Giorno per giorno – 06 Maggio 2009

Carissimi,
“Gesù allora gridò a gran voce: Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. […] Io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare. E io so che il suo comandamento è vita eterna” (Gv 12, 44-45. 49-50). Comincia e si chiude così il discorso che l’evangelista Giovanni pone a conclusione del ministero pubblico di Gesù, come suo riepilogo e sintesi. Che, non a caso, riecheggia il congedo di Mosè dai suoi: “Ponete nella vostra mente tutte le parole che io oggi proclamo davanti a voi, perché le trasmettiate ai vostri figli ed essi curino di mettere in pratica tutte le parole di questa legge. Essa infatti non è una parola senza valore per voi, ma è la vostra stessa vita” (Dt 32, 45-47). Dell’antica legge, il senso più vero e profondo ci è svelato dall’evento Gesù. Ed è semplicemente la vita. Niente meno che eterna. Gesù sente il bisogno di gridarlo. E, tuttavia, rispetto a questa Parola di vita efficacemente pronunciata, una volta per tutte, sull’umanità e sul mondo, resta aperta, in forza della stessa libertà che noi siamo, la drammatica possibilità di negarci ad essa, facendo della nostra una storia di oppressione e di morte. Come difatti, cosi spesso, testimoniano le vicende del mondo. “Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell’ultimo giorno” (Gv 12, 47-48). Stamattina è stata, forse, la prima volta, da quando ci riuniamo, che nessuno è intervenuto a commentare il brano di Vangelo. Vai a sapere perché. Però, quando l’incontro è finito, José, un anziano evangelico della Congregação cristã do Brasil, che queste mattine è venuto a pregare con noi (oltre che essere andato a pescare con Gerson), ci fa: Ma voi avete sentito cosa ha detto Gesù? Lui non condanna nessuno, ma questo non impedisce che la Parola da lui annunciata ci condanni all’ultimo giorno. È vero, Lui, che si chiama “Dio-salva”, non può perdere, né condannare, e neppure giudicare nessuno, senza smentirsi e negarsi. Ma ciò che non è permesso a Lui è concesso a noi. Di dichiarare la nostra vita perduta, fallita, dannata, alla luce della Sua parola. Se ne avremo fatto altra cosa che un dono. E la vergogna infinita che proveremo sarà il nostro inferno. Poi, certo, sarà problema Suo, come non lasciare a noi l’ultima parola, pronunciando l’inevitabile: Perduto? Salvato! Ma noi, nel frattempo, ci saremo mangiati le dita.

Raccontano che quando il papa, dopo averlo fatto cardinale, gli telefonò dicendogli confidenzialmente: “Le faremo una grande accoglienza a Roma. Le manderemo la banda alla stazione”, lui rispose prontamente: “Allora non si dimentichi i tromboni, visto che lì ne avete tanti”.

Lui era padre Giulio Bevilacqua, apostolo tra i giovani, i lavoratori e i poveri, di cui facciamo memoria oggi. Ricordiamo in questo giorno anche i Venticinque Martiri ebrei di Palma di Maiorca, colpevoli di professare la loro fede. Che era la fede di Gesù.

06 GIULIO BEVILACQUA.jpgGiulio Bevilacqua era nato a Isola della Scala (Verona), il 14 settembre 1881, ultimo dei dieci figli di Carlotta Oliari e di Matteo, commercianti provenienti dalla trentina Val di Ledro. Trasferitosi con la famiglia a Verona, prese parte attiva alla vita della locale comunità cristiana e alle lotte sociali del tempo. Dopo essersi laureato a Lovanio in Belgio con una tesi sulla legislazione operaia in Italia, entrò tra i Filippini, a Brescia, e fu ordinato sacerdote nel 1908. Prese a svolgere la sua attività di apostolato soprattutto tra i lavoratori e gli studenti, insegnando col Vangelo la consapevolezza dei propri diritti di uomini e di cittadini. Inviato al fronte durante la Grande Guerra, al servizio di soccorso ai feriti, ne fu profondamente segnato. Definì la guerra: “crisi di dignità, notte di miseria umana, follia e abisso di dolori, è un inferno inutile”. La denuncia più dura l’avrebbe riservata, solo pochi anni più tardi, al fascismo, denunciato come dottrina che stravolge ogni valore, pratica violenta, dittatura civile, e forza anticristiana, con cui è impossibile venire a patti. Per sfuggire al fascismo, si rifugiò in Vaticano, ove rimase dal 1928 al 1932, stringendo una profonda amicizia con mons. Montini, il futuro Paolo VI. All’entrata dell’Italia in guerra, nel 1940, pur denunciando la scelta sciagurata del Paese come “apostasia da Cristo” decise di partire per il fronte, come cappellano, per condividere le condizioni dei suoi giovani. Tornato a Brescia, alla fine della guerra, si dedicò alla predicazione e all’approfondimento della pastorale liturgica, ma soprattutto alla cura pastorale dei più poveri nel suo quartiere di periferia. Chiamato a Roma per far parte della Commissione preparatoria del Concilio Vaticano II, fu creato, nel 1965, cardinale. Accettò a condizione di poter restare come parroco tra la sua gente. Il Venerdì santo di quello stesso anno si sentì male in chiesa. Celebrò l’ultima messa con i suoi fedeli nel giorno di Pasqua. Morì il 6 maggio 1965, mentre pregava la Salve Regina.

06 menorah.jpgIl 6 Maggio 1691 fu scoperta a Palma di Maiorca, nelle Isole Baleari, una sinagoga segreta. Nell’autodafé che ne seguì furono messe a morte 25 persone. Di esse, ventidue furono garrotate prima di essere bruciate, mentre Rafael Vails, la guida spirituale del gruppo, il suo discepolo Rafael Benito Terongi e la sorella di quest’ultimo, Catalina Terongi, furono bruciati vivi.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.12, 24 – 13, 5a; Salmo 67; Vangelo di Giovanni, cap.12, 44-50.

La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale ne sia la religione, la cultura o la filosofia di vita.

Noi ci congediamo qui. Lasciandovi al Credo, con cui un giorno P. Giulio Bevilacqua, volle riassumere la sua fede. E che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Credo in Dio, e credo nell’uomo come immagine di Dio. / Credo negli uomini, nel loro pensiero, / nella loro sterminata fatica / che li fa essere quello che sono. / Credo nella vita come gioia e come durata: / non prestito effimero dominato dalla morte / ma dono definitivo. / Credo nella vita come possibilità illimitata / di elevazione e di sublimazione. / Credo nella gioia: la gioia di ogni stagione, di ogni tappa, / di ogni aurora, di ogni tramonto, / di ogni volto, di ogni raggio di luce / che parta dal cervello, dai sensi, dal cuore. / Credo nella possibilità di una grande famiglia umana / quale Cristo la volle: / scambio di tutti i beni / dello spirito e delle mani, nella pace. / Credo in me stesso, nella capacità che Dio mi ha conferito / perché possa esperimentare / la più grande delle gioie / che è quella del donare e del donarsi. // (P.Giulio Bevilacqua, Credo).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 06 Maggio 2009ultima modifica: 2009-05-06T23:52:00+02:00da fraternidade
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