Giorno per giorno – 05 Maggio 2009

Carissimi,
“Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono” (Gv 10, 27). In questo consiste l’essere cristiani: ascoltare Gesù e seguirne i passi. Non solo e non tanto nelle processioni, ma nella concretezza della nostra vita quotidiana. Ascoltando queste parole, stamattina ci chiedevamo se davvero noi possiamo affermare di avere gli stessi atteggiamenti di Gesù, di preoccuparci, come Lui, per le condizioni dei poveri. Dei “più poveri”, dato che, qui, la povertà è condizione comune alla gran parte della nostra gente. Di appoggiare, per esempio, le lotte dei sem-terra, dei senzatetto, dei disoccupati, dei senzaniente. Di denunciare ingiustizie e prevaricazioni. O se invece preferiamo che il mondo vada per la sua e noi per la nostra. E preoccuparci solo del nostro orticello, conformandoci al mondo e alla maniera d’essere di ricchi e potenti. Ancora oggi, sfortunatamente, ci sono persone che si dicono cristiane, solo perché sono state battezzate e si ricordano di andare ogni tanto in una qualche chiesa. Giusto, forse, quando hanno bisogno di impetrare qualcosa, nell’ordine del benessere personale o famigliare. Ma che dimenticano l’essenziale. Quello che ci ha fatto ascoltare il Vangelo di oggi: credere, cioè assumere, fare nostre, le opere che Lui compie.

Oggi facciamo memoria di una piccola donna salvadoregna: Isaura Esperanza, “Chaguita”, catechista e martire in El Salvador.

05 MARTIRES.jpgLe poche notizie che conosciamo a suo riguardo le prendiamo dal martirologio latinoamericano. Isaura Esperanza era catechista, faceva parte della Legione di Maria ed era membro della Commissione popolare di Villa Dolores, nella capitale salvadoregna. La sera del 5 maggio 1980, Chaguita stava impastando la farina per preparare il pane, nella sua casa. All’improvviso sono entrati loro, quelli delle brigate di sicurezza, in civile, e hanno obbligato tutti a sdraiarsi per terra. E, lei, l’hanno crivellata di colpi. Poi, non contenti, quando già era morta, ne hanno calpestato barbaramente il corpo. E se ne sono andati.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.11, 19-26; Salmo 87; Vangelo di Giovanni, cap.10, 22-30.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

I notiziari ci aggiornano senza sosta sulle drammatiche notizie dei danni provocati dalle piogge e dagli allagamenti degli ultimi giorni negli Stati del Nordeste: Maranhão, Ceará, Paraíba, Rio Grande do Norte, Piauí, con centri abitati isolati, ponti distrutti, strade danneggiate e interrotte, decine di migliaia di persone costrette a lasciare le case, il diffondersi soprattuto tra i bambini di virosi respiratorie, leptospirosi, epatiti e dengue. Tutto questo mentre nello Stato di Rio Grande do Sul, in parte di Santa Catarina e del Paraná, la siccità prolungata provoca danni enormi all’agricoltura e costringe oltre cento municipi a dichiarare lo stato di emergenza. Le famose cascate dell’Iguaçu, a causa della drastica riduzione del volume d’acqua, sono ormai irriconoscibili. In condizioni improbe, che non accennano a migliorare, è all’opera, naturalmente, la macchina della solidarietà, che si aggiunge all’intervento dello Stato. È giusto che sia così. Poi, assieme, bisognerà anche riflettere su cosa contribruisca a determinare queste catastrofi naturali e ad aumentarne i costi. Preghiera è anche questo interrogarsi sulla mancata cura della terra e cambiare ciò che si può cambiare.

Per stasera è tutto. Noi ci congediamo proponendovi un brano tratto dal libro del teologo Jon SobrinoTracce per una nuova spiritualità” (Borla). Ci sembra si configuri come una riflessione sul Vangelo di oggi in tema di sequela. Ed è, comunque, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’evangelizzatore deve seguire Gesù nel tradurre in opere la buona notizia. Com’è noto (ed oggi enormemente valorizzato) Gesù evangelizzò con parole e con azioni; con predicazioni da un lato e con miracoli ed esorcismi dall’altro. Questi ultimi non furono soltanto cose buone fatte da Gesù “oltre” a predicare, ma cose richieste dal contenuto della sua predicazione, e senza le quali la buona notizia sarebbe rimasta ancora una volta semplice promessa, forse affine ai più profondi desideri degli uomini, ma priva della forza sufficiente a rompere l’ambiguità storica di ogni promessa trascendentale. Gesù volle porre bene in chiaro che Dio aveva rotto definitivamente quella simmetria, per cui egli poteva essere salvezza o condanna, padre amoroso o giudice implacabile, vicinanza o allontanamento. Perciò l’annuncio dell’amore di Dio dovette essere necessariamente unito ai gesti storici di quell’amore; l’annuncio della vicinanza di Dio dovette essere unito al reale rendersi presente di Dio fra gli uomini. “Passò facendo del bene” non è soltanto un sommario dell’azione etico-personale di Gesù, ma anche un sommario del suo impegno di evangelizzazione. L’evangelizzatore deve seguire Gesù in questo compiere il bene. La parola dell’annuncio è già un fare, ma essa deve anche essere coscientemente ordinata ad altre azioni, attraverso le quali gli uomini possano recepire che vi è davvero una buona notizia di Dio, e che essa, in quanto di Dio, non è soltanto offerta, ma anche efficace, capace di trasformare la miseria della realtà personale e storica. (Jon Sobrino, Tracce per una nuova spiritualità).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Maggio 2009ultima modifica: 2009-05-05T23:01:00+02:00da fraternidade
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