 44-52; Salmo 97; Vangelo di Giovanni, cap.14, 7-14.

La preghiera del Sabato è in comunione con le Comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Buddha.jpgLa festa di Vesakh è la più importante per i buddisti e ricorda la nascita, l’illuminazione e l’entrata definitiva nel Nirvana di Buddha. Quest’anno la festa cadeva l’8 aprile in Giappone e Taiwan, il 2 maggio in Corea, l’8 maggio in tutti gli altri Paesi di tradizione buddista, salvo a Singapore dove è celebrata oggi. Come ogni anno, il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, attraverso le parole del suo presidente, il Card. Jean Louis Tauran, ha fatto pervenire un messaggio augurale alle comunità appartenenti al Sangha buddhista. Nel messaggio di quest’anno è detto tra l’altro: “… diviene sempre più chiaro che, insieme, noi siamo in grado non solo di contribuire nella fedeltà alle nostre rispettive tradizioni spirituali, al benessere delle nostre comunità, ma anche a quello di tutta la comunità umana. Avvertiamo in maniera acuta la sfida che è di fronte a noi, rappresentata, ad una parte, dal sempre più vasto fenomeno della povertà nelle sue varie forme e, dall’altra, dalla ricerca sfrenata del possesso dei beni materiali e dalla diffusione del consumismo”. A proposito della “esperienza spirituale” della povertà propria del buddhismo, il messaggio afferma: “Desideriamo ringraziarvi per la vostra illuminante testimonianza di distacco e appagamento da ciò che si ha”.

Nel vostro Paese oggi è celebrata la Giornata della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice. Noi abbiamo letto in questi giorni un libro regalatoci dall’amico Franco di Cento. S’intitola “Sedie vuote. Gli anni di piombo dalla parte delle vittime” (Il Margine). Se possiamo darvi un consiglio: leggetelo e fatelo leggere.

Per stasera è tutto. Oggi compie 78 primavere un giovane amico prete, uno di quelli, assieme a pochi altri, che noi e voi conosciamo, ma di cui non facciamo il nome per ovvii motivi, che si vorrebbe parroci del mondo, oltre ogni possibile scadenza del mandato per limiti di età. E dato che dobbiamo congedarci, lo facciamo offrendovi un brano tratto dal libro di un tal don Angelo Casati, che ha per titolo “La fede sottovoce” (Paoline), perché dice bene anche la maniera d’essere e il modo di proporre l’Evangelo del nostro amico. È questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
C’è chi persiste a parlare della nostra società come di una società di gaudenti, grassa e satolla. È un parlare dall’alto, uno sdottorare dai palchi e dai salotti televisivi, senza entrare nelle case, senza accarezzare con lo sguardo i volti. Io vedo per lo più volti segnati dalla fatica, le giornate per molti di un equilibrio fragile come un incastro sofisticato: basta un ritardo, una sospensione e il congegno è rotto ed è l’inquietudine, lo smarrimento. Vedo gli occhi delle amiche e degli amici cercare disperatamente, dopo una giornata di corse, di uscire dal velo di ansia che li copre, per brillare di sorpresa e dirti la gioia di esserci. Nessuno vuol negare le durezze del tempo passato, ma oggi ne sono nate di nuove. Un tempo la vita conosceva ritmi più distesi, più umani, conosceva il tempo della semina, ma anche quello del riposo e dell’attesa. E nel cuore portavi i problemi di un solo villaggio, il tuo: più in là non c’era conoscenza. Oggi ti alzi al mattino e la rassegna dei giornali ti carica dei problemi del mondo intero: ti pesano negli occhi tristi, perché a sciuparli è il senso tragico della nostra impotenza. E tu non sei, non sarai mai un indifferente. Il problema oggi sta proprio qui: come portare nei nostri occhi i problemi e le inquietudini della vita del mondo. Come attraversare le notti e non abbandonare la fiducia. “La notte non è più notte davanti a te, il buio come luce risplende”, dice il canto. Non si tratta di non vedere o di far finta di non vedere. Ma di vedere, di percepire nella notte un Altro: la notte “davanti a Te”…. Non è un’ingenuità: a dar luce è una presenza. È come quando cammini per strade buie, ma una mano, la mano di un amico o di un’amica, stringe la tua. Non è più la stessa notte. Negli occhi risuscita la fiducia. (Angelo Casati, La fede sottovoce).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 09 Maggio 2009ultima modifica: 2009-05-09T23:06:00+02:00da fraternidade
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