Giorno per giorno – 02 Maggio 2009

Carissimi,
“Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: Forse anche voi volete andarvene? Gli rispose Simon Pietro: Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6, 66-69). Non andavano più con lui. Loro (come forse anche noi) l’avevano seguito perché guariva le malattie e moltiplicava i pani e, chissà, un giorno o l’altro, avrebbe conquistato il potere. E fa sempre comodo avere per amico un potente. Immaginarsi, se si chiama Dio. Ma Lui, a un certo punto, aveva preso a fare discorsi strani e a proporre il contrario di ciò che in genere la religione promette e ci fa credere. Che è, poi, diversamente coniugato, il nostro personale successo. E, quando la religione non lo garantisce più, è meglio cercare altrove. È proprio questo che aveva allontanato (e allontana) molti discepoli da lui. Per il quale, invece, l’essenziale è apprendere a perdere, essere disposti a soccombere, lasciarsi mangiare, finire su una croce. Non per viltà, sudditanza o rassegnazione, ma come atteggiamento di coraggio, indipendenza, libertà. E, più di tutto, amore. “Signore, da chi andremo?”, forse siamo arrivati anche noi a dirlo. Più per la delusione delle proposte, diverse e, a prima vista, più allettanti, di volta in volta, incontrate, che per la convinzione vera di ciò a cui aveva dato voce Pietro: “Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”. Se ne fossimo davvero convinti, saremmo diversi. Nulla ci peserebbe e non ci limiteremmo a sbandare dietro a Lui. Come, del resto, per un bel pezzo, fecero Pietro e gli altri suoi discepoli. Sì, Signore, cercheremo di esserti amici, anche se e quando diventa problematico. Finché ci riesce. Poi, pensaci tu.

“La grande generosità consiste nel lottare perché queste mani, sia di individui che di popoli, si tendano sempre meno in gesti di supplica. Supplica di umili rivolta a potenti. E diventino, sempre più, mani umane che lavorino e trasformino il mondo. Lottando per il recupero della loro umanità, individui o popoli che siano, staranno tentando il recupero della vera generosità”. Lo scriveva una delle nostre memorie di oggi. E vi lasciamo indovinare chi.

Il nostro calendario ci ricorda oggi Atanasio, Pastore e Padre della Chiesa, Matrona di Mosca, mistica, e Paulo Freire, educatore dalla parte degli oppressi.

02 ATANASIO BIS.JPGAtanasio era nato ad Alessandria d’Egitto nel 295. Appena ventenne si era fatto conoscere nella sua Chiesa per due discorsi, uno “Contro i greci”, l’altro “Sull’Incarnazione” che rivelavano, oltre che la sua fede profonda, una notevole capacità di argomentazione teologica. Per questo, quando nel 325 l’imperatore Costantino convocò il Concilio di Nicea, per risolvere il problema della divinità di Cristo, il suo vescovo, Alessandro, pensò bene di portarselo appresso come consulente teologico. Tre anni più tardi, alla morte dell’anziano patriarca, l’ancor giovane Atanasio venne chiamato a succedergli nella cattedra che la tradizione vuole sia stata di san Marco. Erano tempi grami tuttavia. Costantino non ne capiva molto di dispute teologiche, ma, deve aver pensato che giovasse più al potere imperiale l’immagine di un Dio unico punto e basta (sostenuta da Ario), che questa Unità del molteplice, o molteplicità dell’Unità, implicata dal Dio trinitario degli ortodossi, di cui Atanasio era diventato campione. Sicché, con uno strategico voltafaccia, scelse alla fine le tesi più vicine ad Ario, spedendo in esilio Atanasio. Quest’ultimo, tuttavia, seguitò imperterrito. Non aveva accettato di essere vescovo per andare a braccetto col potere e con le mode del suo tempo. Sicché, le condanne si susseguirono negli anni, con i diversi imperatori: Costanzo, Giuliano e Valente. Questi allontanamenti frequenti, portarono Atanasio a contatto con i monaci del deserto, con Antonio, in primo luogo, di cui il vescovo scriverà poi la vita, contribuendo in tal modo, a diffondere l’ideale monastico in tutta l’ecumene cristiana. Divenuto vecchio, ma non vinto, fu finalmente, dietro la pressione popolare, restituito alla sua sede patriarcale per l’ultima volta. Lì morì, pacificamente, tra la gente che l’amava, il 2 maggio dell’anno 373.

02 Matrona-Mosca.jpgMatrona Dimitrievna Nikonova nacque nel 1881 nel villaggio di Sebino, nel governatorato di Tula, quarta figlia di una famiglia di contadini. Nata priva della vista, fu arricchita, fin da bambina, di numerosi carismi, compreso il dono della cura. A quattordici anni potè recarsi in pellegrinaggio a numerosi monasteri, a Kiev, a San Pietroburgo e in altre città russe. San Giovanni di Kronstadt, incontrandola nella sua chiesa, la chiamò “colonna della Russia”. A 17 anni, Matrona perse l’uso delle gambe e rimase paralizzata per il resto della vita. Benché analfabeta, meravigliava chi l’andava a visitare per la conoscenza di luoghi e fatti lontani. Nel 1925, si trasferì a Mosca, vivendo da allora in casa di amici e benefattori e dedicandosi ad accogliere ogni giorno quanti venivano a chiederne i consigli o la preghiera per ottenere la guarigione da qualche male fisico o spirituale. A tutti dispensava parole semplici e piene di saggezza, che esortavano ad amare il prossimo, a partecipare ai santi misteri, a soccorrere quanti versassero in condizioni di bisogno, soprattutto malati e anziani. Matrona si spense il 2 maggio 1952.

02 FREIRE.jpgPaulo Reglus Neves Freire nacque il 19 settembre 1921, a Recife, nello Stato del Pernambuco, una delle regioni più povere del Brasile, dove potè sperimentare sulla propria pelle le difficoltà di sopravvivenza delle classi più povere. Nel 1944 conobbe e sposò Elza Maia Costa Oliveira, insegnante elementare, da cui apprese il gusto per l’educazione, a cui dedicherá tutta la vita. La sua proposta pedagogica, conosciuta come “pedagogia degli oppressi”, mira a stimolare l’azione dell’essere umano sulla realtà. Portando i soggetti del dialogo educativo a condividere condizioni di vita, sofferenze e aspirazioni, li rende capaci di una trasformazione creatrice del mondo. Arrestato nel corso del colpo di stato del 1964, dopo 72 giorni di prigionia, fu costretto a lasciare il paese. Si rifugiò in Cile, dove per cinque anni lavorò ai programmi di educazione per adulti e scrisse la sua opera maggiore. In seguito insegnò in numerose università straniere e collaborò nei progetti educativi di vari Paesi, delle Nazioni Unite e del Consiglio Mondiale delle Chiese. Rientrato in Brasile nel 1980, riprese il suo impegno pedagogico come professore universitario, come animatore del movimento di educazione popolare e come attivo partecipante delle comunità ecclesiali di base. La sua prassi educativa ricevette numerosi riconoscimenti a livello mondiale. Freire morì a São Paulo di infarto al miocardo il 2 maggio 1997.

I testi che la liturgia odierna propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.9, 31-42; Salmo 116, 12-17; Vangelo di Giovanni, cap.6, 60-69.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

È tutto per stasera. Noi ci congediamo qui, lasciandovi a un passo del trattato “Sull’Incarnazione del Verbo” di Atanasio, che vi offriamo come nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il Verbo di Dio ha compassione della nostra razza, prende a pietà la nostra debolezza, si china sulla nostra rovina e non può sopportare che la morte domini su di noi. Perché non vada perduta la sua creatura e non diventi vana l’opera compiuta dal Padre suo nei riguardi degli uomini, si assume un corpo e un corpo non diverso, ma simile al nostro. E poiché noi tutti siamo soggetti alla corruzione della morte, Cristo abbandona il suo corpo alla morte al posto di noi tutti, e nel suo amore per l’umanità, lo offre al Padre. Così, poiché tutti muoiono in Lui, la legge che assoggetta gli uomini alla distruzione è abrogata, dato che essa ha esercitato ogni suo potere sul corpo del Signore e non può più essere applicata agli uomini suoi simili. Cristo riconduce dunque all’incorruttibilità gli uomini caduti nella corruzione e li richiama alla vita. Appropriandosi un corpo e facendo loro dono della risurrezione, distrugge in essi la morte come la paglia si dissolve nel fuoco. Prende un corpo mortale, perché, divenuto partecipe della supremazia del Verbo, esso possa esaurire la morte al posto di tutti. Grazie all’inabitazione del Verbo, tale corpo rimarrà incorruttibile e porrà fine alla corruttibilità dando a tutti la resurrezione. Infatti, l’immortale Figlio di Dio, unito a tutti gli uomini per la sua somiglianza con essi, può a buon diritto rivestirli tutti di immortalità con la promessa della risurrezione. (Sant’Atanasio, Sull’Incarnazione del Verbo, 8-9).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 02 Maggio 2009ultima modifica: 2009-05-02T23:18:00+02:00da fraternidade
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