Giorno per giorno – 07 Maggio 2009

Carissimi,
“Quando ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù disse loro: “In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica. Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma si deve adempiere la Scrittura: ‘‘Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno’’ (Gv 13, 16-18). La liturgia richiamando questo brano della Cena, così come è narrata da Giovanni, sembra suggerirci che Pasqua è anche questa alternativa che ci sta sempre davanti: dirci e darci, alla sua sequela, nella forma della dedizione e del servizio, o, nella scelta di altro, semplicemente tradirlo. Curioso il fatto che rinnegare e tradire, sono atteggiamenti propri della sfera dell’amicizia, della famigliarità, del discepolato. Caifa non tradisce, Pilato o Erode neppure. Fanno il loro mestiere. A rinnegare e tradire sono, invece, Pietro, Giuda e i loro colleghi. Cioè, anche noi, le chiese, o porzioni di chiesa, all’evenienza. A noi, per esempio, il fatto che l’assessore legaiolo di una qualche vostra città proponga di introdurre l’apartheid sulla metropolitana ci può indignare, e ci indigna, per la misura in sé, ma, quanto alla sua persona e all’ideologia che esprime, non ci meravigliamo affatto. Ugualmente, se un ministro del vostro governo, contravvenendo a ogni normativa internazionale a tutela del diritto dei rifugiati, non solo nega i mezzi della marina militare per recar soccorso ai disperati che tentano di raggiungere le vostre coste, ma, addirittura, li usa per riportarli sulle coste libiche (loro erano uomini, donne incinte, bambini e gridavano: fratelli italiani, aiutateci, non abbandonateci), beh, quel vostro ministro non ci stupisce. Né ci stupisce la gente della sua lega. Ci lasciano invece allibiti quanti sono o si dicono di chiesa, persino certi preti e monsignori, che non trovano nulla da ridire di questo e di molto altro, e continuano ad appoggiare un governo come il vostro. Sono appunto gli Iscariote del nostro tempo. “Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno”. Giovanni, nel ricordarlo e scriverne, vedeva, già allora, quanti, che pure partecipavano della cena eucaristica, tradivano Cristo, nella persona dei suoi poveri e nel principio della cura che Lui significa.

Oggi il martirologio latinoamericano fa memoria di Elvira Hernández e Idalia López, catechiste e martiri in El Salvador.

MARTIRES 3.jpgElvira e Idalia erano due ragazze della stessa età che abitavano in un quartiere della periferia povera di San Salvador, chiamato La Fosa. Entrambe facevano parte della locale comunità cristiana. Elvira, dopo aver fatto la prima comunione, si inserì in un gruppo di adolescenti fortemente motivati e interessati ai problemi della realtà sociale. A 13 anni fece il suo primo discorso in pubblico sul tema: “Alla scoperta dell’ideale cristiano”. Più tardi, entrò in un’organizzazione che operava tra gli abitanti delle zone maggiormente emarginate, come maniera concreta di promuovere solidarietà. Un giorno, mentre si stava preparando per una celebrazione, venne raggiunta da una raffica di mitra partita da un veicolo in corsa e cadde morta, assieme ad un altro compagno della comunità. Era il 18 aprile 1980. Aveva 14 anni. Idalia López, era nata in una famiglia molto povera. Prendendo parte alla vita della comunità aveva imparato che il Vangelo non è solo Parola, ma è anche Vita. A tredici anni, nel giorno della sua prima comunione, si impegnò pubblicamente a lavorare in favore della sua gente. Quando nella comunità maturò l’idea di costruire un centro di salute, Idalia decise di fare un corso di pronto soccorso per lavorarvi come infermiera. A quindici anni si integrò in un gruppo giovanile della parrocchia di San Francisco Mejicanos. Nello stesso tempo si preparò per diventare catechista. Gli amici dicono che Idalia si distingueva per la profondità della sua riflessione, oltre che per la sua dedizione e la sua solidarietà con i più poveri. Uscendo da una riunione, il 7 maggio 1984, Idalia fu aggredita dai componenti di una ronda della difesa civile, che la ferirono ad una gamba. Quando già era a terra, furono su di lei e le spararono un colpo di grazia al volto.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.13, 13-25; Salmo 89; Vangelo di Giovanni, cap.13, 16-20.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Stasera, nella riunione della Comunità a casa di , abbiamo avuto la visita a sorpresa di Emanuel, uscito oggi dal carcere, dopo avervi trascorso due anni. È stato accolto con molto calore e allegria. Partirà domattina per far ritorno a casa, in una località nei pressi di Brasilia. La nostra dona Nady è stata internata all’ospedale São Pedro per un’infezione renale e per alcuni accertamenti. Si è ristabilita dona Maria, che è mancata per qualche settimana ai nostri appuntamenti. È morta, invece, la mamma di Durce, che, già anziana e malata, abitava da tempo nella capitale. Per ultimo, Giuliana, la figlia quindicenne di Rosirene e di Artur, da qualche mese trasferitisi a Goiânia, ha deciso di metter su famiglia a Itaberaí. Beh, crediamo ci sia materia sufficiente per pregarci su. Noi e voi.

La mancata testimonianza da parte dei cristiani, non in ordine a leggi o leggine che favoriscano questo o quell’interesse della chiesa, ma nella denuncia di tutto ciò che offende e calpesta la vita degli ultimi e nella tutela coraggiosa dei loro diritti, è ciò che giustamente indigna quanti, pur prescindendo da una qualche fede in Dio, dedicano le loro forze a questa lotta. Nel libro di Gustavo Gutiérrez, “Il Dio della Vita” (Queriniana), abbiamo trovato una poesia del poeta peruviano Alejandro Romualdo, somparso lo scorso anno, che dice bene questa indignazione. La poesia ha per titolo “Prega, cristiano, prega” ed è tratta dalla raccolta “Poesía íntegra”. È, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Prega, cristiano, prega. Ma che il tuo Dio / non uccida di fame il mio compagno. / Ma che il tuo Dio / non sprofondi in eterno nell’inferno / chi si riempie di odio il petto / perché ama. // Prega, cristiano, prega. / Ah, se il fuoco del tuo inferno scaldasse / il sonno dei poveri! // E se tu vedessi il mio compagno / morto di rabbia contro la terra, / e se lo vedessi notte e giorno / morto di freddo sotto il cielo, / e se sapessi che la mattina / è perseguitato / e calpestato / e messo al muro e fucilato all’alba. / Non pregare, cristiano, non pregare, / ché a parole non si conclude niente.// (Alejandro Romualdo, Prega, cristiano, prega).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 07 Maggio 2009ultima modifica: 2009-05-07T23:39:00+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo